L’universo di Sandro Piccinini
Sul finire dei suoi primi dieci anni, qui compiamo una piccola rivoluzione, abbandonando il nostro formato classico – quello del magazine culturale a cadenza vagamente quotidiana – per presentare ogni mese un solo saggio e un solo racconto. Da queste pagine 24 autori ogni anno proporranno il loro filtro sul reale, manipolando inevitabilmente la personalità di Dude mag: ed è una cosa che ci rende enormemente curiosi.
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L’universo di Sandro Piccinini

Dalla genesi del bombone alla garanzia dell’accentrarsi improvvisamente. Studio interdisciplinare (semiserio) di Alessandro Piccinini.

«Ha il suo punto debole nell’uso onnivoro del termine sciabolata per evidenziare un lancio lungo, meglio se trasversale. La sciabolata, talvolta morbida, esce dalla bocca di Piccinini con una media di 30 volte a tempo» (Giancarlo Laurenzi, giornalista).

«Non posso dire: “La palla ha assunto una traiettoria molto alta e dopo aver superato l’estremo difensore si perde inutilmente sul fondo”. “Non va”. Mi sembra più incisivo. Il mio maestro è stato Enrico Ameri, ho applicato la sua tecnica alla tv» (Alessandro Piccinini a Germano Bovolenta, giornalista).


È da simili citazioni, specie la seconda, che si possono comprendere con maggiore chiarezza carriera e personalità di Alessandro Piccinini, per tutti Sandro. Classe ‘58, figlio di un calciatore di successo, lascia a 17 anni le giovanili della Lazio a seguito di una deriva coscienziosa rara per quell’età: crede di non essere portato per la carriera del giocatore di pallone; così studia giornalismo, prima a Torino, poi a Urbino.  Comincia a collaborare con la rete romana Tvr Voxson, poi con TeleRoma 56 e contemporaneamente per la SACIS (RAI), curando le radiocronache della trionfale Spagna ’82.

Gradualmente, Sandro comincia a caratterizzare i suoi resoconti, a definire il suo stile, anche nei tormentoni. È probabilmente per questo che la Fininvest, dopo aver visionato una cassetta del giornalista, lo assume immediatamente. Da lì in poi la storia è più nota: Rete 4, Italia 1, Guida al campionato, le notti di Champions e la vera e propria costruzione di un lessico personale che, di fatto, ne ha costituito gran parte della fortuna, in un rassicurante riprodursi di suoni, esclamazioni e modi di dire che l’hanno reso celebre a una larga fetta d’uditorio. Un uditorio probabilmente concorde nel pensare che il racconto di un lancio di 30 metri che si spegne sul fondo può tranquillamente sintetizzarsi in un didascalico «Non va»; che un «Eccezionale» chiarisca meglio di qualunque altra spiegazione di natura tecnica una prodezza balistica o il controllo elegante del pallone; che un «si accentra improvvisamente» possa contribuire a generare entusiasmo anche se stai raccontando Acireale-Fidelis Andria, e il centrocampista c’ha messo sette minuti netti per accentrarsi davvero.

Uno dei primi veri cronisti a sfondare il muro della formalità, Piccinini – quasi al pari di un moderno Pierluigi Pardo – è stato sì un semplificatore, ma prima di tutto un innovatore, uno dei primi a capire che sveltendo il linguaggio, rendendolo più fluido, talvolta alla stregua di uno slogan, non necessariamente si finiva per involgarirlo. E il pubblico apprezzava, trovava familiarità con quella tipologia di racconto tanto diretta.

Tutto il lessico di Piccinini è accuratamente studiato per generare suspense, creare entusiasmo. Molto spesso, infatti, sono le stesse anticipazioni del giornalista a suggerire una situazione di pericolo, una zona tiro, un mucchio (spesso selvaggio) e una gran botta da fuori, pazienza se poi si spegne sul secondo anello di San Siro.  Tutto è incredibile, eccezionale, disperato, secco, bellissimo; i fischi arrivano a «bordate», gli scoppi sugli spalti derivano da «bomboni», le vittorie di misura abbondano di «arrembaggi finali» prima di concretizzarsi davvero.

Il suo lessico appare a precisa misura dei social, che non se lo lasciano scappare e ce lo raccontano con azzeccata ironia tramite pagine come Il vocabolario di Sandro Piccinini, Sandro Piccinini che commenta cose e la più sardonica Spaccarsi di shottini con Sandro Piccinini, senza contare una vecchia petizione per chiedere una sua telecronaca al celebre videogioco Pes, al fianco di Aldo Serena.

 

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Immagine presa dalla pagina Facebook Il vocabolario di Sandro Piccinini


Ma da dove arriveranno veramente tutte queste espressioni? Come si sono gradualmente costruite nel vocabolario del giornalista romano? Qual è la loro genesi? Qualche ricercatore o saggista se n’è mai occupato? Abbiamo studiato tanto, fatto ricerche estenuanti, spulciato archivi, rovistato in emeroteche e biblioteche nazionali. Talvolta ci siamo svegliati anche prima delle 10 di mattina per farlo, ma i risultati sono stati sorprendenti. Eccone alcuni.

Bombone: Si racconta che, nei lontani anni ’70, un giovanissimo giornalista di nome Alessandro Piccinini registrò sul tabellino di Tor Lupara-Pomezia (Serie D, girone H, 98 spettatori) la nota “Bombone sugli spalti”, al 20’ del primo tempo. Ora, ci sono due teorie. La prima appartiene al senso comune, e vuole che Piccinini – salvo rare eccezioni nei primi anni di carriera – finisca frequentemente in tribuna stampa a seguire partite di cartello, inevitabilmente sentite e quindi con lunga serie di ‘bomboni’ al seguito. La seconda teoria, che si sta facendo strada in ambito accademico, parte proprio da Bisceglie-Crevalcore, con l’obiettivo di teorizzare l’esistenza di un settore della tifoseria appositamente dedicato a Sandro Piccinini. Non tifa, non esulta, ma lo segue costantemente celebrandolo con bomboni. Per approfondimenti si veda anche Cacciari Massimo, Dal Lago Alessandro, Genesi del bombone, Manifesto Libri, Roma, 2014.

Rete incredibile!: A sedici anni conoscevamo un allenatore che chiamavano Fil di Fero, quasi analfabeta, di poche parole (a ripensarci forse le due cose erano collegate). Guidava la squadra con alcuni mantra, del tipo «Zitto e cori», «torna in difesa» e «vatte a fa la doccia». Una sua frase in particolare, però, rimase impressa: «Tutti i gò (gol) sò fantastici», evidentemente riferita alla maestosità di un gesto tanto comune eppure tanto nobile. Allo stesso modo, per Piccinini – sebbene di altra caratura intellettuale – tutte le reti rappresentano una rottura improvvisa e impensabile con la fiacca routine del match, e per questo “incredibili”. Solo una visione fanciullesca e al contempo sana del gioco del calcio può portare una persona a vedere nei gol – in tutti i gol – inattendibili e piacevoli imprevisti, proprio perché causati sempre da un errore o una particolare abilità del calciatore, o addirittura da entrambe. Si tratta comunque di stravolgimenti dell’equilibrio costituito, che sorprendono, stupiscono, fanno gridare – appunto – “Rete Incredibile!”. Per uno straziante approfondimento si veda Mazzantini Margaret Nessuno è incredibile da solo, Mondadori, Milano, 2011.

Si accentra improvvisamente: Nell’universo di Piccinini non esistono giocatori che si accentrano, solo quelli che si accentrano improvvisamente. In un Inter-Catania del 2010 riuscì a dirlo anche di Thiago Motta. Ora, ci sono due scuole di pensiero: la prima vuole che Sandro utilizzi una simile espressione per mere questioni di ritmo. Perché un “si accentra improvvisamente” detto con quella voce squillante può distoglierti dal pisolino domenicale anche se stai guardando l’A-League australiana. La seconda teoria, più audace, vira decisamente sul funzionalismo, teorizzando che gli stessi giocatori, influenzati dalla telecronaca di Piccinini, finiscano per accelerare vistosamente in fase di spostamento verso il centro. Per un’analisi si veda soprattutto Pischedda Bruno, Tergiversare improvvisamente, Bollati Boringhieri, Torino, 2012.

 

11021280_998972493453854_8104761432699320115_nImmagine presa dalla pagina Facebook Il vocabolario di Sandro Piccinini


Proprio lui: Non si tratta del tipo di calciatore coinvolto, né di un recente riferimento al marcatore in telecronaca (che garantirebbe un «proprio lui» sintatticamente corretto), e non è neanche una questione di entusiasmo, una trovata per appassionare. È una questione teologica. L’appellativo “proprio” – alla stregua di Santo o Santissimo – va sempre a precedere il nome del marcatore, che sia Balotelli, Obi o Montervino. Al riguardo è possibile consultare il saggio di Vito Mancuso, Proprio lui. Sì, ma lui chi? La fede spiegata a mio figlio mentre guarda il derby della Madonnina, Garzanti, Milano, 2011

Destro secco: Il sinistro solitamente non ha caratteristiche. Che sia un tiro da 30 metri, un cucchiaio o una palla tesa verso l’area avversaria. Il destro, per contro, è sempre secco. Per ragioni balistiche ancora ignote (ma ci sono diversi studi in corso, si pensi in particolare al progetto laboratoriale Dinamica secca, dell’Università di Bologna), un calcio effettuato con il piede destro produce una costante secca, pari al tasso d’umidità di Praga.

Mucchio selvaggio: Non è Piccinini che richiama il film di Sam Peckinpah, è Sam Peckinpah che si ispirò a un giovanissimo cronista italiano, che allora aveva appena 10 anni e faceva una telecronaca amatoriale di Sermoneta-Marino. Sam era in vacanza nella piccola cittadina dei Castelli Romani e, giunto allo stadio, ebbe modo di sentire quell’espressione, figurandosi nell’istante stesso la scena della sparatoria finale. «Ricordo precisamente quella parola, pronunciata durante un calcio d’angolo; – racconta lo stesso Peckinpah ai microfoni di Tatti Sanguineti al settimo Supradyn della mattinata –  ebbi come una folgorazione, capii chiaramente cosa dovevo mettere in scena e quale valore avesse assunto per l’immaginario cinematografico negli anni a venire. Poi fui costretto a scappare via però, perché cominciarono a sparare dei grossi bomboni». Per l’intervista completa a Peckinpah si veda Morandino Morando, Farinotti Pino, Le telecronache di provincia e il western anni ’70. Un’altra inutile elucubrazione, Il Castoro, Milano, 1996. Un saggio d’approfondimento è contenuto anche nel capitolo Mucchio selvaggio con trenino, all’interno del testo  di Arrigo Sacchi I calci d’angolo dei miei tempi erano tutta un’altra cosa, Baldini & Castoldi, Milano, 2013.

Marco Ciotola
Nato a Napoli nel 1987, si laurea in Editoria e giornalismo nel 2013, presso la Sapienza di Roma. Ha scritto e scrive su Repubblica, L’Indro, Roma Italia Lab, calciomercato.it, il sito satirico Lercio e su qualche muro di Tor Lupara. Nel tempo libero ama accarezzare le code ai castori, che, infastiditi, non hanno mancato di denunciare la cosa alla Protezione Animali.
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