Non molto tempo fa sono tornato nel quartiere in cui vivevo da bambino. Il riaffiorare dei ricordi ingenui dell’infanzia in osmosi con l’atmosfera autunnale, è passato in secondo piano quando, durante l’escursione, ho notato l’assenza della bottega di fiducia dove mia nonna faceva la spesa. Si trattava di un piccolo esercizio a conduzione famigliare, posto su una via qualunque, con un’insegna qualunque. Seppur grande non più di 8 metri quadri, lì si trovava di tutto: dal pane fresco ai formaggi, fino alle batterie stilo o i fumetti. Molti di voi ne conosceranno qualche raro esemplare non ancora soppiantato dalla grande distribuzione organizzata (GDO) dei supermercati: un concetto che nasce in un preciso momento e in un preciso luogo e che ha una vita relativamente breve in rapporto alla velocità con cui è entrato nelle abitudini quotidiane dell’uomo contemporaneo.
E allora ecco una piccola storia del supermercato, termine con il quale si classifica in maniera molto generica un’area dedicata alla vendita al dettaglio che supera i 400 metri quadri di ampiezza.
Le origini
È quasi superfluo specificare il luogo di origine: gli Stati Uniti.
Attenzione, non bisogna far confusione con un concetto molto simile: i grandi magazzini come Le bon Marché a Parigi (considerato il primo grande magazzino al mondo), Macy’s a New York o Harrods a Londra (qui è dove è stata montata la prima scala mobile della storia). Tutti nati quasi simultaneamente a metà Ottocento e che oggi sono più assimilabili ai centri commerciali, anche se l’accostamento non è del tutto corretto.
Il supermercato specializzato nella vendita di prodotti alimentari invece è una questione tutta novecentesca (il grande miscuglio con la vendita di prodotti hi-tech o di abbigliamento è una deformazione del nuovo millennio, per questo oggi è complicato distinguere un grande magazzino dal centro commerciale o dal supermercato, che nel frattempo è diventato anche ipermercato).
Si diceva Stati Uniti. Mentre in Europa imperversa la Grande Guerra, nel 1916 a Memphis nel Tennessee apre il primo Piggly Wiggly – un luogo divenuto poi leggendario in America, oggi ne esiste una riproduzione fedele all’interno del Memphis Pink Palace Museum and Planetarium. Si trattava sostanzialmente di una catena di piccole drogherie come tutte le altre, se non fosse per l’introduzione del self-service: i clienti si servono da soli per poi pagare comodamente alla cassa. Praticamente una piccola rivoluzione: gli affari vanno davvero bene (addirittura 2660 negozi aperti in tutti gli States) ma solo per pochi anni, quando le attività saranno cedute ad altre compagnie nel 1920.
Passa un decennio, siamo nel pieno della Grande Depressione, quando un ex commesso di nome Michael Cullen, ispirato dal successo dei Piggly Wiggly, affitta un garage nel Queens a New York: nasce il King Kullen Grocery Company sulla Jamaica Avenue, un luogo innovativo con i prodotti prezzati e sistemati su scaffali divisi per reparto. In poco tempo sarà dotato di aria condizionata e di impiegati con le divise, di contenitori refrigeranti e di un packaging di riconoscimento. È il primo supermercato al mondo.
Il successo sarà planetario, così come esorbitanti saranno le cifre fatturate da Cullen, che morirà nel 1936 lasciando tutto in eredità alla sua famiglia, che ancora oggi gestisce le numerosissima catena di attività.
In Italia
Tutte le tendenze e le abitudini che si sono sviluppate in Italia nella seconda metà del Novecento provengono dagli Stati Uniti, e il supermercato non fa eccezione.
Prima delle guerre mondiali, del Piano Marshall e del Boom economico, in Italia non esisteva il concetto di spesa e di consumo così come lo conosciamo oggi, ovviamente. Per chi viveva nelle poche città industriali c’erano i mercati e il droghiere di zona, considerato alla stregua di un ricettatore in grado di fornire qualunque tipo di prodotto nel giro di qualche giorno, e questo gli permetteva di instaurare con il cliente un rapporto di confidenza e fedeltà.
Il nostro paese è sempre stato luogo di istituzioni, convegni e incontri internazionali legati all’agricoltura (la sede della FAO a Roma è solo la punta dell’iceberg). E non è un caso che proprio a Roma, nel quartiere Eur, fu allestita nel 1956 un’enorme fiera internazionale voluta dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, dedicata alla distribuzione alimentare. È qui che un gruppo di imprenditori acquisterà le attrezzature per allestire i primi “negozi americani”, come venivano definiti all’epoca.
Non bisogna aspettare molto per assistere all’inaugurazione del primo supermercato in Italia, ma bisogna spostarsi a Milano nel 1957, in via Regina Giovanna. Il nome non è quanto di più originale possa partorire una mente umana: Supermarket. Sarà merito del designer svizzero Max Huber che si occupò della grafica dell’insegna con la caratteristica S che si allunga su tutta la scritta, se oggi conosciamo la Esselunga.
Il supermercato oggi
Da lì in poi si sono moltiplicate le cooperative e i marchi della GDO su tutta la penisola, qui un breve elenco delle principali società (in ordine alfabetico):
Auchan – attivo dal 1989, conta circa 60 ipermercati in tutta Italia;
Conad – Consorzio Nazionale Dettaglianti, nato a Bologna nel 1962;
Coop – La Cooperativa di Consumatori è il più grande distributore italiano, conta circa 1.500 punti vendita;
Esselunga – come già detto è la prima catena di supermercati in Italia e oggi conta 140 punti vendita;
Il gigante – attiva dal 1972 soprattutto nel Nord Italia, conta 46 punti vendita;
Gruppo Pam – acronimo di “Più a meno”, è una società che raggruppa diversi marchi e ha aperto il primo negozio nel 1958;
Sisa – gruppo nato nel 1975, poco più di 2.000 filiali;
Se siete arrivati a leggere fino a qui, vuol dire che siete dei feticisti del supermercato e perciò è inutile specificare che le sopracitate società fanno capo a diversi marchi e insegne distribuite in diversi tipi di punti vendita e filiali. Per non farci mancare proprio nulla, ecco una breve classificazione delle filiali in base all’ampiezza:
Ipermercato: area superiore ai 2500 m²;
Superstore: area compresa tra i 1.500 e i 3.500 m²;
Supermercato: area compresa tra i 400 e i 2.500 m²;
Supermercato di prossimità: area compresa tra i 500 e gli 800 m²;
Superette: area compresa tra i 200 e i 400 m²;
Si parla poi di Discount per le filiali in cui non è prevista la presenza di prodotti di marca e di Cash and carry per strutture specializzate nella vendita all’ingrosso.
Il ruolo nell’arte e nella cultura
Chi scrive si rende perfettamente conto di essere su una brutta china e che la situazione gli sta sfuggendo di mano. Si tratta di un mondo infinito, su cui ci sarebbe molto altro da dire.
Per esempio sul ruolo fondamentale dei supermercati nell’evoluzione del concetto di marketing e di pubblicità, fino ad arrivare ai più moderni servizi di vendita online. Oppure sul dibattito legato allo stereotipo della “donna che fa la spesa”, sugli studi economici e sociologici attorno al fenomeno del consumismo, o sugli spunti forniti dal concetto di nonluogo coniato da Marc Augé. Infine le implicazioni artistiche e culturali trasversali ispirate dal supermercato: a partire dai celebri lavori della pop art di Andy Warhol fino ad arrivare ai più disparati studi fotografici sulle simmetrie e sui colori. E si potrebbe continuare ancora a lungo con innumerevoli esempi in letteratura e nel cinema. Tutte tematiche che è impossibile approfondire in questa sede, per mia e vostra fortuna, aggiungerei.
Quante volte abbiamo sentito dire “passiamo un terzo della nostra vita a dormire”, ecco, chissà quanto tempo passiamo in un supermercato e non ce ne rendiamo conto. Una delle tante espressioni del trionfo del capitalismo e della borghesia, direbbe Marx; uno dei luoghi del bio-potere e della società disciplinata direbbe Foucault; colonna portante del sistema della società dei consumi direbbe Pasolini: forse proprio questo esprime al meglio la portata e l’importanza della storia del supermercato, che al contrario – in soli ottant’anni di esistenza – è considerato oggi una tappa fin troppo scontata della vita quotidiana e un argomento banale per l’immaginario collettivo.
Alcune immagini sono tratte dal progetto Retail di Brian Ulrich.