Supplemento al supplemento al dizionario italiano di Bruno Munari
Sul finire dei suoi primi dieci anni, qui compiamo una piccola rivoluzione, abbandonando il nostro formato classico – quello del magazine culturale a cadenza vagamente quotidiana – per presentare ogni mese un solo saggio e un solo racconto. Da queste pagine 24 autori ogni anno proporranno il loro filtro sul reale, manipolando inevitabilmente la personalità di Dude mag: ed è una cosa che ci rende enormemente curiosi.
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Supplemento al supplemento al dizionario italiano di Bruno Munari

Abbiamo aggiornato il supplemento al dizionario italiano di Bruno Munari.

Un italiano parla più con i gesti che con le parole e forse noi stessi, facendone largo ed istintivo uso, non ci rendiamo conto della nostra abilità nel guarnire un discorso usando le mani e i loro possibili movimenti.

Non è poi così lontano il 2013, quando il New York Times preparò i suoi lettori americani alla gestualità made in Italy con un articolo pubblicato sulle sue pagine. Il fare di alcuni dei nostri più caratteristici politici quali Silvio Berlusconi, Umberto Bossi e Nichi Vendola, aveva incuriosito il giornale che, interessato al caso, aveva chiamato a rapporto professionisti del mestiere per cercare qualche risposta.

La professoressa Isabella Poggi del dipartimento di Psicologia di RomaTre, interpellata dal giornale americano, aveva identificato circa 250 gesti che gli italiani usano nelle conversazioni di tutti i giorni per enfatizzare i loro discorsi. Azioni così naturali che sembrano scorrere direttamente nel sangue dei posteri di Dante Alighieri. Le teorie sulle ragioni di quest’indole sono numerose: c’è chi afferma che quest’abitudine a gesticolare sia nata negli anni dell’occupazione straniera come necessità per comunicare tra italiani senza farsi capire; c’è chi, come Adam Kenton, direttore della rivista Gesture, sostiene che città come Napoli, sovrappopolate, possano essere state la culla del gesticolare italiano, «un modo per attirare l’attenzione usando anche il corpo».

È invece assai lontano l’anno in cui la Stamperia e Cartiera del Fibreno, a Napoli, stampò un volume di 380 pagine con 19 illustrazioni realizzato dal Canonico Andrea de Jorio. Era il 1832 e il testo si intitolava La mimica degli antichi investigata nel gestire napoletano. Alla fine del trattato, prima del piacere della visione delle illustrazioni, Giuseppangiolo del Forno scriveva riguardo l’autore: «[…] ha saputo con immensa fatica interpretare, e delucidare i gesti degli antichi né i vasi, nelle pitture, né i bassi rilievi, nelle Opere de’ classici Autori ecc ecc. Si è sforzato inoltre con ragioni convincentissime dimostrare che, la Mimica da loro usata abbia tutto il rapporto, ed ogni convenienza con gli atteggiamenti del popolo Napoletano, Colonia un tempo della gloriosa Atene». In questo volume l’autore difatti esamina i vari modi in cui è possibile esprimersi senza parlare a Napoli. Non solo prendendo in considerazione le mani, ma anche il viso e tutte le movenze del corpo.

Un lavoro così eccellente, per le sue intuizioni e per i suoi disegni, da non essere stato sottovalutato da un grande personaggio del Novecento italiano: Bruno Munari. L’artista e designer italiano cita infatti il volume in una delle sue opere più celebri legate appunto alla gestualità italiana: Supplemento al Dizionario Italiano. La prima edizione, non in commercio, fu commissionata a Munari dall’azienda Carpano di Torino nel 1958. Non a caso, in quell’edizione, era presente tra i gesti quello per ordinare il famoso vermout della Carpano. Una vera e propria azione di marketing. Nel 1963, Muggiani, editore di altri iconici libri dell’autore, ne pubblicò una seconda edizione, in cui furono aggiunti 20 gesti e le relative illustrazioni prese in prestito dalla ricerca sui gesti di Canonico Andrea De Jorio. Infine Corraini Editore lo ripropose nel 1999 nella sua attuale edizione.

Munari, osservando il volume di De Jorio, intuisce che col passare del tempo e il diffondersi dei napoletani sul territorio italiano, molti di quegli antichi gesti sono diventati di uso nazionale. Così come alcuni gesti appartenenti a culture non mediterranee si sono introdotti pian piano nella gestualità italiana, tipo l’«ok» di derivazione americana.

Seguendo quindi il pensiero di Munari e attingendo alle fonti più scientifiche che abbiamo sopracitato riguardo questa gestualità italiana, possiamo affermare che il modo di esprimersi corporalmente del nostro popolo è in continua evoluzione.

Ripronendo lo schema utilizzato da Munari nel suo testo – la rappresentazione del gesto con relativa spiegazione autoironica – vi proponiamo alcuni movimenti delle mani che sono rimasti fuori dal lavoro di analisi di Munari, ma che fanno parte del dizionario non verbale italiano.

 

«Poi ci sentiamo per telefono»

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La mano simula la forma della cornetta del telefono e viene avvicinata all’orecchio.

Il gesto che rappresentava la telefonata veniva già incluso nel testo di Munari, ma rappresentato in maniera diversa a causa della differente forma dell’apparecchio telefonico. Ai tempi delle prime edizioni il telefono era quello con disco combinatore: di fatto nel gesto la mano indicava l’orecchio e l’indice formava dei movimenti circolari come se componesse un numero di telefono.

 

«Bravo eh!»

bravo

Le mani si toccano applaudendo in modo sarcastico. Questo gesto, infatti, esprime tutto tranne che l’intento di fare i complimenti a chi ci è di fronte.

 

«Scusa!»

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La mano si alza d’istinto con il palmo rivolto a chi son riferite le scuse. Molto simile al gesto «Aspetta un momento» rappresentato da Munari, viene effettivamente molto usato nel traffico per chiedere scusa all’autista della macchina accanto in caso di sgarbo o di mancato rispetto del codice stradale.

 

«Grattacapo»

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La mano si avvicina alla testa, fonte di problemi, e comincia a grattare.

Il gesto viene usato specialmente per esprimere un momento di disagio nel quale non si trova la soluzione di un problema.

 

«Strambo!»

STRAMBO

La mano si avvicina all’orecchio e compie dei movimenti circolari.

Il gesto indica che qualcuno accanto a noi è matto. Il movimento circolare di fatto cerca di simulare le rotelle del meccanismo del cervello che talvolta si inceppano.

 

«Paura eh!»

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Le punta delle dita della mano si uniscono e si lasciano come per esprimere un senso di strizza. Il gesto viene di fatto compiuto per accusare ironicamente qualcuno vicino a noi di avere paura.

 

«Poi ci scriviamo»

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Le mani si avvicinando come se tenessero uno smartphone e i due pollici si muovono come per simulare la scrittura di un messaggio.

È uno dei gesti più giovani, nato assieme alle tecnologie più recenti, per questo non viene sempre capito dagli over 50.

 

«Gnorri»

gnorri

L’indice punta in alto e gira mentre il resto delle dita si chiude a pugno sulla mano. Generalmente compiuto insieme ad uno sguardo vago e ad un fischiettio fintamente rilassato, il gesto indica il vano tentativo di far credere di essere ignari della situazione appena accaduta.

Elena Fortunati
Nasce in un paesino della provincia romana nel 1988. Laureata alla magistrale in Storia dell'Arte contemporanea all'Università di Roma La Sapienza, ha collaborato con Collater.al, Dude Mag, Vice e Inside Art. Sotto lo pseudonimo aupres de toi, lascia dal 2011 nel web immagini fotografiche. Fonda nel 2016 contemporary.rome.
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