La settimana scorsa Guarda come dondolo — tormentone pop di Edoardo Vianello pubblicato dell’estate 1962 — è entrata al decimo posto della classifica di Billboard relativa alle canzoni nelle serie tv e pubblicità negli Stati Uniti. La canzone è stata shazammata più di 15 mila volte e ascoltata in streaming 120 mila volte. Il merito va attribuito ad Aziz Ansari e Alan Yang, autori dell’iconica scena della seconda stagione di Master Of None in cui Dev (interpretato dallo stesso Ansari ) balla “con le gambe ad angolo” assieme a Alessandra Mastronardi nella suo appartamento di New York.
Ansari non è l’unico ad aver scoperto con quattro decenni di ritardo la musica e l’atmosfera italiana degli anni ‘60 e ‘70: i Phoenix — band di Versailles con ascendenze italostatunitensi — a inizio Giugno hanno pubblicato Ti amo, una sofisticata dichiarazione d’amore elettropop alla cultura italiana di quel periodo.
Sono ancora due casi isolati, ma rappresentano una cosa che sta succedendo o che è già successa: il racconto dell’Italia all’estero è cambiato moltissimo dai tempi dei film sulla Mafia e da Pizza&Mandolino, in particolare negli Stati Uniti. La narrazione del nostro paese è oggi un’interpretazione nostalgica della cultura del dopoguerra, fatta di citazioni del grande cinema italiano, di via Veneto e di Battisti e Mina.
È una visione idilliaca e nostalgica, che ignora la realtà culturale contemporanea in Italia, ma ha il pregio di essere attenta e cosciente del fatto di non raccontare la realtà ma di chiudersi nella bolla di un ricordo. Ad affiancare questa rilettura della cultura italiana, c’è l’unica industria nostrana che ancora innesca le fantasie straniere: il cibo, o meglio, il food.
La seconda stagione di Master of None — ambientata tra Modena e una gentrificatissima New York — tocca tanti e diversi argomenti riuscendo però ad essere una sintesi efficace dei due filoni del racconto italico, la nostalgia e il cibo.
Aziz ansari si innamora di una ragazza italiana — interpretata dalla bellezza anni ‘70 di Alessandra Mastronardi — mentre impara l’arte del tortellino a Modena. Le prime due puntate della serie sono state girate nel capoluogo emiliano e proiettate in bianco e nero. La prima è una trasposizione piacevole e ammiccante di Ladri di biciclette di Vittorio De Sica (qui Slate ha fatto un elenco completo di tutte le citazioni al cinema italiano presenti nella serie), nella quale al posto della bicicletta viene rubato l’Iphone del protagonista. L’episodio ha ricevuto qualche critica in Italia: bambini in canottiera che si chiamano Mario, anziani con la coppola e accento modenese non pervenuto. Tuttavia ho sempre pensato che queste fossero scelte consapevoli da parte di Ansari e Yang: non cercavano di raccontare Modena nel 2017, ma il modo migliore per infilare piano sequenza nostalgici e citazionisti.


Ansasri vs. De Sica & Antonioni
Nella seconda puntata il cibo è il protagonista. Arnold -— il migliore amico di Ansari — viene a trovarlo a Modena in occasione delle nozze di una sua ex fidanzata. I due passano la giornata tra degustazione di Pecorino, aperitivi e un pasto all’Osteria Francescana di Massimo Bottura, migliore esempio della cultura del buon cibo sull’asse Modena-New York. Ansari descrive con la giusta ironia l’estetica foodie (che già aveva punzecchiato nella prima stagione) legata al cibo italiano aggiungendoci quel guilty pleasure americano di usare parole italiane pronunciate con gli accenti sbagliati che rendono fancy un drink o un piatto. È una cosa che esiste effettivamente negli Stati Uniti: nelle panetterie dei supermercati americani si trovano le ciabatte, da Starbucks servono il Latte (che non è latte eh, ma una sottospecie di cappuccino macchiato freddo) servito dal Barista. Una storia curiosa quella della parola barista che prima di Mussolini non esisteva, in Italia si usava Barman perché era più fico. Ansari strilla «Lasagna!!!» ogni volta che può, nei suoi appuntamenti rimediati su Tinder — in Firstdate uno degli episodi più brillanti della serie insieme a Thanksgiving e I love New York — ordina un Negroni, ormai entrato nelle liste drink di ogni bar cittadino americano, e in quasi tutti i menù a Brooklyn ormai si trova lo Spritz con diverse declinazioni di pronuncia.
La sproporzione tra il cibo italiano e quello americano è sottolineata da Ansari quando, tornato a New York, inizia a condurre un programma trash sui cupcakes. Anche nelle puntate newyorkesi Ansari e Yang non smettono di disseminare citazioni al cinema italiano e addolciscono lo skyline frastagliato di Manhattan con la colonna sonora di Battisti, Mina e Morricone.

Un’operazione simile a quella di Ansari e Yang l’hanno fatta i Phoenix con il loro sesto disco Ti Amo, con gusto più europeo, raffinato e romantico. Nel disco la band francese dipinge una cartolina dell’italia preberlusconiana degli anni ‘70 e ‘80, in un mix di nostalgia, suoni disco e ancora parole italiane strillate.
Un caledoscopio di:
«You don’t mind it as it is
Bonanza, che bello!
Well I’ll show you how to win
My festival di Sanremo»
Un’estetica vintage che dondola sul confine del kitsh, viene esaltata dai video dell’opening track J-Boy e Goodbye Soleil ambientato nella Cattolica scintillante degli anni’80, vaporosa e onirica.
I riferimenti musicali dichiarati di Thomas Mars — marito della regista Sofia Coppola, con cui si è sposato a Matera — sono Lucio Battisti e Mogol per quanto riguarda i testi e Battiato per la musica. In un’intervista su Repubblica Mars ha raccontato:
«Conoscevo dei testi di Mogol, ma non avevo ancora approfondito, poi un giorno a una festa in California il mio telefono finisce nelle mani del dj e spunta una canzone di Battisti, Il salame: uno dei camerieri era italiano, è uscito in lacrime dalla cucina, in quel momento ho capito la forza della musica che unisce semplicità ed emozione. Ma non credo che sarebbe successo lo stesso a un francese per un pezzo di Serge Gainsbourg».
Per godersi Ti Amo bisogna abbandonarsi alle frivolezze italopop e immedesimarsi in un americano che chiede «prosecco o champagna?» in uno stabilimento in riviera negli anni ’80. C’è spazio anche per il cibo dentro Ti Amo, con un melted Gelato in Ti Amo e soprattutto in Fior di Latte che contiene il manifesto del disco.
«Fior di latte, fior di latte
Don’t think about it, trigger me happy»
Sotto le paillettes luccicanti del synth pop di Ti Amo c’è anche un significato politico: i Phoenix hanno composto l’album dopo l’attacco al Bataclan, l’ascesa di Marine Le Pen e Brexit. Nelle intenzioni di Mars l’immagine nostalgica e sbiadita di Via Veneto o delle spiaggione in Riviera vuole far scattare un ricordo condiviso europeo: uno di quei ricordi di estati spensierate come i ritmi pop di Fleur De Lys.
L’ultima traccia del disco Telefono è cantata quasi tutta in italiano ed è una conversazione romantica con sua moglie ad Holliwood. Mars si chiede come mai può addormentarsi quando lei è ancora sveglia, se si ricorda ancora del loro viaggio a Roma. L’ultimo verso dell’album è:
«And in a studio
Far far away
I’m here solo
In Passoscuro»
Per chi non conoscesse Passoscuro, è una località di mare laziale, tra Fregene e Marina di San Nicola.