Maurizio Cattelan a Torino inaugura Shit and Die. Frank Gehry a Parigi il nuovo museo d’arte contemporanea di Louis Vuitton.
Da una parte la statua di un Hitler inginocchiato e contrito, minuto, pensante, con gli occhi languidi rivolti verso l’alto, quella di Papa Wojtyla, aka Giovanni Paolo II, le mani strette al pastorale e mitra sul capo, abbattuto da un meteorite o, infine, quella di uno scoiattolo suicida seduto a tavolino con la pistola ancora calda finita in terra. Dall’altra edifici dall’architettura strampalata, movimentata e onirica che si sgomitolano in elementi sinuosi, fusi gli uni negli altri, disciolti o ascendenti, al limite del vacillamento. Maurizio Cattelan, la canaglia patentata dell’arte contemporanea, e l’archistar Frank Gehry, architetto della luce e “creatore di sogni” (dal titolo del documentario che Sydney Pollack gli ha dedicato nel 2005), hanno rivoluzionato i modi della percezione artistica del recente passato (anni ’90 – anni zero), distaccandosi dalle ricerche dei contemporanei amando, divertendosi. In questi giorni li troviamo entrambi protagonisti di due eventi imperdibili che hanno un comune denominatore nel desiderio di stupire ancora, spingendosi sempre oltre con la sperimentazione.
Accomunati, questi due, hanno la logica folle e fulminea di certi paradossi: Cattelan, l’uomo che ha impiccato tre fantocci a forma di bambini a un albero di Piazza XXIV Maggio a Milano, imbriglia l’assurdo, l’ipotesi, il surreale attraverso l’uso ostinato dell’iperrealtà, mentre Gehry assoggetta le forme dei sogni o di certi scarabocchi infantili alle più rigide forme della fisica attraverso l’architettura funzionale, si pensi al suo Fred and Ginger di Praga, entrato di prepotenza nel nostro immaginario come la “Casa danzante”. Entrambi partono da A e arrivano a Z, approdando al polo opposto del loro modulo espressivo e in alcuni casi a percorrere ambiti artistici diversi come fotografia, pubblicità e moda.
Cattelan dice che «l’arte e la pubblicità sono delle bambine che ci supplicano di giocare con loro», e così anche lontano dalle gallerie ha portato con sé la poetica della decontestualizzazione: fa sparire un oggetto qui, lo materializza più in là, gioca con i piani del discorso, smonta e ricompone il reale, porta all’irrazionale e al puro conturbante, semplicemente disorientando. É quello che ha sempre fatto con le sue opere e che continua a fare tutt’ora, nonostante l’annuncio urbi et orbi del suo ritiro dal mondo dell’arte, che il Guggenheim di New York ha salutato con All, mostra personale impressionante per la cascata di tutte le 130 opere dell’artista al centro della spirale ideata da Frank Lloyd Wright.
É quello che dal giugno 2010 fa con Toilet Paper, rivista semestrale di fotografia che fonde lo choc del linguaggio artistico di Cattelan con quello nitido e gioioso del fotografo di moda Pierpaolo Ferrari, creando un prodotto di sole immagini dall’armonia distorta: ibride, ironiche, irriverenti, surreali. Due mani in guanti di lattice che aprono la pancia di un pesce, trovandovi diamanti, un rospo verde contenuto in un panino, una suora che stringe tra i denti un rosario a mo’ di laccio emostatico prima di iniettarsi dell’eroina e poi ancora una gif animata di gelato variegato all’amarena usato come posacenere: un’estetica di evasione che si fissa indelebile nella memoria proprio per la sua commistione di intuizione febbrile e patina fashion.
Nell’ultimo anno e mezzo Toilet Paper ha curato le campagne pubblicitarie di Kenzo, ha prodotto la rivista Kenzine (proprio in questi giorni è uscito il terzo numero) insieme al duo di stilisti a capo della maison di moda. Il suo immaginario è letteralmente straripato nel mondo virtuale della Rete e in quello reale del mercato, attraverso la produzione di oggetti, abiti e accessori connotati dalle sue stampe, la riproduzione delle sue immagini su Vogue, Dazed&Confused e le copertine di Vice.
Oggi (6 novembre 2014 n.d.r.) Cattelan sarà a Torino per inaugurare Shit and Die, una mostra inedita che lo vede curatore del progetto One Torino e apre Artissima 2014, l’incontro internazionale “osservatorio sulla migliore ricerca nel campo delle arti visive”. Fin da qualche mese erano trapelate le prole-chiave dell’evento ospitato nell’inconsueto Palazzo Cavour, esattamente nelle stanze in cui il beneamato conte coprofilo Camillo Benso seguiva e partecipava ai fatti del Risorgimento italiano. Così «sesso, potere, morte, merda» diventano il cerchio magico in cui racchiudere un’esposizione che guarda all’anima scura di Torino, recuperando tutto intatto il magnetismo della città sabauda in cui impazzì Nietzsche e di cui De Chirico scrisse: «è la città più profonda, la più enigmatica, la più inquietante non solo d’Italia, ma di tutto il mondo». Con la sua curatela Cattelan guarda alla storia del capoluogo piemontese, recuperandone aneddoti, fascinazioni e sortilegi: il risultato è una sorta di filtraggio del caotico, tra oggetti provenienti dal Museo Lombroso, l’arte povera degli artisti piemontesi e i riferimenti al sensitivo Gustavo Roll.
Se Kenzo ha pensato a Cattelan, la maison Louis Vuitton ha scelto Gehry per partecipare alla creazione del suo immaginario, chiedendogli di far entrare la sua maestria cristallina direttamente nelle vetrine delle sue boutique di tutto il mondo. Così l’architetto ha pensato a sculture in legno ricoperte di lamine metallizzate che integrano i manichini, gli abiti e le borse del marchio francese. Le creazioni, ispirate alle vele delle navi, rimandano al plasticismo sinuoso dell’edificio di vetro che dal 27 ottobre è sede del museo d’arte contemporanea della Fondation Louis-Vuitton pour la création a firma dell’archistar. Vittoria architettonica di una rischiosa scommessa tecnologica, il nuovo spazio espositivo sorge nel cuore del Jardin d’Acclimatation di Parigi, ponendosi come un veliero di cristallo in mezzo agli alberi secolari tra i quali Marcel Proust amava camminare e trarre ispirazione.
Chissà se lo scrittore francese, genio del tempo, avrebbe mai potuto prefigurare questa creatura architettonica futuribile che vive di luce e apre lo sguardo dell’avventore allo stesso tempo sul parco e sull’interno delle sale espositive, grazie a un gioco continuo di riflessi e illuminazioni. Dall’interno la pioggia di luce arricchisce la collezione permanente che vanta nomi di artisti eccellenti come Christian Boltanski, l’islandese Olafur Eliasson, passando per Bertrand Lavier e Ellsworth Kelly. In questo mese di novembre la Foudation invita appassionati, turisti e scansafatiche a entrare nei suoi nuovi spazi e godere del ricco calendario che vedrà i Kraftwerk esibirsi in otto concerti e poi ancora eventi legati a Dominique Gonzales, Olivier Beer e moltissimi altri.