“Love”, una cosa molto simile alla vita reale
Sul finire dei suoi primi dieci anni, qui compiamo una piccola rivoluzione, abbandonando il nostro formato classico – quello del magazine culturale a cadenza vagamente quotidiana – per presentare ogni mese un solo saggio e un solo racconto. Da queste pagine 24 autori ogni anno proporranno il loro filtro sul reale, manipolando inevitabilmente la personalità di Dude mag: ed è una cosa che ci rende enormemente curiosi.
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“Love”, una cosa molto simile alla vita reale

“Love” ci è piaciuto così tanto che abbiamo pensato di riunirci una volta a settimana per scambiarci un po’ di commenti.

Un paio di settimane fa su Netflix è spuntata Love, la nuova serie di Judd Apatow, il regista di 40 anni vergine, lo sceneggiatore di Molto incinta, uno dei produttori esecutivi di Girls, per capirci.

Ci è piaciuto così tanto che abbiamo pensato di riunirci una volta a settimana per scambiarci un po’ di commenti ed incredibilmente siamo riusciti a non ripetere per tutto il tempo «quanto è figa Mickey? Eh?» o «ma secondo voi io ho qualche possibilità con Mickey?».

F: Io vi lascio subito una domanda/provocazione,  principalmente per Valentina e Sebastiano (sono una coppia nel senso romantico del termine n.d.r.): com’è stato vederla insieme? Soprattutto quell’inizio così burrascoso in cui si vede come la gente può rompere davvero per nulla. A me, che vivo una relazione a distanza, ha fatto un po’ strano.

V: Ci infilo subito un po’ di elementi personali: quella sera abbiamo smesso di litigare solo a sigla iniziata. Diciamo che il mood con cui l’abbiamo affrontata era già un po’ catastrofico. Inoltre sapevo che ci sarebbe stata una rottura nei primi minuti e la stavo aspettando, stavo fisicamente in tensione. Guardavo lo schermo del pc e con l’occhio sinistro tenevo sotto controllo le reazioni di Bastiano. Quando Gus e la ex fidanzata precisina si sono trovati in disaccordo per il colore del tappeto  mi sono chiesta se dovessi sentirmi chiamata in causa. A noi succede un miliardo di volte di litigare ferocemente per cose minuscole e arrivare a promettere di lasciarci. Ora, poiché questa non è una seduta di psicoterapia su quanto, in una coppia, la rabbia possa essere catartica, chiudiamo la parentesi biografica, ma mi sembrava significativo confermare la sensazione di Francesco. Un inizio così è particolarmente ansiogeno per una coppia teoricamente consolidata che, però, non è felicemente avviata verso la catalessi borghese ma continua a condividere con i protagonisti quella dimensione di in divenire su altri fronti della vita, due per tutti: quello del lavoro e, come ci dimostra Gus, quello delle velleità artistiche o pseudo tali. Sebbi mi completi? [Sebbi sta bevendo il caffè].

S: Diciamo che l’inizio mi (ci) ha fatto un certo effetto. Come ha notato Francesco, l’incipit rende bene proprio quel concetto che potrebbe sembrare banale: una relazione può arrivare al punto di rottura davvero per una cazzatina. Il tappeto mi è sembrato un correlativo oggettivo perfetto: sono i dettagli a far la differenza, in una coppia.

Non so bene cosa ci aspettassimo da Love e dalla visione di coppia (ormai tutte le serie le guardiamo insieme e su questo si potrebbe scrivere un agile pamphlet dal titolo La vita di coppia ai tempi del binge watching), ma vedere certe dinamiche della vita reale trasportate sullo schermo, forse, ha qualcosa di catartico.

Gran colonna sonora quella di “Love”. Potreste premere play per sentire qualcosa di figo mentre ci leggete.

 

N: Mi sembra molto interessante quello che dice Valentina. Nelle interviste Judd Apatow ha ribadito come desiderasse mettere in scena le relazioni moderne senza filtri. E Love mi è sembrato fin dai primi minuti molto più realistico della sua produzione più famosa, Girls. E più coraggioso. Sia per cosa avviene sia per il come. Aprire una serie con una doppia rottura non è un compito facile, aprire una serie con due rotture legate a problemi quotidiani, ordinari, che si accumulano, accumulano e poi scoppiano quasi per la scelta del colore di un tappeto, ancora di più. Nella prima puntata di Love nessuno muore, nessuno si spara o spara al compagno, non c’è nessun gesto estremo, non assistiamo a nessuna scena madre. Si litiga, c’è chi esce di casa e chi ci rimane: è semplicissimo, tutto all’ordine del giorno ma non per questo meno doloroso.

F: Giusto, anche giustissimo quello che dite.  Volevo tornare sulle prime scene della serie per una considerazione breve; vero che gli episodi (che saranno 10) da 30 minuti suggeriscono una durata limitata e quindi l’esigenza di andar subito al punto, ma un inizio così veloce e in qualche modo sbrigativo non vi sembra dia pochi elementi a chi guarda? Pochi elementi sul “carattere” dei due.

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N: L’avere pochi indizi sul carattere dei personaggi mi sembra un punto di forza della serie. Mi incuriosisce il fatto che non possiamo dire, dopo la prima ora di Love, da che parte stiamo. Per quanto ognuno di noi possa ritrovarsi più vicino a Mickey o più simile a Gus, dei due protagonisti sappiamo poco e niente. Sono persone qualsiasi. In queste prime due puntate Gus è forse il personaggio più piatto: appena lo vediamo ci vengono in mente tutti gli aggettivi più banali che colleghiamo alla parola nerd. Gus è goffo, Gus è introverso, Gus è educato e così via, e questo suo aderire a un modello lo rende quasi un personaggio ‘senza sorprese’. Quando alla festa in piscina confessa a una ragazza appena conosciuta: «Anche quand’ero piccolo, mi comportavo come un adulto. E ora realizzo che ho superato i trenta e mi dico: “Oh mio Dio! Devo recuperare il tempo perso», ci chiediamo se stia dicendo sul serio. E quello che accadrà in seguito ci farà capire che non è un discorso del come recuperare il tempo ‘perso’, ma del con chi passarlo. Mickey è una sorta di Holly Golightly che è riuscita a dare al proprio gatto un nome: Nonno. Una bella ragazza che a tratti ci sembra molto inconcludente e a tratti molto in gamba, dalla quale: «Sperare nell’amore ha rovinato tutta la mia vita» è l’ultima frase che ci aspetteremmo sentir dire. Anche dei loro ex non sappiamo molto di più: Natalie è una precisina insopportabile, Eric è un idiota, niente più e niente meno di qualsiasi altra persona che i loro precedenti partner potrebbero incontrare uscendo di casa. E per il poco che sappiamo dei quattro personaggi principali è difficile immaginare conflitti latenti o prevedere possibili ritorni. Sappiamo solo che sono tutti degli sconclusionati.

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V: Unendo queste ultime considerazioni con la domanda iniziale di Francesco, forse questa sensazione che le due rotture siano arrivate veramente presto senza lasciarci spazio di conoscere prima i personaggi o, meglio, non tanto senza lo spazio di conoscerli perché come nota Natalia il setup c’è ed è tipicamente americano, quanto senza la possibilità di arrivare ad amarli/odiarli unita all’evidenza di assistere alla cosa da una prospettiva di coppia, mi ha messo subito in una condizione precaria del tipo «ma la mia vita di adesso sarebbe tutta prima dell’inizio di questa serie?». E, in qualche modo, siccome sono la lei di una coppia ma anche una lei e basta, va detto che questa seconda dimensione si è fatta sentire. Praticamente sto dicendo che Love è una serie che incoraggia le coppie a separarsi?! No, continuando con la traccia biografica: ho conosciuto Bastiano dopo una rottura simile a quella che succede al principio della prima puntata (lui è il mio “dopo” insomma, non lo dico per un desiderio irrefrenabile di carrambate, ma solo perché vorrei riuscire a terminare la serie da fidanzata), ma è vero che questo inizio solletica moltissimo le parti di noi stufe della mediocrità autoconclusiva di ogni giorno (che è la pretesa di molti prodotti artistici, tra l’altro).

S: A me è piaciuto molto questo inizio rapido in cui, senza conoscere i caratteri dei personaggi, li vediamo mentre succedono delle cose normali. Il modo in cui reagiscono, secondo me, ci dice molto su di loro (quindi applausi agli sceneggiatori). La gestione del rapporto di coppia di Gus è maldestra, è proprio quella di uno che forse per la prima volta è alle prese una relazione adulta. A me ‘sta cosa mi ha colpito parecchio. Non dico che c’è stata un’identificazione immediata con lui, ma forse con la situazione: prima timida convivenza, incertezze, passi falsi, tentativi di tenere insieme le cose.

F: Posso fare un attimo lo stronzo? Potete insultarmi un sacco se volete. Ho notato una specie di “ostentazione di femminismo”, almeno in queste due prime puntate. I mean: Gus è lo sfigato e Nat quella che glielo mette al culo, Mickey nella coppia è quella più matura, l’altro è completamente fuori di capoccia e vive con la madre. Insomma, Mick e Gus non sono sfigati uguali, ma nelle rispettive coppie hanno ruoli diversi. Mi sembra che le donne per ora giochino il ruolo dell’alpha, mentre i maschi ci facciano un po’ la figura degli scemi (spoiler: guarda anche l’orgia mancata).

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N: Sai che non ci ho minimamente pensato a questa cosa? A me sembra che in Love contino più i caratteri dei generi. Mentre in una serie tipo Girls mi sembrava che tutti girassero con i simboletti di Marte e Venere in testa. A me ha incuriosita molto il fatto che alla fine della prima puntata mi sono chiesta: «Ma perché Gus sta con Natalie? Per quale ragione Mickey dovrebbe essere innamorata di Eric?». Sono domande che penso mi sarei fatta anche se Gus fosse stato interpretato da una ragazza e Mickey fosse stata un ragazzo. L’inizio di Love mi ha fatto riflettere sul perché di certe relazioni tra i personaggi, cosa che non mi è successa con moltissime altre serie. Probabilmente solo con Mad Men.

V: Niente insulti! Concordo con Natalia però. Mi pare che i personaggi più che al genere siano legati a certi archetipi o a tipologie di personalità. In Girls l’impressione è di una maggiore piattezza, qui al massimo ho avuto la sensazione di una certa “lentezza”: non in senso negativo, ma come meccanismo (anche comico) di stare dentro e indagare certe sfumature del carattere. 

F: Natalia diceva che «Perché Mickey sta con quell’idiota?» Vero. «Perché Gus sta con Nat?» Vero, ma nel senso opposto. Banalmente il primo impatto che si ha (o che almeno io ho avuto) è: Mickey è palesemente più bella e sveglia del fidanzato, Nat è palesemente più bella e sveglia di Gus (magari più stronza, ma questo è un altro paio di maniche). Da qui il mio pensiero. Poi mi volevo riattaccare alla lentezza di cui parlava Valentina, ma aspetto prima risposta finale su questo argomento.

S: Le domande di Natalia me le sono poste anch’io. Però, e qui dirò una banalità immensa, può starci che i personaggi di una serie non siano tutti bellissimi (e di solito poi i bellissimi si accoppiano tra loro e danno vita a una progenie bella bella in modo assurdo). E forse torniamo a una cosa che qualcuno ha detto prima: non ci sono scene madre, robe eclatanti, è tutto normale, medio direi. Una cosa molto simile alla vita reale.

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N: Sono d’accordissimo con Valentina quando dice della lentezza. A me nel corso delle due puntate, a volte all’inizio, a volte in mezzo, a volte alla fine, è capitato di avere la sensazione che non si parlasse di ‘niente’, tanto erano normali le situazioni descritte. In realtà tutto succede in maniera molto simile a come succede tutti i giorni. In Love c’è lentezza nelle cose che succedono tra i personaggi, nelle cose che succedono ai singoli protagonisti e in quelle che avvengono fuori. Mi sono chiesta perché Mickey dovrebbe passare la sua prima mattina a sentire Eric delirare strafatto sul problema della gente che non riesce più a sedersi, leggere e concentrarsi – problema, tra l’altro, per lui inesistente. La cosa buffa è che sembra non stia succedendo ‘niente’, nulla di eclatante o cruciale, anche quando si incontrano, finalmente, Gus e Mickey, momento che tutti noi sappiamo arriverà e che tutti noi aspettiamo come snodo importante. Proprio sul loro incontro, mi piace che ci sia un dettaglio che può diventare fuorviante: nella prima puntata, L’inizio, la sera Mickey si mette un bel costume rosso intero e sopra solo un paio di jeans, e quando esce di casa sappiamo che anche Gus è fuori, ed è ad una festa in piscina, ma non è lì che si incontreranno. Invece nella seconda puntata, Una lunga giornata, c’è qualcosa che ricorda il dialogo sui film e la vita tra Minnie e Florence in Minnie e Moskowitz di John Cassavetes. Gena Rowlands che col suo maglioncino a collo alto azzurro, gli occhi socchiusi e il viso sfatto che di ritorno dal cinema dice all’amica: «Sai, penso che i film siano una congiura». Gus che nella macchina di Mickey si dimena sul sedile del passeggero, tira fuori dal finestrino tutti i suoi Blu-ray zeppi di contenuti speciali e non riesce a crederci: «I film che ho visto… non sono reali».

Secondo me non è così ostentata la forza delle donne e debolezza degli uomini, o forse ci faccio poco caso io, dopotutto Mickey è una ragazza bella e intelligente, ma di quella bellezza e intelligenza che puoi trovare in una ragazza che conosci una sera a un concerto, non è una super top, non è Kate Moss e nemmeno un genio, e questo la rende per me la bella, scoppiata e credibile. Non c’è nulla di eccezionale nei personaggi e non c’è nulla di eccezionale nelle loro storie, l’immedesimazione è riuscita.

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V: Torno un attimo indietro per una piccola parentesi che (ouch) va un po’ in senso opposto a quello che ho dichiarato prima, ma ho continuato a pensare a questa sensazione che Francesco ha avuto di una disparità nel trattamento narrativo tra uomini e donne. Forse quello che dicevo prima sugli archetipi, nel caso di Mickey va un po’ più in là. E il risultato è un’intrigante allure da film del Sundance, che ci piace ma che, allo stesso tempo, la rende un personaggio meno facile al meccanismo dell’identificazione (soprattutto se confrontato con il buon Gus). A parte il fatto che io mi sono ritrovata in alcune idiosincrasie di Gus, posso ipotizzare che forse – aiuto, picchiatemi – ci fosse una maggiore difficoltà di Apatow a stare vicino a un personaggio femminile, difficoltà che gli è stata per altro già segnalata per alcuni lavori precedenti e che potrebbe dare come esito un personaggio molto compatto, molto affascinante ma un poco meno reale. Mi sono spiegata in qualche modo? 

F: Sì, ci sta come spiegazione. Ritornando alla lentezza di cui parlavamo e quindi muovendo un po’ oltre, l’ho trovata sfacciatamente losangelina. Cioè questi benedetti personaggi trasudano Los Angeles da tutti i pori. TROPPO. Cioè, entrambi lavorano (in un modo o nell’altro) nell’industria dell’intrattenimento/cultura, entrambi vanno in giro con le camicie aperte e le magliette sotto ed entrambi sono in qualche misura scontenti di quello che fanno (dopo apriamo un capitolo sul capo di lei, mito assoluto) e vorrebbero posizioni più importanti e lavori meno merdosi. Tutti e due, come sempre a Los Angeles, aspettano l’occasione della vita che li faccia diventare i nuovi Apatow o Jimmy Fellon o chi per loro. 

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S: Immaginatevi Love ambientato nella bassa bresciana (il riferimento non è casuale: Vale me l’ha dipinta come un postaccio): Gus farebbe il muratore, Mickey la commessa in un centro commerciale. Chiudo questa parentesi cazzona.

V: No la chiudo io dicendo che sono d’accordo con Francesco e che quei riferimenti lo rendono un prodotto di nicchia (che banalità).

S: Visto come funzionano le coppie? Prevaricazione, annichilimento, morte interiore. Torno serio. Dicevamo, verissimo che sono molto losangelini, molto hipsterelli (ma che belle le camicie aperte con la t-shirt sotto, se non facesse freddo le metterei subito). E questo si ricollega a quell’allure Sundance di cui parlava Valentina. Ma non li odio come ho odiato tantissimo i personaggi di Girls (confesso: abbandonata dopo le prime due puntate) e di Transparent (mi riferisco ai tre figli, li avrei pestati a sangue). Qui mi pare un po’ diverso: non sono propriamente artisti, solo lui ha velleità da sceneggiatore (nemmeno poi per un prodotto culturalmente elevato eh). Li sento molto vicini a noi: sono trentenni che stanno cercando il loro posto, sia lavorativamente che sentimentalmente.

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V: Il dove e le professioni sono forse davvero un po’ “troppo” se cerchiamo di portarle fuori dal contesto rarefatto alla Sundance (passate ormai questa generalizzazione) ma sono anche un modo di introdurre il tema, che è poi riassunto nel discorso che fa Mickey alla Casa della Beatitudine. Ovvero una “adultezza” che non riesce ad arrivare perché sarebbe come dire «bene ragazzi, siamo passati dalla potenza all’atto: le vostre vite sono una merda, potete anche stare con i fidanzati che avete, niente rotture, ok il tappeto blu». Funziona?

N: Scusatemi! Torno tra pochissimo, il mio cane ha fatto un casino.

F: Sì, funziona :) Mentre aspettiamo Natalia, possiamo proprio dire due parole su quanto è bella Mickey? Va bene tutto, il Sundace etc. Ma è fighissima. Per me però resta più bella Ruth Wilson di The Affair. Non c’entra ma è più bella.

 

Selfie cause I’m so happy to be wearing @rachelantonoff’s MASH sweater. #selfie #seeeeelfie #seeeeeeeeeeeelfieeeee

Una foto pubblicata da Gillian Jacobs (@gillianjacobs) in data:

Gillian Jacob è stata Britta Perry in “Community”, Mimi Rose in “Girls” ed è bellissima.

 

V: Intanto che Natalia recupera Alfio confermo: è veramente bella, ti fa sentire insignificante (da donna) e ha un costume perfetto per salire sul palco della Casa della Beatitudine.

S: Mickey? Non mi pronuncio, altrimenti le prendo (scherzo eh, c’è libertà di parola come nella Corea del Nord del buon vecchio Kim).

N: A Mickey la cosa che ho invidiato di più sono le sue magnifiche ciabattine da piscina, le Adidas Duramo.

S: Ultima cosa, da applausi la scelta della colonna sonora, quando è partita Gosh di Jamie XX il cuore mi batteva forte.

F: Verissimo, gran gran colonna sonora. Anche nella seconda Puntata c’è un pezzo bomba e molto famoso ma non mi viene.

N: La colonna sonora è super. Per ora l’ho ascoltata sei volte. Do You Love Me Now dei Breeders e I’ll Fight dei Wilco su tutte: il «Do you think of me / like I dream of you?» di Kim Deal e  tutti gli «I’ll go», «I’ll fight», «I’ll kill», «I’ll die» di Jeff Tweedy sono già una serie di infinite stagioni. Vai, facciamo un giro sul personaggio preferito.

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F: Le prime due puntate per me le vince il capo di Mickey. Mi rendo conto rappresenti una caricatura, nessuno si comporterebbe in quel modo nella vita reale (o almeno voglio sperare) ma proprio per tutto quello che abbiamo detto fino ad ora è come se lui si fosse differenziato molto dagli altri e del “mood” generale della serie. È matto, codardo e non si capisce come faccia a fare il capo. Lo amo.

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S: La coppia di amici che vive insieme da un sacco di anni e specifica di non essere gay. Mi hanno fatto ridere e il tipo con la coda di cavallo ha fatto breccia nel mio cuore.

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V: Io segnalo due personaggi secondari chicca: la mamma del cocainomane, che saluta Mickey come se fosse una dodicenne che non stava assolutamente facendo sesso con suo figlio mezzo secondo prima e il tizio coreano del supermarket che non vuole lasciare andare Mickey se non paga subito il caffè. La sua cocciutaggine alla fine è l’elemento che fa incontrare Mickey e Gus e poi lo sbrocco che provoca in lei è bellissimo (non vedo l’ora di mostrare anche io il dito medio alle telecamere in preda a qualche eccesso d’ira).

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N: Il mio personaggio preferito è Arya, l’attrice bambina già fuori testa. Il suo vestitino a pois rosa, il fiocchetto nero che le pende lento intorno al collo e la battuta con la quale entra in scena: «Ma madre, perché il Lupo mi sta seguendo?», detta senza alcun tipo di coinvolgimento davanti a un cane lupo che guarda nel vuoto, sono tra le combinazioni impeccabili delle prime due puntate di Love.

 

A cura di Francesco Abazia, Sebastiano Iannizzotto, Natalia La Terza, Valentina Rivetti.

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