Da quando la settima arte, il cinema, ha conquistato la sua fetta di pubblico, le sale cinematografiche nelle città sono diventate luoghi di intrattenimento senza pari. Piccole, grandi, all’aperto o al chiuso, con le loro poltrone e le luci spente, presentano agli spettatori le loro storie più o meno incantevoli attraverso quegli schermi luminosi.
Ma c’è stato un uomo intorno agli anni ’40 ad aver compreso che un affascinante spettacolo sarebbe stato trasmesso in quelle sale anche rivolgendo le spalle a quel grande schermo.
Arthur Fellig, in arte Weegee, è stato un fotografo statunitense ironico e a tratti terrificante che ha precorso i tempi in campo artistico. Secondo di sette fratelli, nacque nel 1899 nell’attuale Zoločiv in Ucraina, ma il padre, a causa dei primi movimenti antisemiti, nel 1906 decise di lasciare la patria per emigrare negli Stati Uniti. Lì lo raggiunse l’intera famiglia pochi anni dopo prendendo dimora a New York, precisamente nel Lower East Side.
Arthur decise di lasciare gli studi nel 1914 e, per contribuire ai guadagni della famiglia, accettò ogni tipo di lavoro. In questi anni si avvicinò alla fotografia facendo da assistente in camera oscura, poi come fotografo di passaporti e infine come ritrattista. Ma il suo tenore di vita non sembrava vicino a quello della sua famiglia tanto strettamente legata alla vita religiosa ebraica e così Arthur lasciò la casa paterna per vivere a lungo come clochard nella grande mela. Difficile non credere che tutto ciò che vide in questi anni fu assai influente periodo la sua ricerca fotografica.
Sporcandosi le mani con i lavori più umili, approdò al New York Times e all’agenzia Acme Newspictures; lì, rifiutandosi di indossare la camicia bianca e la cravatta come tutti i fotoreporter, fu inviato come fotografo ufficiale solo in situazioni d’emergenza. Questo si rivelò per lui essere il miglior modo per creare il suo tratto stilistico inconfondibile. Frequentò il quartier generale della Polizia di Manhattan, cercando di non mancare mai sui luoghi dei delitti e delle risse. Equipaggiato di una Speed Graphic, le sue foto così crude di incendi e incidenti vennero pubblicate sui più importanti giornali della città e gli fecero ottenere il permesso da parte del sindaco di installare sulla propria vettura il sistema radio della Polizia di New York. La sua abilità nell’arrivare velocemente nei luoghi del crimine, gli consentirà di realizzare i suoi celebri scoop fotografici.
Non sarà la tempestività a fargli passare la prova del tempo, ma il suo stile. Quella cronaca nera in prima pagina emergeva in ogni dettaglio da lui catturato. Quel flash usato come un’arma da fuoco, quel bianco e nero che enfatizzava la notte.
Noto specialmente per la sua attività come fotoreporter del crimine new yorkese, l’artista americano è entrato curiosamente in queste sale cinematografiche puntando l’obiettivo verso gli spettatori, seduti su quelle poltrone in compagnia o da soli, immortalando le loro espressioni, le loro abitudini, le loro reazioni. E le scene catturate sembrano assai differenti da quelle a cui Weegee ci aveva abituato. Su quelle poltrone ammiriamo bambini sorridenti, coppie di amanti che nelle ultime file si concedono effusioni nel buio, anziani addormentati, tate con i popcorn in mano. Weegee non si discosta dall’attrazione per le tenebre, ma stavolta cerca di catturare in esse il bello di un momento di divertimento condiviso.
Un ritratto dell’America degli anni ’40, ma anche di qualsiasi altro luogo del mondo immortalato in quegli anni della prima metà del Novecento. In quali sale di Manhattan egli si sia appostato non ci è dato saperlo e forse poco importa per comprendere l’intenzione di queste fotografie. L’International Center for Photography, che detiene tutto l’archivio dell’autore, ha organizzato proprio in questo periodo la mostra Weegee: at the movies!, aperta fino al 14 giugno 2015 all’interno del cinema Bow Tie Chelsea di New York per celebrare la sua riapertura. Gli scatti esposti ci donano quindi uno sguardo non diverso, ma solo preso da un’altra angolazione, di un fotografo di cui già ammiravamo l’innata curiosità nei confronti di ciò che a volte l’occhio preferisce tenere nascosto.
Copyright Weegee/ International Center of Photography