Dramma delle dirette di Salvini (tutti i particolari in cronaca)
Sul finire dei suoi primi dieci anni, qui compiamo una piccola rivoluzione, abbandonando il nostro formato classico – quello del magazine culturale a cadenza vagamente quotidiana – per presentare ogni mese un solo saggio e un solo racconto. Da queste pagine 24 autori ogni anno proporranno il loro filtro sul reale, manipolando inevitabilmente la personalità di Dude mag: ed è una cosa che ci rende enormemente curiosi.
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Dramma delle dirette di Salvini (tutti i particolari in cronaca)

Aprile 2011, lo spread inizia a salire, il Milan si appresta a vincere il suo 18esimo scudetto, il principe William sposa Kate Middleton e sulla pagina Facebook di un trentottenne sbarbato appare un video di pochissimi secondi, in cui un’anziana sciura profetizza: «Ah, ma lei è Matteo Salvini? Di questi ragazzi abbiam bisogno».     […]

Aprile 2011, lo spread inizia a salire, il Milan si appresta a vincere il suo 18esimo scudetto, il principe William sposa Kate Middleton e sulla pagina Facebook di un trentottenne sbarbato appare un video di pochissimi secondi, in cui un’anziana sciura profetizza: «Ah, ma lei è Matteo Salvini? Di questi ragazzi abbiam bisogno».

 

 

Pochissime visualizzazioni, pochissimi commenti. A 7 anni di distanza da quel video vorrei incontrare quella signora per stringerle la mano: lei più di chiunque altro, in tempi non sospetti, aveva intuito (purtroppo o per fortuna) uno dei fenomeni social più interessanti degli ultimi anni: Matteo Salvini. In breve tempo infatti il giovane comunista padano è riuscito a rinnovare un partito politico a rischio estinzione, diventando egli stesso il volto nuovo della destra italiana. Tutto questo grazie alla presenza mediatica devastante che dal 2014 in poi ha caratterizzato il percorso del leader (o meglio “Capitano”, così lo chiamano i suoi adepti) leghista. Se per il Lenny Belardo di The Young Pope, l’assenza è presenza, per Salvini l’assenza è una parola sconosciuta nel proprio vocabolario e ce lo ricorda quotidianamente con le sue dirette Facebook.

Entrare nelle pagine social di Salvini, corrisponde a superare una nuova dimensione, un po’ come quando Matthew McCounaghey arriva nel Non-Luogo di Interstellar. Ecco, come il caro vecchio Matt, anche io (molto meno abbronzato per passare inosservato) ho viaggiato nel Salvini-pensiero ripercorrendo passo dopo passo le sue dirette su Facebook dalle elezioni ad oggi. Perché tutto ciò? Per analizzare spassionatamente il successo del Capitano, del leader indiscusso della destra sovranista italiana nel mondo social che ci circonda. Le dirette di Salvini hanno contribuito a portare la Lega alla ribalta e soprattutto hanno consentito alla pagina FB del barbuto Matteo di essere tra le più seguite in Italia.

Per evitarvi sproloqui e paranoie di un infiltrato nelle dirette Facebook di Salvini (tipo Donnie Brasco che davanti a suoi colleghi parlava come i mafiosi che seguiva: «Minchia, che te lo dico a fare») ecco a voi i 5 motivi per cui il leader della Lega arrapa così tanto l’elettorato.

 

1. La gestualità e le inquadrature.

Salvini nelle sue dirette ha la capacità di essere immediato, semplice e conciso attraverso i gesti e i “movimenti di macchina”. Il suo faccione in primo piano in ogni diretta è sintomatico: in quel video l’unica cosa da guardare è Salvini, non ci sono altre distrazioni, non ci sono lavagne con le quali viene spiegata con errori ortografici la riforma della Buona Scuola, non ci sono uffici sfarzosi in cui viene tolta la bandiera dell’Unione Europea in vista della tornata elettorale alle porte.

La gestualità è la chiave di volta delle sue lunghissime (fidatevi, sono lunghissime) dirette, il dito puntato contro lo schermo dello smartphone nei momenti di autoritarismo da uomo forte che non deve chiedere mai, è forse il segnale che fa scatenare di più i suoi seguaci.

I gesti però servono anche ad alleggerire il peso degli argomenti. Salvini ha infatti la straordinaria capacità di essere politicamente ironico: «Contro i manifestanti di sinistra e contro la sinistra radical chic, mando un bel bacione». È la classica tattica alla Gianni Morandi, rispondo a tutti, mando un bacio a tutti. Reagire alle critiche in questo modo ti dà la possibilità di uscirne vincitore e possibilmente anche più simpatico.

Sui movimenti di macchina inoltre scopriamo di avere tra noi il nuovo Alejandro González Iñárritu, altro che Birdman: inquadrature dai tetti di Montecitorio, dalle montagne innevate, dalle praterie toscane. Due live sono da inserire nel nuovo Morandini 2018.

 

 

Il primo, questo qui sopra, è datato 3 marzo 2018, un giorno prima delle elezioni politiche che hanno portato la Lega (non più Nord) allo storico risultato del 17%. Silenzio elettorale a parte, Salvini, dopo un lunghissimo discorso propagandistico che voglio risparmiarvi, inizia a riprendere delle mucche che pascolano e, rivolgendosi a loro: «Lei secondo me per domani ha deciso, lei sceglie, anche lei, anche lei e anche lei. Basta con il popolo di pecore che va bene a Bruxelles. Basta, su la testa ragazzi, su la testa come lei!». Sceneggiatura di Aaron Sorkin ovviamente.

Il secondo è invece più recente, il 21 giugno 2018, nelle ore in cui la nave dell’ONG Aquarius veniva lasciata in balia del proprio destino, il nostro regista esordiente, nell’unica diretta in giacca e camicia, spiegava i motivi per i quali era giusto abbandonare in mare centinaia di migranti. Nulla di nuovo ovviamente se non per un particolare: il neo Ministro dell’Interno che ogni due minuti si alza in piedi e si siede costantemente sulla sua comoda poltrona del Viminale. Perché? Per zoomare il quadro della Sacra Famiglia alle sue spalle. Messaggi subliminali che neanche nell’ultimo frame di Fight Club.

 

2. La costante ricerca di un nemico

 

 

Come i migliori fumetti insegnano, il supereroe funziona se funziona il supercattivo. Lo stesso discorso vale per Salvini. Nelle sue dirette, il Capitano ha più antagonisti di Batman e, seppure con minime differenze a seconda del periodo e della situazione politica, finisce per nominare più o meno le stesse persone con lo stile della madre di Nanni Moretti in Ecce Bombo: «Le Boldrini, i Renzi, i Saviano, le Boschi, i Fazio, le Fornero, i Di Maio (era tra i nemici fino a pochi mesi fa, io so e ho le prove)». Mattè, si dice Renzi non “i Renzi”, cacare non “cagare”, fica non “figa”, er pezzo de cocaina non “la bamba”.

Un nemico comune per tutte le stagioni che Salvini cerca di combattere a parole nelle sue entusiasmanti dirette ricche di pathos. Ultimamente i bersagli principali sono due: i mafiosi (contro i quali cita il presidente del Napoli De Laurentiis: «Siete delle merde») e gli scafisti (negli scafisti lui inserisce anche la categoria dei migranti, ma questa è un’altra storia).

Avere continuamente un avversario da annientare ti rende anzitutto interessante, ma soprattutto popolare: se per Salvini i giornali e i giornalisti sono dei fabbricatori di menzogne, per questi ultimi il leader leghista è una fabbrica di notizie. C’è sempre un Salvini contro qualcuno o qualcosa: è il nuovo Celebrity Deathmatch che va in onda tutti i giorni su tutte le piattaforme multimediali dal 2015 ad oggi.

P.S. Dimenticavo il suo acerrimo nemico: l’Europa. Ma quella è più un’entità maligna, tipo Matrix.

 

3. Il rapporto con i seguaci (quando fa comodo)

Il punto di forza delle dirette salviniane è il rapporto diretto tra lui e gli utenti che interagiscono nelle dirette. In questo, il Capitano è forse il numero uno: ha la capacità di nominare uno ad uno i seguaci che commentano i suoi video, ringraziandoli. Un firmacopie virtuale che crea condivisione e convivialità. In questo modo Salvini diventa non solo un punto di riferimento politico, ma addirittura la sua pagina FB va a sostituire i giornali e i telegiornali ed è lo stesso leader del Carroccio che rivendica questa sua posizione in quasi tutti i live: «Dai giornali e dai telegiornali non ci starete capendo niente della situazione, perciò vi spiego io come vanno le cose».

 

 

Tutto ciò crea inevitabilmente una simbiosi tra il politico e la cerchia di utenti che lo seguono in ogni sua azione e lui è bravissimo a cavalcare quest’onda propagandistica parlando al plurale (usa il “noi” come nelle migliori storie d’amore) e usando frasi del tipo: «Io voglio prendere l’Italia per mano».

Questo rapporto idilliaco tra Salvini e gli utenti è tuttavia tale solo nei momenti di incertezza o di difficoltà del faccione più sexy del web. Nel periodo antecedente alle elezioni ad esempio, su 30 minuti di diretta, l’interazione diretta tra lui e i seguaci andava a ricoprire fino a un terzo del video; il rapporto si rompe nel momento in cui hanno avuto inizio le trattative che hanno portato alla formazione del Governo del cambiamento: in quel caso zero interazioni. Stessa cosa accade nelle ultime dirette, nelle quali Salvini appare tranquillo e sicuro del suo ruolo politico all’interno delle istituzioni.

In questo, Salvini ha sicuramente imparato dai migliori youtuber: chiede la “spolliciata” e la condivisione (addirittura in un suo live non parla di condividere con gli altri utenti ma di contagiare gli altri utenti) nel momento del bisogno.

 

4. Il linguaggio

«Ma come parla? Le parole sono importanti! Come parla?!»

Se per Michele Apicella le espressioni della giornalista erano sintomo di dolore, per Salvini le parole sono armi di distruzione di massa.

Nelle dirette il linguaggio assume un valore fondamentale e nulla viene lasciato al caso. Si capisce fin troppo bene che Luca Morisi, lo spin doctor che cura la comunicazione del Capitano (a proposito, è proprio lui che ha inventato questo soprannome), non abbandona il suo “cliente” all’improvvisazione. La semplificazione delle parole diventa il punto cardine della politica salviniana, più dei programmi elettorali sovranisti, più del suo cinismo destrorso.

Salvini è probabilmente il più abile comunicatore degli ultimi tempi e riesce ad ammaliare qualsiasi categoria sociale. La proposta in diretta del Ministero della disabilità ad esempio; il continuo riferimento alla Fornero, paragonando automaticamente le pensioni d’oro alle pensioni degli italiani comuni; i salottini e i signori delle borse che fanno salire lo Spread perché «noi siamo brutti e cattivi». Tutti metodi di linguaggio semplificativi per attrarre la maggior parte degli utenti provenienti da realtà diverse: dall’imprenditore al pensionato, dal disabile alla maestra, dall’agricoltore al venditore ambulante.

Salvini però si rivolge principalmente alla sua generazione. La “generazione Bim Bum Bam” (splendidamente descritta da Alessandro Aresu), più volte sconfitta dalle crisi politiche che hanno costellato il panorama italiano ed Europeo dagli anni ’90 ad oggi, la generazione che Sydney Sibilia ha portato alla ribalta nella sua trilogia di Smetto quando voglio.

Salvini si rivolge a questi interlocutori come se fosse il genitore che incontri quando porti tuo figlio alla scuola calcio, in modo accondiscendente.

 

 

«Non possiamo accogliere tutti e questo lo dico da Ministro, da cittadino, da quarantacinquenne ma anzitutto da padre perché ci tengo alla sicurezza dei miei e dei nostri figli». Il neo ministro dell’Interno ultimamente parla sempre da “padre” così da potersi permettere di dire qualsiasi cosa e da far immedesimare qualsiasi giovane padre in lui. Anche i riferimenti alla cultura pop sono tutti per i genitori di oggi: «Ovviamente non ho la bacchetta magica o i superpoteri. Non ci sono Superman, Batman o i Super Pigiamini. I papà e le mamme capiranno: non ci sono Gattoboy, Gufetta e Geco», citazioni che creano sicuramente una sinergia tra il capo politico e l’utente e Salvini questo lo ha capito benissimo, fino al punto di condividere su Instagram una sua foto con il libro di colori dei Super Pigiamini.

Genio (direbbe René Ferretti).

 

 

Per sconfiggere gli avversari e far nascere finalmente il governo, ho convocato i #SuperPigiamini!

Un post condiviso da Matteo Salvini (@matteosalviniofficial) in data:

 

5. Il cibo e gli slogan

Quest’ultimo motivo è parte non soltanto delle sue dirette, ma rappresenta la vita digitale di Salvini su Instagram. Molti politici hanno capito che Instagram, se usato bene, può essere un ottimo raccoglitore di consensi senza lo sforzo di produrre contenuti complessi. Il voyeurismo, vedere l’altro mentre fa qualcosa di interessante, costituisce le fondamenta di Instagram.

Salvini, che su Instagram ha 376mila follower, utilizza questo social come qualunque utente medio: pubblica principalmente foto di piatti, vini e prodotti gastronomici. Tutti italiani ovviamente. Quasi ogni giorni possiamo essere partecipi della Guida Salvini in cui il nostro Capitano ci delizia con le sue avventure gastronomiche: vongole, formaggi, pizze, piatti di pasta, arancini (o arancine?).

 

 

Buongiorno Amici! Grazie a Bruno, incontrato ieri a Massa, per la pizza personalizzata!

Un post condiviso da Matteo Salvini (@matteosalviniofficial) in data:

 

Le mie puntate preferite di 4 Ristoranti con Matteo Salvini? La pizza con la sua faccia e il vino con scritto «Il mio premier è lui!» con la sua foto che fa da sfondo all’etichetta sulla bottiglia (Mussolini style). L’amore per il cibo, esclusivamente italiano, traspare in tutte le sue dirette collegando la tradizione culinaria alla politica: l’agricoltura e la pesca sono citate nella maggior parte dei live, rivendicando il Made in Italy. Addirittura in un video attacca l’Europa dei cibi.

 

 

«Valorizziamo l’agricoltura e la pesca italiana, altro che vini e formaggi francesi o le schifezze che arrivano dal Nord Europa». Il buon mangiare diventa improvvisamente fonte di aggregazione politica e elettorale.

 

Altra caratteristica è quella degli slogan. Salvini non è nuovo all’utilizzo dello slogan tramite hashtag, tutti ci ricordiamo le hit salviniane come #Ruspa o #AndiamoAGovernare. Ultimamente c’è stata un’evoluzione: oltre alle dirette accompagnate sempre da un hashtag di riferimento (ad esempio #UnaSettimanaDaMinistro o #InsiemeSulTetto) una parola d’ordine è emersa nelle prime settimane da neo Ministro: #ChiudiamoIPorti. Partita da Instagram e rilanciata nei live contro le ONG, è la foto di Salvini con l’hashtag in primo piano che colpisce.

 

 

#chiudiamoiporti

Un post condiviso da Matteo Salvini (@matteosalviniofficial) in data:

 

Come si è detto in precedenza nulla è lasciato al caso, il #ChiudiamoIPorti in bianco sullo sfondo rosso è un chiaro riferimento al brand Supreme, tanto in voga negli ultimi tempi e utilizzato principalmente dai rapper. Lanciamo una petizione per vedere il trio delle meraviglie: J-Ax, Fedez e Salvini. Bye bye orecchie.

 

Finisce qui il viaggio nella mente politica e comunicativa di Salvini. Tutte le dirette analizzate vanno dalle 800mila visualizzazioni ai 2,5 milioni. Numeri da prime time televisivo. Io sinceramente alla fine di tutto questo mi sento un po’ Marty McFly e un po’ Super Pigiamino. E voi?

 

Davide Giannì
Classe 1993. Laureando in giurisprudenza. Appassionato di politica, calcio e cinema.
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