Com’è Revenant?
Sul finire dei suoi primi dieci anni, qui compiamo una piccola rivoluzione, abbandonando il nostro formato classico – quello del magazine culturale a cadenza vagamente quotidiana – per presentare ogni mese un solo saggio e un solo racconto. Da queste pagine 24 autori ogni anno proporranno il loro filtro sul reale, manipolando inevitabilmente la personalità di Dude mag: ed è una cosa che ci rende enormemente curiosi.
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Com’è Revenant?

E com’è Leo DiCaprio nel film che gli è valso il primo Oscar?

Revenant – Redivivo, uscito in Italia lo scorso 16 gennaio, è il nuovo film di Alejandro González Iñárritu, regista messicano tra i più apprezzati del cinema contemporaneo, esponente di un movimento che non è un vero e proprio movimento insieme agli amici e connazionali Alfonso Cuarón e Guillermo Del Toro. Negli ultimi quindici anni circa i tre registi hanno cambiato parecchie cose nel modo di fare cinema a Hollywood. Le ultime due edizioni dei premi Oscar sono state dominate prima da Gravity di Cuarón (7 premi) poi da Birdman di Iñarritu (4 premi), ma l’anno perfetto del trio fu il 2007, quando con i loro tre film Babel (Iñarritu), I figli degli uomini (Cuarón) e Il labirinto del Fauno (Del Toro) raccolsero un totale di sedici nomination e quattro premi Oscar.

 

Che cos’è Revenant

Revenant è la storia della sopravvivenza estrema di Hugh Glass, un esploratore statunitense realmente esistito nel XIX secolo. Glass aveva una moglie indiana, ma è stata uccisa durante un attacco al loro villaggio. Ha cresciuto da solo l’amato figlio Hawk e ha iniziato a  guadagnarsi da vivere facendo da guida nei boschi del Missouri a gruppi di cacciatori di pelli. Durante una di queste missioni abbastanza sfortunata, Glass viene aggredito e ridotto in fin di vita da un grizzly che vuole difendere i suoi cuccioli. Immobile su una barella, con la febbre altissima e una serie di ferite piuttosto orribili, Glass assiste all’omicidio del figlio da parte del mercenario Fitzgerald. Abbandonato da solo nei boschi, trova la forza per rimettersi in piedi e per dare la caccia a Fitzgerald per avere la sua vendetta.

 

Che cosa non è Revenant

Non è una storia vera. O meglio, Hugh Glass è realmente esistito, e su di lui sono circolate tante storie e leggende, al punto che Michael Punke le ha raccolte in un libro, Revenant – La storia vera di Hugh Glass e della sua vendetta, che in Italia è stato pubblicato da Einaudi. Il vero Glass ha vissuto con gli indiani della tribù Pawnee, ma non ci sono prove che abbia avuto un figlio da una loro donna. È stato davvero aggredito e ferito praticamente a morte da un grizzly mentre faceva da tracker a un gruppo di cacciatori di pelli ed è davvero sopravvissuto in mezzo ai boschi da solo dopo essere stato abbandonato da due compagni (tra cui Fitzgerald). Non c’è un figlio ucciso dietro l’ostinata sopravvivenza del vero Glass, solo la voglia di vendicarsi. Una spinta più che sufficiente per trascinarsi per centinaia di chilometri in mezzo alla neve, nutrendosi di insetti e serpenti.

 

Com’è fatto Revenant

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È un film estremo, sotto vari punti di vista. È stato realizzato in condizioni a dir poco proibitive, con temperature che sono scese fino a quaranta gradi sotto lo zero. C’è stato molto nervosismo sul set, Iñárritu avrebbe anche fatto a botte con Tom Hardy (il Fitzgerald del film). Il protagonista assoluto, Leonardo DiCaprio, che interpreta Glass, si è sottoposto ai sacrifici maggiori, subendo ogni giorno sessioni di trucco che duravano fino a quattro o cinque ore per applicare le ferite posticce su tutto il corpo. Ha mangiato un vero fegato di bisonte crudo, è stato ricoperto con migliaia di formiche fatte arrivare apposta sul set per girare una scena che poi è stata pure tagliata, si è preso la febbre, ha recitato con addosso quarantacinque chili di pellicce zuppe d’acqua, ha rischiato l’ipotermia.

Tecnicamente, è stato girato quasi interamente in esterni con un ampio uso della steadycam (la macchina leggera e molto mobile che permette un’ampia libertà di movimento all’operatore), usando solo la luce naturale. Ci sono molti piani sequenza, che sono un marchio di fabbrica del direttore della fotografia Emmanuel Lubezki, anche se non sono tanti come in Birdman. Ha richiesto molti mesi di lavorazione per sfruttare le poche ore di luce naturale “buona” a disposizione. Iñárritu ha praticamente riscritto la storia di Glass per renderla più vicina all’idea che aveva in mente. A scrivere con lui ha chiamato Mark L. Smith, che è uno sceneggiatore che ha lavorato soprattutto sull’horror in passato (e un po’ si vede).

 

Com’è Revenant

È un film di ossessione per la sopravvivenza. Da un lato Glass che fa di tutto per trovare Fitgerald e vendicarsi, dall’altro Fitzgerald invece che fa di tutto per scappare. Ci sono molti, splendidi, momenti di natura immensa e minacciosa che ricordano da vicino il cinema di Terrence Malick, soprattutto quando Glass si lascia andare ai deliri della febbre e si sente la voce fuori campo della moglie morta.

Un designer russo ha fatto notare come parecchi momenti di Revenant siano un omaggio – se non addirittura un plagio – al cinema di Andrej Tarkovskij. Iñárritu ha modificato la storia di Glass quel tanto che gli è bastato per inserire un argomento centrale del suo cinema più recente: la paternità. Ci sono delle sequenze di lirismo trascendente vicino allo spiritualismo dei nativi americani. Volendo, c’è una certa retorica nel contrapporre l’uomo bianco ai pellerossa. I bianchi, statunitensi o francesi che siano, sono tutti cattivi, o comunque deboli, pronti a uccidersi, a sfruttarsi, a tradirsi, a distruggere. Gli indiani, invece, sono buoni, caritatevoli, pronti ad aiutare chiunque. Ovviamente Glass, essendo un pellerossa acquisito, è come loro. Questa mossa un po’ paracula può aiutare Iñárritu in prospettiva Oscar, vista anche la sensibilità dell’Academy alle tematiche razziali e vista soprattutto la polemica per l’#OscarSoWhite che è tornata a scatenarsi su Twitter. Revenant per alcuni è eccessivamente crudele e compiaciuto nella mostra della violenza. Per altri – molti – non è il miglior film di Iñárritu, di certo è ritenuto inferiore a Birdman, e generalmente si crede che sia ancora più evidente che negli altri film quello che è considerato il più grande difetto del regista messicano: l’autocompiacimento, il «guarda quanto sono bravo io». La trama è essenziale, e va bene così, ma forse proprio per questo non ci sono vere svolte.

 

Come sta andando Revenant

Negli Stati Uniti, dove è uscito a inizio gennaio, il film ha superato i centosessanta milioni di dollari di incasso (ne è costati circa centotrenta). In Italia nel primo fine settimana di programmazione è arrivato vicinissimo ai tre milioni di euro, che è un risultato molto buono, considerando che è un film che dura due ore e mezzo. In totale è arrivato a quasi quattordici milioni di euro, ed è ancora proiettato in parecchie sale, nonostante sia uscito da più di un mese. Ovviamente, gran parte del successo è legato alla curiosità per la prova estrema di Leonardo DiCaprio, finalmente premiato con l’Oscar (dopo il Golden Globe e una serie di altri premi), dopo quattro nomination a vuoto.

Revenant era il grande favorito per gli Oscar 2016. Ha raccolto 12 nomination in ogni tipo di categoria, da quelle più tecniche (effetti speciali, trucco, montaggio) a quelle più importanti (miglior film, miglior regia). Il film ha dominato la awards season, agli Oscar è andata un po’ diversamente. Il premio per il miglior film è andato a Il caso Spotlight, Mad Max: Fury Road ha vinto il maggior numero di premi (sei), e Revenant si è dovuto accontentare delle briciole (di gran lusso). A parte DiCaprio, Emmanuel Lubezki, dopo Gravity e Birdman, ha vinto per la fotografia, ed è il primo nella storia a vincere per tre volte di fila il premio nella categoria (forse anche in qualsiasi categoria). Alejandro González Iñárritu ha vinto il premio per la miglior regia ed è entrato nel club ristrettissimo dei registi che hanno vinto il premio per due edizioni di fila (oltre a lui, John Ford nel 1941 e 1942, Joseph Mankiewicz nel 1950 e 1951). Forse è un po’ troppo per Iñárritu, forse quest’anno avrebbe meritato di più la sorprendente regia del settantenne George Miller per Mad Max: Fury Road.

 

Com’è DiCaprio

Se è vero, come si dice su internet, che l’Oscar era diventato un’ossessione per Leonardo DiCaprio, adesso tutti quanti dovranno trovare qualcos’altro di cui parlare. L’ex star di Titanic ha fatto un lavoro incredibile sul corpo, riuscendo a recitare anche da immobile con assoluta credibilità. Il suo Hugh Glass subisce qualsiasi cosa, peggio di Wile Coyote, e sempre si rialza e si rimette in caccia. Per gran parte del film è da solo sullo schermo. Paradossalmente, però, non è la sua interpretazione migliore. Non che non sia una grande prova, ma gli standard di DiCaprio sono altissimi. Nella sua costante eccellenza qui siamo un po’ sotto la media. DiCaprio è (anche) un attore di relazione, ha bisogno di qualcuno accanto, ha bisogno di parlare. Gli mancano i dialoghi. Quando lui e Tom Hardy (straordinario) sono insieme sullo schermo c’è qualcosa di più. Comunque, il tanto atteso momento Oscar-DiCaprio è arrivato, e forse ora potrà dormire più tranquillo.

Francesco Vannutelli
Guarda film e scrive cose su Flanerí, MovieDigger e Film & Dvd. Ha scritto anche dei racconti, alcuni sono finiti in un libro
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