IONONSONOPIPO: il workshop di Giuseppe Palmisano/iosonopipo a Roma
Sul finire dei suoi primi dieci anni, qui compiamo una piccola rivoluzione, abbandonando il nostro formato classico – quello del magazine culturale a cadenza vagamente quotidiana – per presentare ogni mese un solo saggio e un solo racconto. Da queste pagine 24 autori ogni anno proporranno il loro filtro sul reale, manipolando inevitabilmente la personalità di Dude mag: ed è una cosa che ci rende enormemente curiosi.
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IONONSONOPIPO: il workshop di Giuseppe Palmisano/iosonopipo a Roma

«Se mi guardo ho impresso nel mio specchio la mia foto ingiallita, è come se fossi già vissuto e fossi ritornato dal tempo per raccogliere le storie di chi vive oggi, rincuorarli che si vive ancora come si viveva ieri. Gli stessi amori, gli stessi dolori, gli stessi pensieri… all’infinito.»   Dietro al nome d’arte […]

«Se mi guardo ho impresso nel mio specchio la mia foto ingiallita, è come se fossi già vissuto e fossi ritornato dal tempo per raccogliere le storie di chi vive oggi, rincuorarli che si vive ancora come si viveva ieri. Gli stessi amori, gli stessi dolori, gli stessi pensieri… all’infinito.»

 

Dietro al nome d’arte IOSONOPIPO si nasconde un ragazzo dai capelli riccioluti annata 1989 che, pur avendolo sovente calcato da attore, il palco preferisce inquadrarlo con la sua macchinetta fotografica. Giuseppe Palmisano nasce in Puglia, ma per inseguire un sogno si è spostato in cinque città diverse e ha cambiato undici case. La fotografia non è la sua professione – per quello c’è l’agenzia di concerti – ma dopo la pubblicazione del suo libro Oltrepensare con la casa editrice Habanero sta diventando più di un mezzo attraverso il quale esprimersi. La sua ricerca fotografica è focalizzata principalmente sul dialogo tra gli spazi e i corpi, specialmente se svestiti. Le forme delle donne da lui ritratte si uniscono a quelle degli oggetti circostanti e nonostante la pelle in vista non è l’erotismo ad attirare l’attenzione, ma le identità disarmate che cercano un rifugio nell’ambiente che le ospita.

Il 19 e il 20 dicembre IOSONOPIPO da Bologna scenderà a Roma per il suo primo workshop ospitato negli studi del C.O.H.O, ex fabbrica tessile, dove Giuseppe presenterà il suo modo di vivere l’atto fotografico. In queste due giornate i partecipanti si eserciteranno con il set, la composizione dell’immagine con il soggetto e infine la selezione del materiale fotografico per concludere l’esperienza con un’esposizione della durata di un mese presso il locale romano Marmo e la pubblicazione degli scatti migliori sulla rivista fotografica C-41.

Ti sei approcciato al mezzo fotografico da autodidatta e affermi che se non fosse andata bene con la macchina fotografica, avresti trovato comunque un altro mezzo comunicativo: cosa della fotografia è stato capace di placare il tuo desiderio?

Principalmente, l’immediatezza con cui potevo sostituire il mezzo e la facile fruizione. Il mezzo che utilizzavo prima era il teatro, sicuramente molto più difficile nella parte creativa, quanto meno in termini di sforzi, non solo fisici. La fotografia è stata un po’ una culla, una cosa che riesci a portare in borsa, da usare in qualsiasi momento e in grado di darti un riscontro immediato.  

Nei tuoi scatti il corpo è quasi un oggetto tra i tanti presenti nelle stanze fotografate. È solo un involucro in cui risiedono pensieri e sentimenti che, nel momento in cui vengono immortalati, sembrano essersi arresi di fronte all’amara realtà che li circonda e li scalfisce e tentano di nascondersi mimetizzandosi con l’ambiente. Negli ultimi anni il corpo nella fotografia contemporanea ha cercato di riprendere sempre più posto nella composizione delle immagini, nelle tue addirittura spogliandosi delle proprie vesti tentando di abbandonare l’apparenza: credi ci sia la necessità, prima nel mondo artistico e poi in quello quotidiano, di ritornare alla semplicità attraverso un analisi più riflessiva rivolta prima di tutto verso se stessi?

Nella mia fotografia corpo e spazio si giocano il ruolo di protagonista. Proprio per questo credo sia importante riflettere su noi stessi per capire come ci stiamo muovendo e dove stiamo andando e poi, subito dopo, guardare dove ci troviamo, cosa c’è attorno a noi e come ci influenza e viceversa. In teatro, in una sceneggiatura, lo spazio è la prima cosa che viene palesata. I miei corpi sono più assenza che presenza, delle note a volte intonate, a volte stonate, nello spazio che hanno abitato anche solo per poco, un corpo che abbiamo ospitato e che poi è rimasto lì nei giorni a venire. E non riusciamo a liberarcene. O un corpo che attende o saluta l’altro che mai tornerà. I “corpi” che fanno rumore non mi sono mai piaciuti, forse per questo non son mai riuscito a fare un ritratto, la sua pulizia è uno sforzo troppo grande. Ben più facile è pulire un corpo levando semplicemente i suoi vestiti. La semplicità come il silenzio, come l’assenza e tutte quelle cose che agiscono sulla detrazione sono atti rivoluzionari per cui sì, c’è necessità di sparire, di mettersi da parte, di dire qualcosa in meno e fare un pensiero in più: più rumore dentro e silenzio fuori.

E le frasi che accompagnano questi tuoi lavori fotografici sono l’urlo interno di quei corpi?

Sono nate per alleggerire le foto, renderle meno presuntuose. Se dovessi collocarle, dar loro un significato, esse sono il passato o il futuro di quei corpi e spesso le cause del loro mimetizzarsi, abbandonarsi, sparire, ma dietro un dito.

Durante il tuo percorso creativo la condivisione dei tuoi lavori e dei tuoi traguardi è sempre stato un tassello importante: il caricamento delle tue fotografie sui social network, l’aggiornamento sulle tue ricerche, la pubblicazione del tuo libro fotografico Oltrepensare nato anche grazie alla richiesta delle persone che ti seguono ed ora il workshop “iononsonopipo” organizzato a Roma in cui è lo stesso atto fotografico prima della creazione dell’immagine ad essere condiviso con gli altri. In ognuna di queste fasi la partecipazione del pubblico ha avuto un ruolo fondamentale. Quale rapporto hai con le persone che fruiscono dei tuoi lavori? Sono i loro sguardi verso i tuoi scatti a renderli reali? Sono le persone ad essere il fine di questa poetica visiva?

Come anticipato senza volerlo nelle altre domande, il pubblico è fondamentale per un attore come me, che prima di esser attore ha iniziato come clown. Per un clown la performance è quasi guidata dalle reazioni del pubblico, così come per gran parte dell’improvvisazione comica. Faccio un esempio: se un gesto fatto in un certo modo scatena la risata del pubblico, quel gesto diventerà una ripetizione durante tutta la performance ed anche solo il richiamo di quel gesto sarà motivo di divertimento. Ecco, credo che i riscontri, purtroppo non moltissimi rispetto a degli sterili, per quando ben accetti, “bello/bellissimo” che ti indicano quello che il pubblico riesce a sentire e vedere, siano una spinta direzionale. Non a caso il libro è nato da una domanda posta sui social. I vari siti e blog stranieri che mi hanno pubblicato, hanno individuato delle caratteristiche che non avevo mai razionalizzato, uno sguardo particolare, arrivando a coniare per le mie foto la definizione “erotismo dell’assurdo”. Volendo seguire la prima regola dell’improvvisazione non posso non ascoltare tutto questo o negarlo. Devo annuire e trasformarlo in qualcosa di nuovo. Non si risponde mai “no” al compagno che ti passa la palla, altrimenti il gioco è finito lì.

www.elnacional.com

Su cosa si incentrerà principalmente il workshop del 19 e 20 dicembre a Roma e cosa ti aspetti dall’interazione diretta con il pubblico (i fotografi) che parteciperà?

Principalmente verterà sul gioco, giocare come preparazione atletica per cuore ed occhi, il teatro come propedeutica allo scatto senza mai prendersi troppo sul serio. E poi mettersi in crisi e con calma avvicinarsi al corpo, conquistar il dialogo con la modella e dopo aver scattato la fase più importante: la selezione. Mi aspetto tante domande e la voglia di poter essere tutto tranne se stessi. Per un giorno essere iosonopipo per poi ritornare ad esser ancora più forte “iononsonopipo”.

Tutte le info per partecipare sull’evento facebook.

Elena Fortunati
Nasce in un paesino della provincia romana nel 1988. Laureata alla magistrale in Storia dell'Arte contemporanea all'Università di Roma La Sapienza, ha collaborato con Collater.al, Dude Mag, Vice e Inside Art. Sotto lo pseudonimo aupres de toi, lascia dal 2011 nel web immagini fotografiche. Fonda nel 2016 contemporary.rome.
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