Nonostante l’euforia generale nata dall’annuncio dell’arrivo di Netflix in Italia, esiste più di un dubbio intorno allo sbarco dell’internet tv di Reed Hastings fissato per il 22 Ottobre, nel nostro paese. Di cosa si tratterà veramente? Ecco qualche informazione preliminare.
L’offerta si compone di tre possibili pacchetti: uno piano “Base”, con una sessione di streaming alla volta e definizione standard a 7,99€ al mese, uno “Standard”, con due sessioni di streaming contemporanee e alta definizione a 9,99€ e uno “Premium”, che consentirà quattro sessioni di streaming alla volta e la visione in Ultra HD 4K, il tutto a 11,99€ mensili. Al momento del suo lancio sarà possibile vedere Netflix da una serie di piattaforme, tra cui SmartTV, tablet, computer e alcune console, oltre a diverse promozioni con Tim e Vodafone, che daranno modo di vedere Netflix con il decoder TIMvision o di avere agevolazioni tariffarie sulle connessioni 4G e fibra ottica. Ma cosa ci sarà su Netflix?
Ed è qui che nascono i primi dubbi, perché seguendo le parole del comunicato stampa sembra che l’accento sarà posto soprattutto sulle produzioni originali, film e telefilm prodotti direttamente dal colosso di Reed Hastings. Ovviamente non c’è nulla di male in questo, anche perché negli ultimi anni i prodotti originali Netflix hanno conosciuto un enorme incremento qualitativo e di popolarità: da House of Cards e Orange is the New Black agli Emmy, a Beasts of No Nation al Festival di Venezia. Il problema è che i progressivi ritardi nel lancio della piattaforma nel nostro paese hanno portato a una diaspora dei contenuti, con il risultato di un catalogo zoppo, privo delle sue due serie principali, House of Cards e Orange is the New Black, in onda rispettivamente su Sky Atlantic e Mediaset Infinity.
È ovvio che l’idea è quella di riportarli alla base il prima possibile, ma lanciare Netflix senza le sue due serie principali è un rischio bello grosso. Proveranno a metterci una toppa gli altri nomi del catalogo, da Daredevil a Sense8, tutti prodotti già “andati in onda” sui monitor degli appassionati e di troppo poco richiamo per poter costituire una vera attrattiva per il potenziale pubblico.
Anche il versante film non si presenta nel migliore dei modi, vittima di alcuni accordi tra le case di produzione e la concorrenza. C’è ad esempio quello tra Universal, Warner e Mediaset, che arricchirà la libreria dei clienti Infinity con serie come The Big Bang Theory o Friends, e franchise cinematografici come Harry Potter o Jurassic Park, il cui ultimo capitolo è diventato il terzo maggior incasso nella storia del cinema.
L’abitudine allo streaming illegale – non lo dimentichiamo – è poi insita nel dna dello spettatore italiano, che ha fatto di necessità virtù, adattandosi ai tempi delle messe in onda italiane spesso troppo distanti rispetto a quelle originali, o semplicemente a servizi legali dall’offerta troppo frammentaria. Cercare di convincere il paese europeo con la percentuale di pirateria più alta a rinunciare alle proprie abitudini non è cosa facile, specialmente se ci si presenta alla linea di partenza con un catalogo privo di film e serie tv più vecchie, quelle che solitamente danno il via a rewatch lunghi interi weekend, o maratone di intere trilogie, ma soprattutto che costituiscono quei contenuti difficili da reperire online. Da questo punto di vista è particolarmente significativa l’esperienza di Netflix in Francia, in cui il servizio di Reed Hastings non ha certo brillato per abbonamenti, arrivando ad una media di 650 mila abbonati (Netflix non fornisce dati ufficiali in merito), non riuscendo a raggiungere i 700 mila di CanalPlay, l’on demand a pagamento di Canal+. I motivi di questi dati sono in parte quelli sopracitati, con un catalogo inizialmente composto da 3.500 titoli tra film e serie tv, ma essenzialmente privo di blockbuster di qualità o grandi classici. Vi basti pensare che nel catalogo non c’era nessun film di Tarantino e che l’unico film di Fincher era Millenium, forse uno dei meno riusciti del regista americano. Con il passare del tempo l’offerta si è ampliata, continuando a presentare comunque una selezione altamente discutibile e una finestra di sfruttamento dei film presenti in sala di 36 mesi, decisamente troppo lunga. Per avere un’idea più chiara delle offerte di Netflix nei più di cinquanta paesi in cui è presente ci si può fare un giro su Netflixable, sito che raccoglie tutte le nuove release nei cataloghi dei diversi paesi e rende in modo abbastanza chiaro come la portata rivoluzionaria di Netflix sia percepibile praticamente solo negli Stati Uniti, dove il servizio di internet tv conta infatti oltre quarantadue milioni di abbonati dei sessantacinque complessivi. I motivi di questi dati sono ovvi, e ci portano ad un altro dei dubbi in merito allo sbarco di Netflix in Italia: le abitudini. Utilizzare un servizio di tv on demand significa andare oltre in concetto di palinsesto, distruggendolo e rimontandolo a proprio piacimento. Non c’è un flusso di programmi rigidamente ordinati in fasce orarie, ma un’offerta di intrattenimento da vedere dove e quando si vuole. In senso pratico tutto questo si traduce in un servizio che non prevede i classici appuntamenti quotidiani con i notiziari e lo sport, un di più e non un vero e proprio servizio sostitutivo della tv tradizionale. È ovvio che questo non interesserà a chi già conosce il servizio offerto da Netflix, ma potrebbe senza dubbio scoraggiare una grandissima fetta di pubblico generalista, più votata a rimanere su un servizio tradizionale come il satellitare.
Mi rendo conto che questo non è un problema “di Netflix”, ma il segno di una mentalità arcaica insita nei consumatori italiani che, diversamente da quelli americani, hanno sempre dimostrato una certa refrattarietà verso la tecnologia. Similmente a quanto accaduto in Francia, un altro grande ostacolo potrebbe essere rappresentato dalle connessioni internet italiane, non sempre performanti quanto dovrebbero. Nel breve periodo in cui ho avuto modo di provare il servizio Netflix americano mi sono accorto di come anche la mia connessione da sei mega al secondo facesse spesso fatica a caricare i video in alta definizione, costringendomi spesso a mettere in pausa i video per poi aspettare una mezz’ora prima di farlo ripartire in pace. Ovviamente non conosco le connessioni di chi mi legge, ma so per esperienza diretta che molti potenziali abbonati faticano ad utilizzare gli attuali servizi di streaming, legali e non, proprio a causa di connessioni non perfette (e chi vi scrive non parla neanche della provincia, ma della Capitale).
Nonostante tanti dubbi c’è comunque un lato positivo nell’avvento di Netflix nel nostro paese, ed è quello di poter costituire un ulteriore colpo al muro di vecchiume che rinchiude l’intrattenimento italiano.
Così come Sky ha portato in Italia produzioni originali di alto livello, da Gomorra al prossimo The Young Pope, si spera che allo stesso modo Netflix sia in grado di dare spazio a tutte quelle voci che solitamente non trovano posto nei grigi palinsesti dei network tradizionali.
Nonostante le aspettative altissime di gran parte del web e l’euforia generale, sarebbe meglio avvicinarsi con cautela ad un servizio che, almeno inizialmente, non costituirà la grande rivoluzione sperata da tanti. Aspettiamo il 22 Ottobre per eventuali smentite, ma c’è il rischio che la vostra serata di “Netflix and chill” debba essere rimandata a data da destinarsi.