L’affannoso dibattito, ormai di proporzioni continentali, che ha avvolto l’iter di approvazione della legge di bilancio italiana si è intrecciato con quello di più ampio respiro legato alla permanenza del nostro Paese all’interno dell’Eurozona, termine con cui si indica l’insieme degli stati membri dell’Unione Europea che adottano comunemente l’euro come valuta ufficiale e che ha ormai soppiantato nel linguaggio comune il più ammaliante e fiabesco Eurolandia degli esordi. Più essenzialmente, il refrain economico e geopolitico degli ultimi anni insiste su quale moneta adottare convenzionalmente, in ossequio a quella lex monetae che permetterebbe ai cittadini di ogni stato sovrano di scegliere liberamente quale valuta adottare: già Aristotele riportava che «taluni ritengono la moneta un non senso, una semplice convenzione legale, senz’alcun fondamento in natura, perché, cambiato l’accordo tra quelli che se ne servono, non ha più valore alcuno e non è più utile per alcuna delle necessità della vita». Questa essenza si scorge con particolare irruenza in quelle situazioni apocalittiche di iperinflazione, nelle quali la domanda di valuta si annichilisce al punto di causare una vera e propria fuga dalla moneta, il cui esempio storicamente più esemplare è quello della Germania weimariana, con le immagini — onnipresenti nei libri di storia — dei tedeschi dell’epoca alle prese con pacchi e pacchi di cartamoneta per far giocare i bambini o rivestire le pareti.
Senza doversi rifare necessariamente all’esperienza tedesca, con le conseguenze che più o meno tutti sappiamo, ci si può riferire alla storia recente dello Zimbabwe di Robert Mugabe, trovatosi a stampare banconote da centinaia di bilioni di dollari locali e a subire una fase di vera e propria anarchia monetaria, superata solo tre anni fa ufficializzando l’adozione del dollaro statunitense e del rand sudafricano, già adottati (proprio per pratica e dovuta convenzione) nelle transazioni commerciali ed economiche di tutti i giorni.
Un’altra circostanza di notevole prossimità pratica nella quale emerge l’essenza intimamente pattizia della moneta è quella degli acquisti che possono avere luogo a bordo di navi o aeromobili o ancora in quei non-lieux come i duty free degli aeroporti, punti d’incontro tra le convenzioni più comunemente accettate, nei quali oltre alla valuta di bandiera si accettano anche le principali monete e banconote internazionali. Talvolta, l’apertura alle valute internazionali “forti” e dalle convenzioni largamente utilizzate è così ampia da rigettare qualsiasi offerta di valuta interna. Questo avveniva soprattutto negli Intershops della Repubblica Democratica Tedesca, nei Pewex polacchi o nei Berëzka della Russia sovietica, vetrine di prodotti occidentali in terra orientale, in cui la selezione all’ingresso — praticamente limitato a turisti, diplomatici o alte sfere locali — era appunto vincolata dal divieto, squisitamente politico e rispondente anche all’esigenza di accumulare valuta forte, di poter pagare con moneta locale.
Un esempio ulteriore di come la moneta sia di per sé una mera convenzione si può inoltre scorgere guardando al futuro. Non serve soffermarsi troppo sul fenomeno anarchico delle criptovalute, immateriali, globali e locali al tempo stesso, per intuire il bisogno imminente di dover ripensare il ruolo della moneta e il suo rapporto con i singoli e la collettività. Uno stimolo in tal senso ci arriva dai DustyEye, diacronico collettivo artistico di viaggiatori spaziotemporali già salito alla ribalta per un paio di inviti — non raccolti — alla lungimiranza economico-letteraria e per una serie di targhe commemorative a testimonianza del «migliore dei futuri possibili», contraddistinto da androidi emotivamente avanzati e dalla lotta agli apolidi digitali. Per loro stessa ammissione, dichiarano di essere venuti in possesso nel corso del loro ultimo viaggio di un’ingente somma di Ukron, convenzione monetaria universale, valida in ogni angolo del globo e tutt’altro che virtuale, dal tasso di cambio unilateralmente fissato in più di mille euro per ogni unità (1123,58€ contro 1, per la precisione).
Che senso ha accumulare oggi euro, rubli o dollari quando domani tutti accetteranno solo Ukron?
Gli Ukron entreranno in vigore solo nel 2504 quindi per quasi altri cinque secoli avrà ancora molto senso utilizzare le valute correnti. Inoltre, per due anni dopo l’immissione (vale a dire fino al dicembre del 2506) sarà possibile convertire il denaro obsoleto nella nuova valuta globale presso tutte le filiali della Glomegal Bank. Chi sarà ricco in rubli continuerà ad esserlo in Ukron, così come chi sarà ricco in euro sarà anch’egli ricco in Ukron. Apriamo però una parentesi, con questo non vogliamo affatto sostenere che accumulare ricchezza sia tra le nostre ambizioni, anzi, possedere questa ingente somma di denaro avveniristico ci sta mettendo serie difficoltà. Siamo sempre stati abituati ad avere una gestione attenta e responsabile delle finanze, basta un nulla per perdere la testa e darsi al collezionismo di barche a vela e auto sportive. Sarebbe deplorevole. A nostro malgrado, all’improvviso ci troviamo catapultati nel ruolo di multimilionari e non avendo le smanie giustizialiste di Bruce Wayne, nè tanto meno il culto per i beni di lusso non abbiamo trovato soluzioni migliori che distribuire e condividere la nostra Fortuna.
L’Ukron — come riportate — sarà quindi una valuta planetaria. Questo sta a significare un prossimo trionfo del globalismo?
Quando sentiamo parlare di Globalismo il pensiero vola all’hippie troppo facoltoso per essere un hippie che nel 1971 cantava «Imagine there’s no countries, It isn’t hard to do». Oggi probabilmente si commuoverebbe vedendo le stesse insegne delle multinazionali imperversare tra le vie di Manhattan ed ergersi con la medesima arroganza in centro storico a Vercelli. Quanto agli Ukron, in qualità di conio globale, risolveranno tutti quei noiosi problemi di cambio quando si affronterà un viaggio all’estero, annichilendo in un sol colpo la tendendenza di certi esercenti disonesti a dare resti sbagliati ai turisti ancora poco pratici nel maneggiare le valute locali.
Alcune delle vostre opere figurano tra le collezioni della Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma e il Museo di Arte Urbana di Torino, solo per citarne un paio. Si possono per caso acquistare in Ukron?
L’impegno del progetto DustyEye è stato rivolto esclusivamente al processo di Storicizzazione, fondamentale se si vuole lasciare una traccia concreta nella Storia dell’Arte. Tutte le opere in circolazione sono state donate, comprese quelle da te citate. Attenzione, non c’è alcun antagonismo verso il mercato dell’Arte, solo una ferma volontà di trovare percorsi alternativi e per come stiamo procedendo sembra funzionare alla grande. Giusto per sfoggiare qualche traguardo, lo scorso novembre siamo stati inseriti in una tesi di laurea in Storia dell’Arte discussa presso l’Università di Roma Tre a firma del Dott. Alberto Maria Faccia e con Stefano Chiodi nel ruolo di relatore. L’ultimo paragrafo è esclusivamente dedicato alle recenti operazioni DustyEye e arricchito da una breve intervista. Ci sosteniamo con una vita parallela dedita alla routine impiegatizia che sfoggiamo con orgoglio, troppi artisti si vergognano di ammettere che c’è una seconda fonte di reddito che permette loro la sussistenza. Si tratta di una tendenza deleteria e dannosa. Le ore alla scrivania compilando file Excel sono parte integrante del processo creativo e sono la garanzia che ogni progetto non è influenzato dalla legittimissima necessità di pagare le bollette.
Così come i vostri lavori non hanno mai generato profitto, coerentemente vi state impegnando a distribuire questa cartamoneta in giro per il mondo. In che modo?
Assolutamente a caso, senza criterio e senza logica, ma sostenuti da molti amici che appoggiano il progetto e ci aiutano in quest’atto di filantropia aleatoria. Da mesi, per fare un esempio, Alessandro Gori (aka Lo Sgargabonzi) distribuisce centinaia di Ukron al termine di ogni suo live. Michela Giraud si è fatta immortalare in qualche scatto ricoperta dal conio del Futuro, vi consigliamo di andare sul nostro sito a vederla, è talmente seducente che se non ve ne innamorate probabilmente non possedete un cuore. Anche l’amico Valerio Lundini ha ostentato qualche centinaio di Ukron nei suoi profili social, pare sia riuscito a recuperare il cellulare rubato pagando il malvivente con la valuta del Domani. Per concludere gli Ukron hanno riscosso un discreto consenso in ambito Steampunk vuoi per estetica, vuoi per futuribile analogia temporale. In particolare due gruppi dediti all’estetica del futuro a vapore stanno seminando Ukron ad ogni possibile occasione, non possiamo che ringraziarli, si tratta de I Crononauti e Steamporium.
Siete a conoscenza di qualche evento nel Futuro prossimo volete condividere in esclusiva?
Tra non più di quattro anni da oggi Avril Lavigne si unirà ai DustyEye mossa da un’irrefrenabile fascinazione per noi, celebreremo un simbolico sposalizio sulle scogliere di Kork (Irlanda). No, purtroppo non è vero. Nel Futuro non è previsto nulla di tutto questo, ma se possiamo lanciare un appello: Avril, sei incantevole e possiedi un’ugola d’usignolo. Dai tempi di Complicated ti sognamo incessantemente. Ciao Avril, se leggi quest’intervista scrivici.