L’ironia degli eventi rende sempre tutto più surreale e mentre ci rincorriamo a vicenda per scoprire l’orario del suo Eurostar sorrido. Passi un ora a parlare di viaggi e ti ritrovi a finire l’intervista rincorrendo un treno. Pensi che se fosse un film sarebbe un finale davvero scontato. Un altoparlante ci svela il binario e, in ritardo, corriamo verso un treno la cui destinazione è ancora piuttosto incerta. Siamo carichi di speranza. Da buon pendolare ho quasi la sensazione di giocare in casa mentre mi muovo tra i turisti che galleggiano sotto la gigantesca insegna “Ciao”. La tranquillità di questo vantaggio sportivo, senza troppa premeditazione, mi ricorda una domanda che avevo tralasciato. Mi sembra ancora stupida e ora che l’ho conosciuto e che il personaggio è diventato persona mi sembra sia anche inadeguata. Ma sono qui e non trovo un motivo troppo convincente per non fargliela, decido almeno di aggirare il lato più personale della faccenda per pulirmi un po’ la coscienza. “Se dovessi incontrare qualcuno che ha paura di volare, cosa gli diresti?” Mi risponde distratto che non dovrebbe aver paura, che volare oggi è più sicuro che viaggiare in macchina (in realtà sto correggendo un interessante lapsus in cui diceva aeroplano) e prosegue per qualche metro col viso stanco. Dietro i suoi strani occhiali da sole filtra quello strano disinteresse che non ti aspetteresti da uno come lui, poi qualcosa si illumina e mi dice:
«Ah io sono Laziale anche, dal 1997, la prima partita l’ho vista a Milano, Milan-Lazio, con Beppe Signori. Poi sono rimasto laziale per via di Eriksson. Una volta ho portato in aereo tutta la squadra, siamo andati a Rotterdam nel 2000 per la Champions League, Eriksson ha volato con me in cabina, i giocatori stavano riposando.»
Sorrido di nuovo pensando che questa piccola ammissione spontanea racconta Thomas Salme più di qualsiasi altra elucubrazione sul cosa può voler dire volare. E che forse per farmi convincere avrei dovuto incontrarlo qualche anno prima, quando il cielo era ancora la sua passione.
Incontro Thomas Salme di pomeriggio, è con il suo amico Massimo e i due bevono birra di fronte ad un bar che sembra chiuso. Lui è vestito da perfetto turista americano: cappellino e occhiali da sole, sorrisone e pelle di latte. È affabile e alla mano, capisco subito che la sua storia non è poi così irrealistica. Thomas ha pilotato aerei di linea per anni e non ha mai avuto la licenza per farlo. È diventato persino comandante. Un anno fa lo hanno scoperto e ora non può più volare. Mi siedo anche io e cominciamo quasi subito.
Qual’è stato il tuo primo volo da Pilota?
Milano-Napoli.
Come è andata?
Bene, pensavo solo a fare il mio lavoro molto bene, come con ogni nuovo lavoro. Ero molto stanco. Era tutto nuovo e per di più non parlavo italiano.
Da dove nasce questa tua passione?
In Svezia, quando ero piccolo, un giorno mio padre mi ha portato in aeroporto dall’altra parte della città, per fare un pic nic e delle foto. Siamo andati e mi sono innamorato. Non degli aeroplani, perché io non ho mai voluto essere un pilota dell’aeronautica, ma dei colori delle diverse compagnie. Le vedevo decollare e pensavo che magari andavano a New York o magari a Hong Kong, e vedere questo era come vedere il mondo. Abitavo nella periferia di Stoccolma, dove c’è molta criminalità, jugoslavi, greci, turchi, inizialmente avevo paura persino di andare a scuola, però alla fine siamo diventati tutti amici. Andavo a casa loro e loro erano simpaticissimi. Era quasi come viaggiare. Ricordo che ero molto povero, tutti avevano delle Volvo, delle Ford o delle Toyota e mio papà, che era davvero unico e io me ne vergognavo, aveva comprato un’Alfa Sud, prima una rossa, poi una gialla. Quello era il nostro modo di essere diversi come svedesi. La prima volta che abbiamo viaggiato in aereo siamo andati a Madeira, a 11 o 12 anni.
Da piccolo come coltivavi questo desiderio?
A casa compravo i libri degli incidenti aerei, li ho imparato tantissime cose, per non fare i loro stessi errori. Amavo anche la meteorologia, facevo windsurf, un feeling molto simile al volo, mi piacciono molto gli uragani. Studiavo ed imparavo tutto da solo.
E quando hai cominciato a mentire?
La mia storia dipende dal destino, ho chiamato una sera un tecnico che lavorava per l’aviazione e gli ho detto una bugia: sono un pilota senza lavoro, sapevo che di notte non usavano molto i simulatori, così magari potevo fare una prova, lui mi ha risposto: “Dai vieni!”. Ero il primo a chiedere. Eravamo in Svezia, prima dell’11 settembre e con poca criminalità. Lui mi ha fatto andare sul D80. Era la prima volta e ho capito che non capivo nulla. Fino ad allora avevo provato solo il videogioco Microsoft Flight Simulator e con un vecchio monitor a tubo catodico, neanche a colori. Quando sono salito lui mise Stoccolma come destinazione, io invece chiesi di mettere il JFK di New York, perché volevo andare via, viaggiare.
E poi per 13 anni hai pilotato aerei di linea senza avere una licenza.
Fu come salire su un treno dal quale non potevo scendere. Dopo due anni mi hanno fatto comandante alla Air One, e potevo anche volare per Reggio e Pantelleria (due degli aeroporti considerati “speciali” dall’aviazione italiana per via della particolare difficoltà dell’atterraggio ndr), ho volato in tutto il mondo con una licenza fatta in casa, tagliata con le forbici e senza timbro. Tutti l’hanno accettata, per me è molto importante dire che non è solo l’Italia ad averla accettata, la stessa cagata l’hanno fatta anche in Germania e Inghilterra. Tutto senza timbro. C’era scritto STAMP, ma io non avevo niente e quindi l’ho lasciato così, un po’ infantile.
Anche loro non ci scherzavano.
Io ero in un mio sogno, in Germania hanno avuto l’anno scorso una grossa riunione europea di sicurezza sul volo per cambiare il sistema delle licenze. Provano vergogna. Era così facile, bastava chiamare, controllare, e scoprire che il mio numero, quello di Thomas Salme, non esiste.
Inoltre come punizione dopo averti scoperto ti hanno proibito di volare per un anno. Mi suona strano.
Io non ho capito, non potrei comunque volare, non ho la licenza. (Ride)
È mai successo qualcosa di strano mentre eri pilota?
Una volta sono atterrato a Pantelleria ed un aquila è entrata nel motore, è esploso ma sono atterrato comunque. Mi ha denunciato il WWF, ho ucciso una delle due specie più importanti.
Il sogno di volare si interrompe ad Amsterdam, durante dei banali controlli di routine la polizia scopre che la tua licenza non è regolare. A leggere come è andata sembra quasi ti sia consegnato alle autorità, come se non aspettassi altro.
È stato come partorire. Per 13 anni nessuno sapeva nulla, non ce la facevo più. Non è stata una cosa bella.
Torneresti a volare ora?
Mai dire mai nella vita, io ero comandante, più di 10.000 ore di volo, la mia storia è finita bene, mai successo niente, mai fatto male a nessuno, per me è un capitolo chiuso, volo solo come passeggero.
Non ti manca?
In questo momento non mi manca niente, l’ho fatto per tanti anni, e comunque sono una persona a cui piace avere un sogno. Quando realizzo un sogno non è mai come averlo.
E intanto infatti ne coltivavi un altro di sogno, la fotografia.
Ho aperto lo studio fotografico 5 anni fa, facevo part time perché continuavo a volare, ero capo pilota ma volevo smettere di volare per poter fotografare, ogni volta il telefono chiamava dall’ufficio turni e pensavo: «Loro sanno!».
Cosa ti piace fotografare?
Faccio sfilate. Prima facevo foto per una rivista chiamata Malibu Lifestyle, vicino Los Angeles, facevo le sfilate di Frankie Morello, Byblos, con i nomi più grandi, che pero mi hanno un po’ stufato, adesso faccio calendari per una rivista di Chicago. Il tema è Live as one.
Che connessione c’è tra la fotografia e il volo?
La cosa che le accomuna per me è vedere il mondo.
Lo sguardo?
Magari anche scappare via dalla verità, in ogni posto che vado, e sono stato nei posti peggiori e migliori del mondo come Sud America o New York, non mi è successo mai niente. Sono fortunato, però molto è dovuto al fatto che sono molto curioso, si, penso sia grazie alla curiosità. Volare e la fotografia sono la stessa cosa, se mi metti domani in un ufficio sono morto. Vivere il mondo è come leggere un libro, se tu non viaggi è come leggere solo alcune parti. Voglio conoscere altre culture, mi piace vedere le cose che non tutti vedono. Forse perché sono cresciuto in una zona brutta, volevo uscirne fuori.
E ora per molti sei un eroe, quando ti hanno messo in prigione le persone facevano la fila per stringerti la mano.
Da quando mi hanno preso in Olanda, fino ad adesso mi sono arrivate un sacco di richieste di amicizia su Facebook e un sacco di email. Perché sono un pirata buono, contro il sistema. Tanti non possono fare quello che gli piacerebbe fare. Sognano e vedono che io ho realizzato il mio sogno. Non dico che bisogna fare cose illegali, ma qualche volta, ogni dieci o venti anni, serve un Thomas Salme. Per vedere che il sistema non sempre funziona.
E ora il tuo sogno qual è?
Ora il mio sogno è la fotografia, mi piace sempre avere un punto di arrivo. Nella fotografia come in tutto sono autodidatta. Prima facevo musica e come testimone del mio matrimonio c’era Christian Lundin. Scrive musica e produce per BackStreet Boys, Celine Dion, Britney Spears, NSYNC. Ci siamo visti a Los Angeles di recente. Facevamo entrambi musica ma io non ero bravo come lui. Ora mi ha chiesto se può fare la musica per il film che faranno sulla mia storia ed è questo che mi piace, nessuna delle persone che ho conosciuto adesso mi sputa in faccia per aver mentito.
So che stai progettando un film e un libro sulla tua storia, c’e’ una scena che non dovrebbe assolutamente mancare?
Quando mi hanno preso all’aeroporto di Amsterdam, ero tranquillo giusto? In un film mi immaginerei sulla pista, con la polizia che mi insegue durante una fuga, un po’ più drammatico insomma.
Quindi ti dipingeresti come uno che è scappato via anche in quella occasione?
Non so perché è finito così, io mi sentivo tranquillo, in un film sarebbe diverso. Dopotutto in questi 13 anni sono sempre fuggito e nessuno mi ha mai preso.
Ci accorgiamo che si sta facendo tardi, Massimo ci ricorda che Thomas ha il treno tra meno di trenta minuti e che per di più deve passare in hotel a prendere i bagagli, corriamo verso la stazione.
Come vedi questa improvvisa popolarità?
Io sono sereno, non ho detto che qualcuno mi picchiava, né mi sono preso la responsabilità di essere buono o cattivo. Se qualcuno mi dice che sono stato pericoloso gli risponderei no, passavo tutti i controlli.
Con tua moglie come è andata?
L’ho conosciuta in Italia dopo due mesi, è Calabrese. Adesso siamo separati da 4 anni, abbiamo due figli ed un ottimo rapporto. Lei vive sempre a Milano, spesso ci prendiamo una birra assieme, i bambini dormono con me quando vogliono. Parliamo a telefono ogni giorno, abbiamo due caratteri diversi.
Le donne del sud possono essere particolari. So’ toste.
Non vorrei dire niente. (Ride)
No vabbè è così, fidati. Tu hai un carattere abbastanza compatibile pero’.
Si ma io viaggio e faccio foto a modelle. A volte nascono gelosie.
Cosa ti attira cosi’ tanto delle foto?
Mi piace creare, sono una persona creativa. È molto facile poi, tu non devi dimostrare chi sei, basta che fai una foto, la fai vedere e o ti piace o non ti piace. Non bisogna spiegare nulla. Questa è la bellezza della fotografia. Le foto belle poi sono difficili e mi piace lavorare con le luci, anche con le persone, vado d’accordo con tutti.
È anche quello un modo di conoscere e viaggiare?
Esatto. Io voglio fare qualcosa di più nella vita. Non so. Non il politico certo, ma cambiare il mondo. Non so come. Mi piace farlo a modo mio pero’, non seguendo gli altri. La mia storia è quella di una persona che si è fatta furba in maniera sana. La gente mi ha capito per questo.
Io ho l’impressione che tutta la tua storia sia stata come una settimana di vacanza, ti sei voluto divertire per 13 anni, ti sei detto: «Ok, facciamo questa cosa.»
(Ride) Hai ragione, è quasi banale effettivamente.
Siamo interrotti dall’arrivo in stazione e dalla ricerca del treno. Miracolosamente sembra partirà 10 minuti dopo l’orario segnato sul biglietto e quindi abbiamo ancora 10 minuti per raggiungerlo. Thomas è molto soddisfatto della cosa e si rivolge a me con un sorriso.
«Abbiamo ancora 10 minuti, io sono sempre così, il destino mi salva sempre. Tipico della mia vita. Ringrazio veramente Dio. Quando sei fortunato devi fare qualcosa per gli altri. Io ero uno dei pochi comandanti che nel sud Italia, dove c’era più caldo, davo l’acqua a quelli che scaricano i bagagli, loro non se lo dimenticavano e quando ci rincontravamo mi portavano delle arance e del vino. Dalla vita ho imparato che basta poco rispetto e si guadagnano tante cose.»
Ci salutiamo sul treno, io e Massimo torniamo assieme verso la stazione. Mentre camminiamo mi dice che Thomas è la classica dimostrazione di quanto il valore dei titoli sia opinabile, il suo amico ha volato per 13 anni senza una licenza ma ha sempre passato tutti i test pratici con il massimo dei voti, che valore hanno quindi questi pezzi di carta? È un aspetto importante su cui il suo libro e il suo film continueranno ad indagare. Io sono altrove. Ripenso alla leggerezza che traspare dalle parole di una persona che sembra libera. Dal suo sguardo e dal suo volare. Del parlare di se stessi sentendosi banali, ma utili. E intanto mi accorgo di essere in ritardo per un altro appuntamento.
Foto di Thomas Salme.
Foto di copertina di Sergio Proto.