La cosa funziona così: la sera inizia a snodarsi una lunga coda che fiancheggia il red carpet quando aprono al pubblico pagante la sala Grande. Gli accreditati della stampa si posizionano invece all’ingresso laterale del palazzo del cinema, aspettando pazientemente che tutto il pubblico imbellettato per l’occasione prenda posizione. Alle volte la sala è talmente stracolma che non vi è la possibilità di entrare per nessuno dei giornalisti. Grazie al cielo non capita stasera con la presentazione di Sal il primo lungometraggio diretto da James Franco.
Le grida delle ragazzine posizionate davanti all’ingresso principale del palazzo del cinema sono un chiaro segnale dell’arrivo del cast al completo. Iniziano a farci entrare e dentro all’atrio principale chiedo ad un tizio della security se è possibile andare al piano superiore perché mi aspettano alcuni amici. Mi dice che devo salire da quelle scale, intanto le hostess cominciano a chiudere le tende; ero l’ultima della coda e so di essere in gran ritardo. Corro affannosamente su per le scale con i miei piedi martoriati da otto ore di tacchi a spillo. Al piano superiore, in un’anticamera del palchetto vedo del movimento vicino alla porta aperta sulla sala, non capisco bene, d’un tratto il fascio di luce degli spot mi acceca, un armadio mi guarda e mi dice «vada pure avanti» e mentre cerco di realizzare cosa stia accadendo sento una presenza incombente alla mia sinistra: lo sguardo interrogativo di James Franco.
Eccola, al solito, come una novella Clouseau riesco sempre, combinando pasticci, a ritrovarmi in situazioni fortunate.
Al tizio spiego con l’impeto del momento che io non c’entro nulla con loro e così senza ricevere alcuna risposta vado a sedermi di lato in un divanetto aspettando che entri il cast. Simulo, faccio finta di chattare con il blackberry nella realtà mi piscio sotto dalle risate.
Il film, nella durata di 105 minuti viene condensato l’ultimo giorno di vita di Sal Mineo, attore e pupillo di James Dean morto accoltellato a soli 38 anni. “Fino all’ultimo Sal si batté per la libertà d’espressione, sforzandosi di trovare il modo per creare opere innovative e interessanti. I giornali scandalistici riportarono la sua uccisione lasciando intendere, senza alcuna prova, che si fosse trattato di una faccenda di droga, o che l’assassino fosse un amante. Da allora il ricordo di Sal è stato macchiato da queste congetture in malafede. Questo film è il ritratto di un artista «gentile e sensibile», così Franco spiega il motivo per cui ha voluto rendergli giustizia con questa opera prima.
Guardando il film non posso fare a meno di paragonarlo a Last Days di Gus Van Sant. Sfortunatamente non gode della stessa potenza. Non sa coinvolgere né sconvolgere. Complice anche l’ora tarda non pochi di noi si trovano a combattere con le palpebre pesanti, altri totalmente arresi sbuffano russate a mo’ di geiser.
Le stesse russate le avevo avvertite durante la proiezione serale precedente, quella di Alpis di Yorgos Lanthimos, ma in questo caso credo di poter dare la colpa alle poltrone estremamente comode della sala Grande.
Una storia affascinante, fatta di intrecci caleidoscopici tra realtà e finzione, dove diviene esercizio enigmistico interpretare il rapporto tra i personaggi della storia. Un meccanismo narrativo perfetto che diventa il vero protagonista del lungometraggio: i personaggi sono ridotti a semplici ingranaggi. Tutti cercano un posto sulla scacchiera della vita e si percepisce chiaramente quanto alle volte la sensazione di mancanza che si prova verso una persona che non c’è sia motivata da ciò che egli o ella dava, da quale posizione su questa immaginaria scacchiera degli affetti e della vita ricopriva. Un’opera che ci mette difronte ad egoismi socialmente accettati e all’ansia di essere qualcuno per gli altri. Consigliata la visione ad un pubblico dotato di sense of humor.
Alle 3 della mattina preparo la borsa per il mio ritorno a casa, a malincuore devo abbandonare il mondo scintillante del festival e la casa di Ana. Mi prometto di tornare per la prossima edizione e di rimanere per tutta la durata. Sento già la mancanza dei miei nuovi amici e di tutte le storie che registi e persone in carne ed ossa hanno voluto raccontarmi. Il cinema va avanti nonostante la mia assenza, nonostante tutto, e in fin dei conti questo pensiero mi rincuora.