NERO | BELLAGENTE 2016
Sul finire dei suoi primi dieci anni, qui compiamo una piccola rivoluzione, abbandonando il nostro formato classico – quello del magazine culturale a cadenza vagamente quotidiana – per presentare ogni mese un solo saggio e un solo racconto. Da queste pagine 24 autori ogni anno proporranno il loro filtro sul reale, manipolando inevitabilmente la personalità di Dude mag: ed è una cosa che ci rende enormemente curiosi.
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NERO | BELLAGENTE 2016

Sabato 12 marzo, BELLAGENTE 2016 è al MONK.

Cos’è BELLAGENTE?

Sabato 12 marzo @Monk: BELLAGENTE 2016

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Non serve andare troppo lontano nel tempo per ritrovare una Roma senza simboli legati alla contemporaneità. Tornando ai primi anni del nuovo millennio, su via Nizza avremmo trovato le porte del Macro chiuse e l’edificio di Zaha Hadid non ci avrebbe sorpreso in via Guido Reni.

Mentre in altre parti del mondo l’arte contemporanea si espandeva visibilmente, in Italia ancora non si manifestava in modo compiuto.

nero

Il percorso di NERO – che è limitativo definire solo una rivista di cultura contemporanea, visto che oggi è un’agenzia che opera nel campo della cultura e delle arti attraverso formati e ambiti d’interesse diversi, quali editoria, critica, ricerca, consulenza, design, direzione artistica e produzione di eventi – ha origine in questo contesto. Nasce in certa misura come esigenza spontanea di creare uno spazio indipendente per connettersi ad un discorso culturale che superasse i confini nazionali o cittadini. Durante gli anni di formazione accademica in discipline diverse ma non così distanti tra loro, Valerio Mannucci, Luca Lo Pinto, Lorenzo Micheli Gigotti e Francesco de Figueiredo, decidono di fondare una rivista. Influenzati da interessi trasversali ma riconducibili ad un unico macro-insieme, quello delle arti contemporanee, danno vita a un progetto editoriale che è da subito manifestazione di questa interdisciplinarietà.

In una tipica giornata di pioggia romana, quando i parcheggi scarseggiano e il traffico aumenta, li ho raggiunti nel loro studio sul Lungotevere, per dimenticare il mal tempo con il racconto dei loro progetti.

«Anche se le arti visive sono state il mondo di riferimento nel quale ci siamo mossi sin dall’inizio, di fatto abbiamo sempre cercato di non essere una rivista troppo specialistica e di non essere mai del tutto autoreferenziali. Abbiamo sempre sviluppato progetti che attraversavano i linguaggi e i rispettivi mondi di riferimento: musica, fotografia, cinema, arte, video, filosofia, performance e letteratura, sono sempre stati per noi strumenti per sviluppare pensieri, discorsi e questioni relative al presente storico e sociale, e non “discipline”».

Nel 2004 le riviste di settore erano per lo più legate a modelli e strutture tradizionali, nell’approccio come nella proposta. Dovranno passare alcuni anni prima di trovare in Italia contributi editoriali indipendenti simili a NERO, come per esempio quelli di Cura o Mousse. L’obiettivo originale dei fondatori di NERO era insomma quello di non limitarsi a parlare ad un pubblico di addetti ai lavori, ma di far dialogare le diverse discipline e  di intendere la rivista come uno spazio di sperimentazione aperta.

«Quando si pensa al termine  “rivista” si fa di solito riferimento al  tradizionale concetto di “medium”, cioè di uno strumento che media, che veicola, che trasferisce informazioni ad un lettore idealizzato. Noi sulle pagine di NERO non abbiamo mai parlato “di qualcosa” che accadeva nel reale, non abbiamo mai mediato: niente recensioni di mostre, anticipazioni di eventi, news, speciali su manifestazioni etc. Al contrario, abbiamo invece sempre cercato di ricreare nel corpo della rivista qualcosa che avesse senso su se stesso: ogni contenuto era per lo più esperibile in sé, senza bisogno di riferimenti esterni. Magari quello che facciamo può non interessare, ma se l’interesse c’è, nel contenuto trovi tutti gli strumenti per interpretarlo. Proprio per via di questa attitudine nella produzione di contenuti, non abbiamo mai lavorato con giornalisti o con  professionisti della comunicazione, ma con artisti, scrittori, fotografi, musicisti, filosofi, etc. Insomma, la rivista è concepita più come un oggetto culturale che come un medium.»

E se tutto questo può sembrare scontato in questo duemilasedici colmo di proposte artistiche ed editoriali, allora, in una città come Roma, questa visione aveva sicuramente il sapore di una novità che permetteva agli appassionati del settore di uscire da una metaforica apnea.

«All’inizio NERO era una rivista gratuita in bianco e nero, quasi una fanzine, fondata da noi quattro, a cui poi si sono unite tante altre persone. Oggi siamo un gruppo abbastanza ampio di persone, con competenze e visioni varie, che condividono la volontà di superare le demarcazioni tra discipline per sviluppare esperimenti editoriali, indagini e processi di rappresentazione inediti e multi-formato.»

I primi progetti di un certo rilievo con cui NERO si cimenta al di fuori delle pagine della rivista sono suggeriti da due importanti manifestazioni che nel periodo che va dal 2008 al 2010 coinvolgono il gruppo di NERO a curare delle sezioni parallele: da una parte la fiera d’arte contemporanea torinese ARTISSIMA, che invita NERO a ideare e curare il programma di perfomance musicali della fiera, dall’altra Dissonanze, in quel periodo il più importante festival di musica e arti digitali in Italia, che affida a NERO la sezione parallela dedicata alle performance di arte visiva.

«In quel momento, in base alle richieste che ci venivano fatte, abbiamo capito che questa nostra identità ambigua ci portava ad essere punto di raccordo tra più mondi, come in un gioco di vasi comunicanti. Con quelle prime esperienze abbiamo cominciato ad uscire dal discorso puramente editoriale e abbiamo iniziato a lavorare a nuovi progetti, a proporne e ad organizzarne anche di nostri.  Ora ci troviamo ora in una fase molto specifica, stiamo cambiando di nuovo forma. Siamo un gruppo di persone in grado di maneggiare contenuti e linguaggi che possono vivere in contesti diversi e complementari. In base a quello che è accaduto negli anni, alle tipologie di cose che abbiamo sperimentato, alle nostre competenze e a quello che il contesto di volta in volta ci ha chiesto, oggi ci stiamo avvicinando all’idea di essere un’agenzia culturale, con tutta l’elusività che questo termine comporta: da una parte in senso sociologico, cioè quello di agency come capacità di agire indipendentemente in un determinato campo socio-economico, dall’altra anche in senso tecnico, ossia di una realtà che agisce “in mezzo” alle cose.»

Oggi NERO non è solo una rivista trimestrale di cultura contemporanea distribuita in Europa e negli Stati Uniti; è una casa editrice specializzata in libri d’artista, edizioni e cataloghi per musei, fondazioni e collezioni private; è consulenza, direzione artistica e curatela per progetti culturali e artistici. Una realtà in continuo sviluppo che partendo da un terreno non troppo favorevole è riuscita a crescere e ad espandersi oltre i suoi confini.

«Abbiamo sempre lavorato a Roma, questo è il nostro centro. Specialmente all’inizio, la città è stata anche il nostro punto di forza: per un buon periodo siamo stati tra i principali interpreti di un certo tipo di attitudine legata alla proposta culturale indipendente. Roma, come contesto sociale e umano, ci ha aiutato, ci ha sostenuto, ci ha permesso di farci conoscere e di raccogliere intorno a noi un mondo di riferimento. Se NERO avesse avuto origine in una qualsiasi altra capitale europea, sarebbe stato tutto più facile e tutto più difficile. Oltre a questo, Roma incorpora in sé, per analogia e suo malgrado, una particolare visione della cultura che sentiamo molto nostra: passato e presente non devono per forza essere contrapposti; la storia, in particolare quella della cultura, ha senso solo se la si riattiva nel presente, se la si mette alla prova della realtà di oggi. Insomma, non basta raccontarla. In generale, non ci interessa lavorare sull’identità del luogo e sulle tradizioni, semmai ci interessa lavorare sulla nostra posizione e sulle relazioni implicite ed esplicite che ci legano al contesto storico, geografico e sociale in cui ci troviamo.»

Una responsabilità culturale che, invece di intimorire, ha portato la realtà di NERO, in questi dodici anni di attività, a cambiare senza mai accontentarsi dei traguardi raggiunti. Un’evoluzione spinta dall’ambizione di comprendere sempre il contesto circostante, che sia romano o internazionale, per interagire con esso, rispondendo a delle necessità ma offrendo in più anche quella visione senza confini che ha caratterizzato dall’origine il lavoro di NERO.

Conclusi i racconti, fuori dalla redazione la pioggia si era placata e da allora Roma ha visto un inverno dal sapore primaverile.

 

Foto di Marco Rapaccini (Officine Fotografiche Roma)

 

Elena Fortunati
Nasce in un paesino della provincia romana nel 1988. Laureata alla magistrale in Storia dell'Arte contemporanea all'Università di Roma La Sapienza, ha collaborato con Collater.al, Dude Mag, Vice e Inside Art. Sotto lo pseudonimo aupres de toi, lascia dal 2011 nel web immagini fotografiche. Fonda nel 2016 contemporary.rome.
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