“Loro”, la dramedy di Paolo Sorrentino
Sul finire dei suoi primi dieci anni, qui compiamo una piccola rivoluzione, abbandonando il nostro formato classico – quello del magazine culturale a cadenza vagamente quotidiana – per presentare ogni mese un solo saggio e un solo racconto. Da queste pagine 24 autori ogni anno proporranno il loro filtro sul reale, manipolando inevitabilmente la personalità di Dude mag: ed è una cosa che ci rende enormemente curiosi.
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“Loro”, la dramedy di Paolo Sorrentino

Il tema del doppio è forte nel lungometraggio di Sorrentino e il suo Berlusconi ha due facce.

Era il 2006 e uno spensierato Nanni Moretti al volante, con Adamo in sottofondo, profetizzava così nel suo Il caimano:

«Tanto tutti sanno già tutto su Berlusconi. Chi vuole sapere sa, poi chi non vuole capire… Dai cosa vuoi informare di più, si sa tutto. Tanto comunque ha già vinto: Berlusconi 20 anni fa, 30 anni fa con le sue televisioni ci ha cambiato la testa».

Sorrentino, che in quel film fece anche un cameo (promesso sposo marxista-leninista di Margherita Buy), ha colto al volo i consigli del maestro Nanni e ha confezionato un prodotto commerciale di buon livello. Il film, come sapete, è diviso in due parti: Loro 1 e Loro 2. Da un punto di vista di marketing è stata sicuramente una scelta azzardata perché l’opera, vista la durata complessiva dei due film (poco meno di 3 ore in totale), poteva essere benissimo presentata nella sua completezza.

Ma basta parlare di produzioni, non siamo mica nel CdA di Boris.

 

 

Proprio come Il caimano, Loro 1 è ambientato nel 2006. La prima parte del film inizia in modo sferzante: Sergio Morra (Riccardo Scamarcio) è un ambizioso affarista pugliese implicato in piccoli appalti, ottenuti velocemente grazie all’aiuto di giovani escort alle sue dipendenze. La facilità di fare soldi e le sue qualità persuasive, lo portano ad avere un’epifania durante un amplesso sessuale: deve arrivare a Lui. Comincia così il viaggio catartico che porterà il personaggio di Scamarcio ad emergere all’interno della Roma Bene. La Roma de La grande bellezza, ma anche la Roma de La dolce vita (citata più volte sia nel primo che nel secondo capitolo di Loro), fatta di decadenza e lusso sfrenato. Sorrentino in Loro 1 riscopre lo Scorsese di The Wolf of Wall Street e Scamarcio riesce bene a immedesimarsi in un Jordan Belfort in salsa italiana. Nella prima parte del film, Lui appare irraggiungibile e assente. Ma come dice sapientemente il Lenny Belardo di The Young Pope: «L’assenza è presenza», e infatti Lui è straordinariamente presente nei desideri di Sergio Morra, ma non solo. I personaggi più emblematici di questa scalata al vertice sono anche la moglie di Morra, Tamara (Euridice Axen), pronta a sedurre il ministro Santino Recchia (Fabrizio Bentivoglio), e Kira (Kasia Smutniak), la chiave di volta per raggiungere Lui.

Mondi che si incontrano, la media borghesia che vuole arrivare fino alla vetta, che vuole assaporare il potere anche solo per un attimo e con qualsiasi mezzo.

Loro 1 è una commedia sagace che affascina lo spettatore dall’inizio alla fine, con momenti di ottimo cinema che strizzano l’occhio a La grande scommessa di Adam McKay nella scena in cui un medico rompe la quarta parete spiegando gli effetti dell’MDMA.

Ed è proprio in piena fase di smascellamento che Lui, Silvio Berlusconi (non in forma di tatuaggio posteriore), appare travestito da odalisca. Il Berlusconi di Servillo è malinconico, debole, in piena crisi coniugale con la sua Veronica (Elena Sofia Ricci). Lui, il re della comunicazione, è coperto da un velo di incomunicabilità con la propria moglie e cerca di riconquistarla non tanto per amore, quanto per dimostrare a se stesso di saper vincere ancora una volta. La sua personalità è una maschera e non è un caso che Veronica legga L’uomo duplicato di Saramago. Il tema del doppio è forte nel lungometraggio di Sorrentino e il suo Berlusconi ha due facce come il Jake Gyllenhaal di Enemy: una pars costruens, quella del recupero di un rapporto d’amore nei titoli di coda, con la Domenica Bestiale di Concato, e una pars destruens, quella con cui si apre Loro 2, in un ispirato dialogo con Ennio Doris (interpretato dallo stesso Servillo).

 

 

In Loro 2 si entra nella mente di Berlusconi e questa volta la scalata al vertice non è collettiva, ma individuale. Berlusconi agisce completamente da solo: la compravendita dei 6 senatori per far cadere il governo Prodi nel 2008, oltre ad essere l’unica scena veramente politica del film (a differenza de Il divo), mostra la capacità di persuasione dell’imprenditore, senza aver bisogno di sottoposti. C’è poi l’incontro con Sergio Morra e le cene galanti, il rapporto duro con i suoi sudditi di partito, le telefonate di favore per posizionare le Olgettine nelle fiction TV.

Nel secondo capitolo si affronta il rapporto tra marito e moglie, tra Silvio e Veronica. Tuttavia il matrimonio che termina con una rottura forte è quello tra Berlusconi e l’Italia: un’Italia che lo ha amato, che è stata sua serva e che infine lo ha lasciato perché si è sentita tradita dalle false promesse di un commerciante.

Un Berlusconi a tutto tondo, che ha la consapevolezza di non essere più il vincente che si è fatto da solo, ma semplicemente un uomo sconfitto da se stesso e dal mondo che lui stesso ha creato, un mondo fatto di muri costruiti e protetti dal suo factotum (Dario Cantarelli). E i muri inesorabilmente crollano, non solo quelli coniugali, ma anche quelli abruzzesi, in un terremoto che azzera tutto e dal quale non si può risorgere. Il finale non fornisce vie d’uscita, anzi. Il Cristo morto che atterra sulle macerie rappresenta un Paese in declino, lontano parente del Cristo redentore che si vede svettare ne La dolce vita di Fellini. In quel caso il vertice e il potere erano irraggiungibili, in questo caso le macerie sono tra di noi.

Davide Giannì
Classe 1993. Laureando in giurisprudenza. Appassionato di politica, calcio e cinema.
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