Se passate per la Gagosian Gallery di Roma, non stupitevi quando vi imbatterete in un lunghissimo tronco d’albero. La candida sala ellittica della galleria accoglie infatti Spazio di luce, una monumentale scultura dell’artista Giuseppe Penone.
Sembra strano a dirsi, eppure l’italianissimo Penone (nato nel 1947 a Garessio, in provincia di Cuneo) ha ancora bisogno di qualche presentazione, almeno nel nostro Paese.
Quando tra il 1967 e il 1968 il gruppo di artisti riuniti da Germano Celant sotto l’etichetta Arte Povera (poi diventata scomoda, e poi ritornata di moda negli anni Ottanta) aveva ormai raggiunto il suo apice, ecco che il giovanissimo Penone entra in punta di piedi nella cerchia di questi artisti sperimentatori.
Penone però si distingue dal resto del gruppo per un linguaggio più propriamente postmoderno e per una cifra stilistica che non incontra troppe difficoltà nell’essere riconosciuta. Questo timido ragazzo della provincia piemontese avvia un complesso ragionamento sulla scultura, che lo porta a sperimentare con un medium assolutamente originale, eppure tanto ancestrale come l’impronta.
Nel linguaggio semiotico l’impronta è considerata un segno indicale, ossia un segno che deriva fisicamente dall’oggetto che rappresenta. Per intenderci, le orme dei piedi sulla sabbia, o il calco di un oggetto sono segni di natura indicale.
Questo processo che accompagna Penone sin dalle sue prime ricerche, viene riproposto anche in Spazio di luce. Lo stesso artista dichiara di aver «rivestito il tronco e i rami con uno strato di cera, come fosse un anno di crescita dell’albero. La cera a contatto del tronco, ha registrato l’impronta della scorza e l’impronta della pelle delle mani che l’hanno applicata».
Il concetto di contatto e l’alternanza di contrasti tornano di nuovo a parlarci della natura carnale della scultura, che qui si manifesta attraverso la materialità del bronzo e la luminosità dell’oro.
Giuseppe Penone, Spazio di luce (dettaglio), Gagosian Gallery, Roma
Penone suddivide l’albero in otto sezioni di circa 170 cm l’una, che fonde in bronzo e ricopre d’oro nella superficie interna, la quale riporta pedissequamente il negativo della corteccia dell’albero; sulla superficie esterna sono invece visibili le impronte delle mani.
Il pieno e il vuoto, il toccante e il toccato, l’opacità e il riflesso sono le corde che fanno vibrare questa scultura di Penone. Lo spazio di luce che dà il nome all’opera, è quello che percorre l’anima del tronco fuso, è il negativo che si sostituisce alla corteccia e che attraverso la luminosità dell’oro ne esalta l’assenza da un lato e ne materializza la diafana presenza dall’altro.
Chi conosce Penone potrà di nuovo godere dell’elegante intreccio tra forma e sostanza, tra tecnica e natura, tra monumentalità ed intima sensualità. Chi invece si approccia per la prima volta all’opera di questo artista, rimarrà forse interdetto nel confrontarsi con un’opera tanto complessa.
E gli spazi asettici della Gagosian non aiutano certo ad immergersi in questo vitalistico universo fatto di materia palpitante.
Giuseppe Penone, Spazio di luce, Gagosian Gallery, Roma
Pensare che proprio Spazio di luce è stata esposta insieme ad altre ventuno opere nei magnifici giardini della reggia di Versailles nell’estate 2013, in occasione della personale dell’artista: allora sì che si poteva parlare di riflessi e scintillii.
Giuseppe Penone, Spazio di luce, Reggia di Versailles (foto Tadzio)
Installate in uno spazio aperto le sculture di Penone subiscono una sorta di metamorfosi per cui si integrano perfettamente nell’ambiente, trovando da un lato il giusto punto di mimesis, e dall’altro la loro più completa manifestazione di esuberanza.
Ma non si deve necessariamente recuperare il catalogo della mostra francese per istituire un confronto tra la vitalità di quelle forme immerse nella Storia e l’atmosfera impersonale della galleria romana. Un viaggio a Torino, una giornata nel Giardino delle Sculture Fluide della Venaria Reale, basterà per rendersi conto di quanto le opere di Penone godano del contatto con la vita.
Giuseppe Penone, Giardino delle Sculture Fluide (dettaglio su Pelle di marmo e Anatomia), La Venaria Reale, Torino
È vero, entrando nella sala ellittica della Gagosian si rimane comunque sbalorditi dalla monumentalità dell’impronta di questo tronco, ma l’opera d’arte contemporanea per la propria intima natura, per il processo da cui prende vita, non si presta ciecamente ad essere rinchiusa in uno spazio bianco.
Un’opera d’arte, un oggetto degno di essere definito tale, brilla di luce propria. Ma il compito del curatore, dell’artista stesso e dell’istituzione che ospita l’opera, è innanzitutto quello di collaborare affinché questa luce non brilli così forte fino ad accecare, ma illumini diffusamente per aiutare a comprendere l’intimo significato del messaggio artistico.
Così andate a visitare Spazio di luce alla Gagosian, ma andate anche negli assolati giardini della Venaria, dove in un percorso sinestetico vi imbatterete nelle meravigliose sculture di Penone.
O se volete rimanere a Roma, entrate nella “magica” sala che il MAXXI ha dedicato all’artista, e respirate l’odore della resina e della pelle emesso da questa installazione ambientale.
Giuseppe Penone, Sculture di linfa (dettaglio), MAXXI, Roma
La natura di un’opera d’arte deve essere rispettata, e in questo rispetto è incluso anche lo spazio che accoglie l’opera. Le sculture di Penone, pur nella loro eleganza, sembrano generare confusione, entropia; ma un’entropia viva, positiva. Un moto a volte contraddittorio che però rende vivi, e che proprio in virtù di questo non merita di essere (de)limitato da uno spazio asettico.
L’era del white cube dovrà pur terminare, e l’opera d’arte tornerà ad essere centrale.
Giuseppe Penone. Spazio di luce
2 maggio – 6 giugno 2015
martedì – sabato 10.30 – 19
Gagosian Gallery – Via Francesco Crispi, 16 00187 Roma
Salvo dove non diversamente indicato: foto di Giulia Pergola.
Copertina di Olga Faus.