Giornalismo in punta di matita: l’esordio di Graphic News
Sul finire dei suoi primi dieci anni, qui compiamo una piccola rivoluzione, abbandonando il nostro formato classico – quello del magazine culturale a cadenza vagamente quotidiana – per presentare ogni mese un solo saggio e un solo racconto. Da queste pagine 24 autori ogni anno proporranno il loro filtro sul reale, manipolando inevitabilmente la personalità di Dude mag: ed è una cosa che ci rende enormemente curiosi.
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Giornalismo in punta di matita: l’esordio di Graphic News

Esce oggi online un’infografica sui morti nel Mediterraneo, ad opera del fumettista Pietro Scarnera. Mediterraneo è l’ultima storia pubblicata da Graphic News, il primo portale di giornalismo a fumetti nato a Bologna lo scorso 26 marzo, da un’idea di Gianluca Costantini ed Elettra Stamboulis dell’associazione Mirada di Ravenna. Tra le notizie che si possono leggere […]

Esce oggi online un’infografica sui morti nel Mediterraneo, ad opera del fumettista Pietro Scarnera. Mediterraneo è l’ultima storia pubblicata da Graphic News, il primo portale di giornalismo a fumetti nato a Bologna lo scorso 26 marzo, da un’idea di Gianluca Costantini ed Elettra Stamboulis dell’associazione Mirada di Ravenna.

Tra le notizie che si possono leggere su Graphic News: un reportage sulla chiusura degli OPG di Emanuele Racca, un’inchiesta sullo stato delle Partite Iva per freelance di Giulia Sagramola, un’inchiesta sulla prostituzione di strada a Bologna o, ancora, un reportage sullo stato dei beni culturali di Ercolano, realizzato da Cristina Portolano.

Temi di società, economia e cultura che nulla hanno da invidiare all’informazione tradizionale.

Per capire cos’è il giornalismo a fumetti e qual è la portata innovativa che può dare all’informazione, abbiamo parlato con Pietro Scarnera e Michele Barbolini, co-fondatori del progetto.

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Un’immagine tratta da Mediterraneo, l’ultima storia uscita su Graphic News.

 

Da dove viene la decisione di creare un sito di Graphic Journalism? Quali erano le premesse?

Pietro: Uno degli obiettivi che ci siamo posti sin dalla partenza del progetto è quello di esplorare le possibilità del graphic journalism, ovvero capire cosa si può fare attraverso questa forma di giornalismo, di cui si sente spesso parlare, ma che in realtà non è ancora stata molto sperimentata. Quando si parla di graphic journalism si menziona quasi sempre – giustamente – Joe Sacco, il fumettista maltese, che però tratta argomenti molto impegnativi, come la guerra o la situazione Palestinese. Quindi la domanda da cui siamo partiti è: cos’altro si può fare con il graphic journalism? Sappiamo che il fumetto può sicuramente affrontare temi molto delicati, ma fare giornalismo non significa solo trattare certi argomenti piuttosto che altri. Con il fumetto si possono fare le interviste? Si può parlare di scienze? Graphic News è la risposta che abbiamo dato a questi interrogativi.

 

In effetti, almeno in Italia, il graphic journalism è conosciuto grazie a Joe Sacco, alle Cartoline di Internazionale o alle storie di non-fiction prodotte dalla casa editrice Becco Giallo. Rispetto a queste esperienze cosa fa GN?

Pietro: Quando parlavo di esplorare le possibilità intendevo proprio farlo unendo le due caratteristiche che identificano giornalismo e fumetto: muoversi sul campo come un giornalista e, al momento di disegnare e raccontare la storia, farlo come un fumettista.

L’etichetta graphic journalism è difficile da definire, così come lo è definire il giornalismo in generale, dato che ci sono diversi modi di farlo.

Noi con questo progetto proviamo ad usare alcuni accorgimenti del giornalismo. In primo luogo, ad esempio, l’attenzione alla scelta delle storie, cercando di rispettare un minimo l’agenda dell’attualità nella pubblicazione; in secondo luogo, quando è possibile, andare sul campo, intervistare i diretti interessati, oppure informarsi in modo approfondito su un tema. Il fumetto in questo senso aiuta: richiedendo un po’ di tempo per essere realizzato, il taglio che si adotta è per forza di cose di approfondimento.

Poi c’è la questione degli autori: quelli che finora hanno lavorato alle storie non hanno una formazione giornalistica, e il nostro ruolo è stato quello di indirizzarli su alcuni aspetti, cercando sempre una mediazione tra le loro inclinazioni e la storia raccontata.

Per esempio, una cosa che funziona molto bene nel graphic journalism è quando chi disegna si inserisce in prima persona nel racconto.

In questo modo la storia diventa forse un po’ strana e ibrida, ma abbiamo verificato che se l’autore è direttamente coinvolto in quanto racconta, il risultato alla fine è migliore. Per questo abbiamo tentato di scegliere gli argomenti insieme agli autori e di trovare insieme a loro un tema che li appassionasse.

Questo per quanto riguarda l’aspetto giornalistico e del racconto. Rispetto a quello del fumetto e del disegno c’è, poi, la questione della grafica e dello stile, che rende il processo più complicato. In questo senso, studiare un tema vuol dire farlo anche dal punto di vista dell’immagine, del cosa si deve disegnare. È un lavoro di ricerca, per certi versi, più complesso dello scrivere un articolo: si tratta di un’altra dimensione del raccontare, di un punto di vista diverso sulla realtà.

 

Secondo te, c’è un valore aggiunto nel raccontare la realtà in questo modo? E se sì, qual è?

Pietro: Non c’è proprio un valore aggiunto, piuttosto un punto di vista diverso e originale che è proprio del fumetto. È un linguaggio i cui limiti possono essere trasformati in pregi, come quello del tempo di realizzazione di una storia, che ti costringe ad approfondire.

Il vantaggio assoluto è che il risultato finale è qualcosa di facilmente leggibile e fruibile da tutti, anche se si parla di temi impegnativi. Questo, però, non fa perdere la profondità: tutte le informazioni che devono essere date ci sono e, in un momento in cui è tutto sembra dover andare più veloce, un racconto del genere è particolarmente efficace.

 

Questo modo di raccontare le cose, in maniera approfondita, va in controtendenza rispetto alle regole del web 2.0, dove spesso la qualità viene sacrificata rispetto alla corsa al “click facile”…

Pietro: Noi non lavoriamo in tempo reale, quindi facciamo proprio una cosa diversa rispetto al giornalismo minuto per minuto. Però secondo me non siamo un caso isolato. Ci sono molte cose sul web che hanno un taglio di approfondimento, ad esempio gli articoli lunghi sono sempre più apprezzati. Credo, anzi, che la corsa al click stia diventando una cosa vecchia e superata.

 

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Come funziona il processo di creazione delle storie?

Pietro: Ovviamente non è semplice trovare un fumettista che abbia una formazione anche giornalistica. Ciò che gli autori possono trovare in Graphic News e non altrove credo sia la possibilità di porre attenzione a una dimensione che magari di solito non approfondiscono.

C’è molto lavoro, soprattutto nella parte iniziale, quando bisogna scegliere l’argomento di cui parlare. Come dicevo prima, bisogna capire quello che interessa a noi come redazione, quello che interessa all’autore e anche cosa si adatta al suo stile grafico. Ad esempio, Marco Garofalo ha realizzato un’intervista immaginaria a Bukowski. Lui ha uno stile molto illustrativo e, secondo noi, il suo modo di disegnare si sposa benissimo con l’argomento scelto.

Diventa abbastanza naturale, quindi, che la scelta del tema da parte di un autore sia anche dettata dal suo stile di disegno.

O ancora, la storia sulle Partite Iva, realizzata da Giulia Sagramola, è nata da una nostra richiesta, perché sapevamo che a lei questo tema sta molto a cuore. In più, mentre ci lavoravamo, il nuove regime dei minimi proposto dal governo Renzi veniva bloccato: in questo modo siamo anche riusciti a stare al passo con la cronaca.

Un altro esempio è quello della chiusura degli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari), di cui tratta la storia di Emanuele Racca. Fino all’ultimo siamo stati attenti a quello che succedeva, perché l’epilogo della vicenda non era scontato. Bisogna sempre essere pronti ad intervenire anche su storie che sono chiuse e allo stesso tempo cercare storie che possano non invecchiare troppo.

Oltre a questo, c’è la questione delle fonti: per noi è importantissimo che ci siano delle fonti certe e che siano riportate adeguatamente, proprio come in una redazione giornalistica. Sempre Giulia Sagramola ha contattato l’ACTA (Associazione Consulenti Terziario Avanzato) e poi è riuscita, in modo molto personale, a inserire nella storia lo scambio di mail avuto con loro (la rappresentante di ACTA è una supereroina, ndr).

 

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Questo mi sembra un punto molto interessante: trasformare un rappresentante di un’associazione in supereroina è una cosa che si può fare solo in un fumetto. In questo senso c’è un valore aggiunto. Secondo voi cos’è che rende autorevole e oggettiva anche una storia con qualche elemento di fantasia come questa?

Pietro: Sì, ma non solo con il fumetto. Lo puoi fare anche con altri linguaggi, ad esempio con un video di animazione. Per me è molto automatico: l’autorevolezza è data dal fatto che tutti gli autori dicono di aver parlato con qualcuno, ossia dichiarano le proprie fonti, così come avviene negli articoli giornalistici classici.

Da fumettista è difficile rispondere: con un linguaggio come il fumetto puoi raccontare tutto e l’autorevolezza non è certo messa in discussione. Ad esempio, nella storia di Giulia Sagramola, la supereroina alla fine si toglie la maschera e si rivela essere un’attivista di ACTA. La finzione e la fantasia, insomma, vengono svelate.

Michele: Sì, ad esempio la scelta di mettere i link che riportino alle fonti alla fine della storia, non è scontata. Però, l’autorevolezza, secondo me, ce la dobbiamo conquistare, soprattutto nei confronti di quei lettori non abituati a leggere fumetti.

Noi ci rivolgiamo ad un pubblico potenzialmente vastissimo. Il rischio è quello di scontare il fatto che alcune testate abbiano una loro autorevolezza a prescindere. Il fumetto, invece, specie per una parte di lettori, rimanda subito alla fiction. Sta proprio in questo, però, la nostra possibilità di costruirci un’autorevolezza, ossia nel disegnare una storia vera attraverso un linguaggio che può raccontare ancora meglio la realtà, non deformarla.

In questo senso, per me la posta in palio è enorme. Per tornare a quello che dicevamo prima, io credo ci sia fame di informazione differente e di qualità, soprattutto in Italia, dove circolano sempre gli stessi titoli, le stesse notizie, gli stessi media, quindi le stesse foto e gli stessi video. Per questo penso che ci possiamo permettere di portare avanti una cosa del genere, che va un po’ contro tutte le leggi del web: non abbiamo aggiornamenti in tempo reale e neanche quotidiani, però vogliamo fare un sito di informazione. Secondo certi parametri questo potrebbe essere un suicidio, invece credo che col tempo – andando anche oltre la dimensione italiana – ci sarà un nutrito numero di persone felici di avere un sito che, anche solo una volta a settimana, offra approfondimenti di qualità e differenti.

 

Secondo voi esiste una fetta di pubblico del fumetto non abituata al fatto che questo possa anche raccontare storie non di finzione?

Pietro: Secondo me il lettore che si trova davanti a uno degli approfondimenti di Graphic News capisce facilmente di cosa si tratta. Semmai il problema può esistere con le persone che non sono abituate a leggere i fumetti in generale, neanche di finzione, e intendo le generazioni più giovani. Se non sai cos’è un fumetto e non lo hai mai letto, è come andare al cinema senza averlo mai fatto prima: ci vai e non capisci nulla di quello che vedi. Credo che il problema delle giovani generazioni che non leggono fumetti sia anche legato alla scarsità dell’offerta del momento: quando ero ragazzo io c’era Dylan Dog, adesso sinceramente non saprei. Forse per i bambini è ancora peggio, penso ci sia poco nel mercato editoriale. Il punto è che il fumetto è un linguaggio e non un genere. Una volta che lo conosci puoi sfruttarlo per esprimere e comprendere le cose più differenti.

Michele: Per questo ci siamo interrogati tanto sul come fare un sito che dia l’idea di essere un sito di informazione, non di fumetti. 

 

E lo dimostra anche il fatto che sulla home page compaiono tutte le sezioni tematiche solitamente presenti nei siti di informazione, dalle news all’economia, passando per la scienza, la cultura e lo sport.

Pietro: Sì, da un lato è una cosa che serve a far capire che c’è un taglio informativo, dall’altro aiuta un po’ anche noi ad avere un equilibrio nel tipo di storie che offriamo.

Ad esempio, pensiamo che il fumetto sia un linguaggio molto adatto, anche se ancora poco esplorato, per spiegare argomenti economici. Infatti, io credo che scienza ed economia siano le due sezioni su cui puntare. Ovviamente, sono temi un po’ più complicati del solito, ma basta trovare gli autori e le fonti giuste.

Michele: Tornando ancora sul fumetto di Giulia Sagramola sulle Partite Iva, quello è un argomento difficile, che così viene reso più fruibile. In questo modo diversi lettori hanno la possibilità di capire cosa sta succedendo in quell’ambito.

 

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Un’altra cosa molto interessante ed innovativa di Graphic News è il formato con cui vengono presentate le storie: c’è stato uno studio dietro?

Pietro: Molti fumetti che si trovano online non sono che la trasposizione di qualcosa pensato per la carta. Quando abbiamo iniziato a pensare a come poteva essere realizzato un sito di fumetti che nascono per il web, abbiamo iniziato a guardare a cosa facevano gli altri. In particolare, in Francia abbiamo visto diverse cose che ci piacevano. Abbiamo, così, identificato due formati, ovvero quello delle slides e quello dello scroll, che secondo noi ci permettono di sperimentare anche dal punto di vista di ideazione della storia.

Inoltre, partendo nel 2015 con un progetto nuovo, volevamo realizzare qualcosa che fosse funzionale non solo per la fruizione dal pc, ma anche dai tablet e dagli smartphone. Gli autori di questo sono molto entusiasti, perché per loro pensare una storia ad hoc per due formati differenti è qualcosa di diverso e nuovo. Neanche noi sappiamo bene tutto quello che si può fare con i vari formati, e la cosa divertente è che gli autori stessi, ora, ci propongono nuovi modi di costruire e visualizzare le storie.

Michele: Il senso è proprio questo: se inizi un progetto totalmente digitale è perché scegli di sfruttare al massimo le possibilità che hai. Il fumetto ci può aiutare a fornire delle nuove forme di fruizione. In questo senso ci piace pensarci come un cantiere, un laboratorio aperto, un posto in cui sperimentare insieme agli autori. Con pochi mezzi stiamo scommettendo su delle cose che vogliono essere innovative. Al momento circolano tanti fumetti sul web ed è interessante veder nascere e sperimentare formati nuovi. Penso sia una sfida molto stimolante anche per autori affermati.

 

Il gruppo fondatore di Graphic News è vincitore del bando Culturability, che vi ha aiutato ad iniziare. Adesso, però, come continuerà a finanziarsi il sito?

Michele: Il sito è il progetto principale di una cooperativa, Pequod, che si occupa di comunicazione a partire dal disegno e dall’illustrazione, offrendo servizi ad enti, istituzioni e aziende. Nel sito non abbiamo la pubblicità, e questa è una scelta molto chiara anche dal punto di vista grafico: volevamo ottenere una certa pulizia, e la pubblicità sarebbe un controsenso.

Abbiamo immaginato altre forme di finanziamento, ad esempio ci piacerebbe iniziare a vendere in Italia e all’estero contenuti che nascono per il sito, all’interno della redazione, sul modello delle agenzie fotografiche. Scommettiamo sul fatto che un lavoro di qualità come questo possa essere vendibile e che possa trovare un mercato.

Pietro: L’idea, inoltre, è di provare a farci conoscere anche all’estero, motivo per cui abbiamo inserito delle storie in inglese, come quella sulla Fiera del Libro per Ragazzi.

Laura Marongiu
Laura Marongiu vive e lavora a Bologna. è autrice e conduttrice di Palomar, un programma di approfondimento sulle realtà culturali indipendenti, in onda ogni lunedì su Radio Città del Capo @_HeyJane
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