Per prima cosa, sono scomparse le parole
Sul finire dei suoi primi dieci anni, qui compiamo una piccola rivoluzione, abbandonando il nostro formato classico – quello del magazine culturale a cadenza vagamente quotidiana – per presentare ogni mese un solo saggio e un solo racconto. Da queste pagine 24 autori ogni anno proporranno il loro filtro sul reale, manipolando inevitabilmente la personalità di Dude mag: ed è una cosa che ci rende enormemente curiosi.
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Per prima cosa, sono scomparse le parole

  Per prima cosa, sono scomparse le parole. Le hanno rubate, rubate! Per prima cosa, hanno perso il loro senso originario. La parola preghiera è cambiata, è diventata miserabile accattonaggio. La parola speranza è cambiata, è diventata interesse nascosto. La parola razzismo è cambiata, è diventata legittima difesa. La parola abbandono dell’ultimo è cambiata, la […]

Illustrazione di RESLI

 

Per prima cosa, sono scomparse le parole. Le hanno rubate, rubate! Per prima cosa, hanno perso il loro senso originario. La parola preghiera è cambiata, è diventata miserabile accattonaggio. La parola speranza è cambiata, è diventata interesse nascosto. La parola razzismo è cambiata, è diventata legittima difesa. La parola abbandono dell’ultimo è cambiata, la parola accoglienza ora ha un senso negativo, lo sento sul palato, ha un sapore di ferro e furto e tradizioni tradite.

Poi sono passati a prendersi le nostre voci. Sono sparite, le hanno rubate, rubate! Parlano solo loro, sempre, ovunque, da tutti gli altoparlanti. E più parlano, più devono urlare, più urlano, più non riescono a smettere di incazzarsi. Nessuno risponde: sono finite le parole giuste, è finita la voglia di avere opinioni, di pensare, è finita la lotta dialettica, una qualche residuale resistenza. Sono finite le idee, non le ideologie.

Poi sono passati a rubarci le lauree! Non servivano più, la tua? Sparite, rubate! Chi non ha studiato si è fatto una sua idea di uguaglianza, l’ha stracciata in riduzione, appiattimento, banalità. Chi è laureato ci ha sputato addosso, insieme a chi non è laureato. Il lavoro non serve più, il tuo? Sparito, rubato! Il professore è diventato un barone, e chi ha solo studiato ha perso diritto di replica. Sulla vita stessa, tutti ne sanno, tutti possono proiettare in giro immagini inventate, ombre sul muro chiamando ad una nuova conoscenza, che scende dal cielo come pioggia, senza sforzo, dimenticando che nello sforzo sta la conoscenza. Hanno rubato la fatica, si sono illusi di nutrire la mente col sole, gli spot, qualche briciolo stanco di notorietà bagascia.

Poi sono passati a rubarci le nostre emozioni. Sono sparite, le hanno rubate, rubate! Non riesce più a piangere, non riesce! I bambini non sono più bambini se sono di un altro colore, ma ladri, i poveri non sono più poveri, se sono di un’altra religione, ma terroristi. Gli sfruttatori non sono più sfruttatori, se sono di qui, ma costretti a sfruttare masse incontrollabili di diseredati. Perfino i pazzi non sono più pazzi pericolosi, ma nemici di un sistema innominabile che vuole contrapporsi alla ventata di cambiamento.

Poi sono passati a rubarci la faccia. La mia è sparita, sparita, la tua? L’hanno rubata, rubata! Non possiamo più meravigliarci, sorridere, accogliere. Non vedi? No! Hanno rubato l’empatia dello sguardo e l’abbraccio generico presente in ogni sorriso. Senza facce siamo andati a lavoro, senza facce ci siamo salutati, senza facce abbiamo baciato i nostri figli, senza facce gli abbiamo spiegato che un giorno il cibo aveva il sapore, e gli occhi avevano una forma da fiaba.

Poi sono passati a rubarci l’uomo. Il mio è sparito, il tuo? L’hanno rubato, rubato! Lo hanno incatenato davanti alla televisione e spiegazzato dentro un social network, non c’entrava, lo hanno spaccato per infilarcelo a forza. Gli hanno tolto l’anima, e lo hanno accomunato alla bestia. Bestia che mangia altra bestia, bestia da scacciare, bestia da accudire urlandogli sempre più addosso.

Poi sono passati, e non avevano più niente da rubarci. Ma hanno fatto finta che tutti volessero rubarci qualcosa, hanno fatto finta che il nostro nulla, che le nostre facce rattizzate, i nostri corpi chiusi, tutto questo vogliono rubarvelo, tutto questo, ora!

Poi sono passati, e non avevamo più niente da farci rubare. Ma ci abbiamo creduto lo stesso, perché non avevamo più niente in cui credere. Ci hanno strappato coi denti la speranza, ci hanno fatto lavorare gratis, ci hanno convinto che meritavamo tutto e non ci davano niente, ci hanno fatto amare gratis, ci hanno convinto che nulla dura per sempre, neppure l’amore. E ci abbiamo creduto lo stesso. Non avevamo più niente da farci rubare, ma ci abbiamo creduto lo stesso.

Luca Capriotti
Spesso pensa ai dinosauri e agli alberi, nel tempo libero scrive su Fox Sports e Calciomercato.com, e va in diretta tv. Poi torna ai dinosauri, prima che può.
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