Qualche tempo fa, ho fatto un’indagine tra vari scrittori per chiedere che rapporto avessero col loro materiale inedito (scritti privati e non), oramai – nella maggior parte dei casi – non più cartaceo.
Tra gli intervistati, Emanuela Carbé, mi ha parlato di un progetto che sta portando avanti con l’università. Si chiama “Pavia Archivi Digitali” ed è un piano a lungo termine nato con l’intento di conservare le memorie digitali di scrittori e intellettuali del nostro tempo. File con bozze, stesure di romanzi, saggi a vari stadi, prove di copertina, materiali preparatori, foto, immagini. Si stanno valutando anche metodi di archiviazione delle mail e del materiale pubblicato sui social network. Venire a conoscenza di questa cosa mi ha in parte angosciato e in parte confortato. Mi è sembrata una sfida contro l’entropia e la dispersione, ma al tempo spesso un’inquietante forma di controllo artificiale.
In un romanzo molto bello di una giovane autrice francese, Jakuta Alikavazovic, La bionda e il bunker, uscito per 66thand2nd, ricordo una frase che ha continuato a tormentarmi per svariati giorni: «Il tempo distrugge tutto, con un’inventiva e un’abbondanza di mezzi tali da tenere in scacco la mente più creativa». Ho immaginato tutte queste menti creative all’opera, per escogitare piani complicatissimi, affinché il frutto di tanto sforzo resistesse agli assalti devastanti del tempo e dell’oblio.
Io sono una persona che conserva tutto. Nella maniera più caotica possibile. Ovvero in un modo per cui so che sarà impossibile un giorno raccapezzarmi tra tutto ciò che ho conservato. Però mi spaventa comunque pensare che le piccole tracce della mia vita svaniscano. Posso accettare di perderle a causa della mia indole disordinata, ma l’affetto che c’è dietro il tentativo di salvaguardia mi sembra di per sé una garanzia, al di là dei risultati. Sto parlando di cose reali e virtuali. Dagli abbozzi di una lettera, al braccialetto di un concerto, agli sms inviati, a una canzone ricevuta in regalo.
Da qualche mese esiste una stazione radio, chiamata The Lake, online 24/7, con una programmazione completamente random, che è nata da una considerazione simile. La band danese degli Efterklang, durante il suo tour del 2013 mette su una playlist da suonare in apertura ai concerti. Si tratta di pezzi ambient di vario tipo, prove, cose registrate in tour, esperimenti, scoperte estemporanee. Alla fine del tour si ritrovano con un archivio di quasi mille pezzi. Così qualcuno ha l’idea di partire da lì per creare una radio. “The Lake”, proprio come un lago, è un contenitore dove si possono buttare cose o pescarle.
Parlando con Casper Clausen degli Efterklang (ora alle prese con due nuove formazioni Liima e The Group) mi dice: «avevamo tutto questo materiale, roba che non sarebbe mai stata messa in un album, o trasmessa via radio – che non nasceva proprio con quell’intento – ma che aveva comunque una sua forza sperimentale, e abbiamo pensato di condividerla».
A quello si sono aggiunte nel tempo fisse momentanee, performance rare di altri artisti, pezzi misconosciuti, concerti, interviste, ma anche video didattici sul funzionamento dell’udito…
«Non so se sia cambiato io rispetto a quando ero un ragazzino, e siano cambiati miei interessi e la mia curiosità» commenta Casper, «ma mi sembra che oggi venga prodotta una quantità spropositata di suoni. Parlo di materiale anche grezzo, improvvisato. Suoni, appunto. Sono affascinato da questa produzione casuale, e stiamo cercando di canalizzarla in The Lake».
La modalità random è un modo per non esercitare il controllo. Per essere sorpresi. Un’idea di estemporaneità contro quella di curatela. Nessuno – nemmeno chi programma la radio – sa che cosa andrà in onda come pezzo successivo.
Dal 19 al 30 marzo “The Lake” organizza un piccolo festival per la Jazzhouse di Copenaghen, con una line-up niente male per chi di voi può andarci.
Per info e biglietti clicca qui.
Qui due bonus track consigliate da Kasper Vang, artista e musicista, tra i fondatori di “The Lake”.
Manuel Göttsching – E2- E4
Capolavoro del chitarrista tedesco della formazione krautock Ash Ra Tempel. Una lenta evoluzione basata su due soli accordi. Uscito nel 1984, può essere considerato il predecessore della techno e l’elettronica minimale.
Sven-Åke Johansson / August Rosenbaum / Lars Greve
Sven-Åke Johansson, percussionista svedese d’avanguardia, si unisce qui a due tra i migliori musicisti danesi dediti all’improvvisazione. Questa registrazione è stata fatta a Berlino nel 2012, quando i tre stavano registrando insieme l’album All romantic.