L’identità e la collana – una riflessione sui Supercoralli Einaudi
Sul finire dei suoi primi dieci anni, qui compiamo una piccola rivoluzione, abbandonando il nostro formato classico – quello del magazine culturale a cadenza vagamente quotidiana – per presentare ogni mese un solo saggio e un solo racconto. Da queste pagine 24 autori ogni anno proporranno il loro filtro sul reale, manipolando inevitabilmente la personalità di Dude mag: ed è una cosa che ci rende enormemente curiosi.
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L’identità e la collana – una riflessione sui Supercoralli Einaudi

Il mercato è saturo e tirare avanti con i libri è difficile. Eppure…

Il mercato è saturo (mantra ripetuto da tanti anni, alcune volte solo perché comodo non richiedendo spiegazioni sul perché questo accade) e tirare avanti con i libri è difficile. Eppure, chi i libri li vive, quando entra in libreria viene attratto con lo sguardo da alcune case editrici che, sempre riconoscibili nella loro identità, sono per lui simbolo di qualcosa di invitante o da evitare. A me succede per esempio con Adelphi e praticamente con tutte le loro collane anche se certe volte mi ritrovo ad aver comprato più un complemento colorato per la libreria che un libro bello (la loro capacità unica consiste nei risvolti di copertina che ti dicono quanto quel libro sia bello e quanto sia giusto per te; per questo la recente Adelphiana, che ne raccoglie tantissime, è un dolce oggetto da coccolare).

Ci sono collane più o meno giovani e più o meno riconoscibili ma se c’è una casa editrice che ancora esprime attraverso le collane la sua politica (estetica e letteraria), quella è Einaudi. Eppure, vedendo sullo scaffale una ricercata elaborazione floreale su cui campeggia un viso, tutto tendente al verde pisello, non avevo subito notato la sua casa di appartenenza, Einaudi e, per di più, Supercoralli. Incuriosito prendo questo oggetto misterioso tra le mani e scompongo il libro, togliendo la sovracoperta. Si tratta di Annientamento di Jeff VanderMeer, campione di vendite USA.

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La sovracoperta non è bianca di cartone come è classico dell’editoria einaudiana, ma trasparente con autore e nome sulla parte alta della copertina e “Einaudi”, in classico stampatello, non in basso ma in alto, tutto in bianco; risvolti e quarta di copertina in nero, su cui campeggia «“Inquietante e affascinante” Stephen King». Si tratta del primo volume della Southern Reach trilogy, mandato in stampa da Einaudi a marzo e a cui seguiranno i due volumi successivi. Si tratta di una trilogia che l’americano VanderMeer ha scritto e pubblicato nel 2014 (con un sistema di pubblicazione trimestrale che il New York Times ha definito come “compulsivo” e ha paragonato alla fruizione delle serie televisive), interessante opera in cui l’avventura fantastica è declinata in una chiave molto interessante dal punto di vista estetico, sospesa tra fiction e non-fiction (su Atlantic potete leggere un lunghissimo articolo in VanderMeer spiega come è scrivere tre libri in un anno).

Ma quello che qua più ci interessa è questa mutazione che i Supercoralli aggiungono e assorbono nel loro catalogo: la copertina ha solo l’illustrazione che sborda sul dorso e sulla quarta, i riferimenti ad autore, nome e editore sono solo sul dorso della sovracoperta, qua in una plastica trasparente assai catchy. Se avete in mente qualsiasi libro edito nella collana Supercoralli, noterete all’istante la differenza abissale.

La collana dei Supercoralli è storia dell’editoria: nata nel 1948 pubblicando come primo volume il romanzo forse più bello di Elsa Morante, Menzogna e sortilegio. Figlia dei Coralli, che pubblicava giovani autori italiani e stranieri tra cui Natalia Ginzburg e Marguerite Duras, i Supercoralli supplivano alla necessità di una collana che accogliesse, in volumi più grandi, romanzi, racconti e teatro, destinati a divenire classici (con una lungimiranza davvero spaventosa, leggete i titoli e le date di pubblicazione). La copertina, su sfondo bianco, il vero bianco Einaudi, accoglieva autore, titolo ed editore (scritto senza logo, che invece campeggia sul dorso) e un’immagine che preannunciasse i significati o i personaggi del libro. L’evoluzione della collana e della casa editrice segue il trascorrere del tempo e delle mode variando caratteristiche al fine di riattualizzare il design, ma sempre mantenendo i suoi tratti distintivi: la sovracoperta bianca, il libro con copertina rigida in simil-tela, il retro con citazioni sul libro da penne eccellenti (come in questo caso con Stephen King) e i risvolti ricchi di informazioni che fungono da introduzione vera e propria alla lettura. Il bianco con immagine in definitiva è quello che sempre ha contraddistinto l’estetica di questa collana che, con gli anni, ha (quasi) sempre mantenuto alto il livello dei suoi prodotti. Si tratta di una vera e propria identificazione immediata, un collegamento che lega l’estetica alla qualità; anche da lontano è subito individuabile nella sua classe (alcuni bellissimi – nelle illustrazioni e nel contenuto – titoli recenti sono: Cartongesso di Francesco Maino, Cattivi di Maurizio Torchio, L’erba delle notti di Patrick Modiano, Racconti di cinema a cura di Emiliano Morreale e Mariapaola Pierini e Il pappagallo di Flaubert di Julian Barnes).

Chiaramente non è sempre stato così: scorrendo il catalogo si vedono alcuni libri che hanno modificato il classico artwork e, per alcuni in particolare, si tratta di modifiche importanti e invasive, ma comunque giustificate dal testo che ospitavano. Tra questi ce ne sono almeno un paio che meritano di essere menzionati. Il primo di tutti per bellezza estetica e di contenuto è Everyman di Philip Roth, uscito nel 2007. Supercorallo in negativo: sovracoperta completamente nera e caratteri, tutti maiuscoli, in bianco: vero e proprio oggetto capolavoro. E qui, effettivamente, non si può che rallegrarsi per la scelta editoriale: Everyman infatti narra della morte nelle diverse forme, nei diversi sentimenti che questa inevitabilità provoca, una novella bellissima e nera, così come la sua copertina. Altrettanto bella quella di Solar di Ian McEwan del 2011: un sole catturato nel pieno della sua luce, contrasta con il nero del resto della sovracoperta. La vera trovata bellissima sono il nome e l’autore inscritti nel sole, di nero. Anche qua, in piena emergenza energetica, il protagonista è perfettamente immerso in un clima di rara cattiveria, esemplificata ancora dal nero dominante di copertina. Merita quantomeno una menzione anche Sonno, racconto di Murakami illustrato da Kat Menshick, molto bello da vedere, ma dal punto di vista del contenuto manteniamo alcune riserve (riserve che invece cadono per le opere citate prima).

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Storia a parte quella riguardante Il giovane Holden: la storia del libro in Italia è strettamente legata a quella della casa editrice torinese che, dopo la prima traduzione di Jacopo Darca per Casini nel 1952, dal titolo Vita da uomo, lo stampa per la prima volta con il titolo che conosciamo nel 1961 con traduzione storica di Adriana Motti e lo ripubblica molte volte. La copertina, occupata inizialmente da un disegno di un bambino blu che lecca un gelato colorato, quasi a sottolineare l’impatto forte del testo, si è via via semplificata, come era nei desideri di Salinger, fino ad arrivare al bianco totale con caratteri neri che brillerà nelle vostre librerie per pulizia e minimalismo.

Ha senso oggi chiedersi cosa si nasconde dietro queste scelte? Oppure, quello che oggi può essere ritenuto di cattivo gusto (come nel mio personale caso verso Annientamento), resterà così o le oscillazioni del gusto mi daranno torto? Il fatto vero è che qui non si parla solo di estetica ma anche di affezione e sicurezza di qualità che un marchio dà nel suo essere immediatamente riconoscibile. I Supercoralli hanno raccolto negli anni molte delle cose migliori che la letteratura abbia prodotto; se escludiamo gli ultimi anni orfani di un “canone occidentale” e probabilmente ancora da digerire, e andiamo a vedere le uscite dal dopoguerra ad oggi, resteremo di stucco nel vedere quanto una collana possa raccogliere il meglio: a partire da Elsa Morante, passando per Fenoglio, De Beauvoir, Cassola, Bassani, Brecht, Calvino, Yeats, Musil e moltissimi altri. Gli anni sono cambiati e la “cultura del karaoke” obbliga chiunque a rimettersi in gioco, sperimentando, tentando soluzioni nuove più o meno rischiose. L’editoria non è esclusa da questo gioco al massacro ma, se oggi è molto più difficile riuscire ad individuare un “classico di rottura”, tanto più difficile sarà per un editore farlo risaltare con una veste grafica nuova. Siamo dentro a questo cambio epocale che non fa riconoscere le sue coordinate e costringe tutti a brancolare nel buio, tra mode che vanno e niente che resta. Poche variazioni hanno significato capolavoro, sono state più utili per sottolineare uno dei sensi del libro (esemplare il caso di Roth, anche esteticamente perfettamente riuscito). Nello stesso tempo però, in anni di dominio visivo, la riconoscibilità funge da sicuro fattore di favore. Una cosa però sentiamo di dirla: Annientamento non è il primo libro di fantascienza che esce per i Supercoralli e probabilmente non sarà neanche l’ultimo; già aveva fatto la sua comparsa, nel 1991, Il quarto libro della fantascienza, un volume curato dai grandi Fruttero e Lucentini, ricco di meravigliosi racconti di genere; e indovinate un po’? Allora la grafica rimase la stessa.

 

Immagini tratte da FN.eu

Matteo Moca
Nato nel 1990, vive a Pistoia e studia a Bologna. Studioso di Letterature comparate, fondatore di una rivista cartacea mensile di musica, cinema e letteratura dal nome Feedback Magazine, morta postuma 2013. Collabora a diverse redazioni online (tra cui 404filenotfound, Sonofmarketing, Tellusfolio). Lacanian and Proust addicted.
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