Mentre la maggior parte di noi la ignora, negli ultimi anni la community di Youtube Italia è cresciuta a dismisura, diventando al tempo stesso sia una vera e propria piattaforma social sia una “risposta” alla televisione. All’apice di questa piramide virtuale c’è una classe di youtuber ben specifica, quella dei gamers, adolescenti urlanti il cui contributo è quello di immortalarsi mentre giocano ai videogame del momento, calamitando l’attenzione di un pubblico giovane che sogna di poter fare lo stesso.
In effetti basta poco: una consolle, una webcam con microfono e delle capacità di editing video basilari. In molti ci provano, e come fu per l’ondata di rapper involontariamente trash di qualche anno fa, in cui bastava scaricare una base rap per sentirsi un novello Tupac, allo stesso modo il mondo dello Youtube nostrano è piano di ragazzini impegnati a commentare con risultati discutibili le loro imprese davanti ad una telecamera dalla pessima risoluzione.
Ho capito la portata del fenomeno solamente un anno fa, quando mi sono trovato davanti ad un vlog che documentava l’arrivo di uno di questi gamer in una delle varie fiere che li ospitano: folla oceanica, bambini in esagitazione e file interminabili per scattarsi un selfie. L’isteria è tale che ormai, sotto i loro video, sono più i genitori che raccontano la delusione dei figli per lo scatto mancato che il fan che commenta il filmato postato.
Ora, volendo ignorare l’assurdità del successo di questi personaggi, c’è un’altra cosa che mi lascia perplesso, ed è il giro di soldi che si è generato attorno a loro. Nei video presenti sui loro canali ci sono i cosiddetti “spacchettamenti”, l’apertura di pacchetti virtuali che possono contenere giocatori o carte a seconda del gioco in questione. Fatto sta che alcuni di questi pacchetti costano crediti, una moneta virtuale che come nei giochi “pay to win” richiede denaro reale per essere acquisita. Vuoi trovare Cristiano Ronaldo o Messi? Bene, puoi passare qualche anno ad accumulare crediti giocando, o puoi spendere 50€ comprandoli sui siti che pubblicizziamo nei nostri video (una pratica tra l’altro odiata da Electronic Arts).
L’ultima novità però non arriva da Fifa, ma dal gioco per smartphone Clash Royale, prodotto dall’azienda finlandese Supercell, già padre del cult del mobile gaming Clash of Clans; qui, come nel gioco di calcio, il giocatore può trovare alcune carta da usare in game grazie ai “chest’s opening”, l’apertura di forzieri virtuali dal valore variabile, il cui costo è direttamente proporzionato al livello delle carte che si potranno trovare all’interno. In questo caso è il gioco stesso a consentirci di acquistare gemme in cambio di soldi reali, dandoci la possibilità di aggirare qualsiasi tipo di competitività basata sulla bravura, e arrivando a premiare esclusivamente il giocatore con più soldi da spendere. Ma il problema non è questo, da anni nei MMORPG, c’è la possibilità di migliorare il proprio personaggio con acquisti in-game; il problema arriva nel momento in cui uno youtuber con oltre un milione di iscritti pubblica un video in cui si vanta di aver acquistato con “soldi veri” ben 104.541 gemme, che secondo il cambio corrente si aggirano intorno ai 600€ di spesa totale. Non voglio addentrarmi in discorsi populisti sulle famiglie che non arrivano a fine mese, ma mi sembra d’obbligo guardare questo video, in cui il protagonista urla in modo sguaiato all’apertura di ogni singolo baule, con gli occhi del suo spettatore medio, un bambino di 14 anni che vuole diventare come il suddetto youtuber. Che esempio può arrivare da un video del genere?
Spendere centinaia di euro in un gioco che ti dà l’illusione della vittoria, costringendoti a spenderne altri per continuare, senza la certezza che questa possa mai arrivare. Sembra l’iniziazione al gioco d’azzardo, quella che mai come in questo caso un bambino potrebbe vedere come un esempio da seguire. Da frequentatore della community italiana di Youtube non ho mai voluto muovere alcuna critica al mondo dei gamer e ai loro eccessi insensati, convinto che prima o poi sarebbero stati spazzati via dalla prossima moda. Ma davanti al 1.292.992 di visualizzazioni del video qui sotto, viene da pensare che anche Youtube, considerato da alcuni come un atollo felice di creatività e contenuti originali, si sia “piegato” alle logiche del mondo esterno.
Ma qual è la soluzione? Ovviamente non si può “ardere sul rogo” Youtube, ma si possono invitare i suoi creatori di contenuti ad un uso più consapevole della piattaforma, quello che andrebbe richiesto a personaggi pubblici con un’enorme visibilità. Che ci piaccia o meno questi adolescenti dai pochi talenti sono delle star, adorati dal loro pubblico che li segue in massa, comprando i loro gadget ed idolatrandoli al pari di una popstar. Non è quindi giusto pretendere che questi si comportino come tali con tutte le responsabilità del caso? Allo stesso modo, le aziende come Supercell dovrebbero cambiare le loro politiche di promozione, cercando un approccio più responsabile ed evitando di trasformare i loro prodotti in piccole slot machines portatili, abbracciando l’essenza del gaming e non quella del portafogli.