Associare James Bond al femminismo è quantomeno azzardato, ma evidenziarne l’evoluzione psicologica e caratteriale avvenuta negli ultimi anni è quasi un obbligo.
Mentre nelle sale italiane esce Spectre, sembra essere ormai arrivata al termine l’esperienza di Daniel Craig nei panni della spia al servizio di sua maestà; un’avventura iniziata nove anni fa con Casino Royale di Martin Campbell e poi portata avanti con Quantum of Solace e Skyfall, rispettivamente di Marc Foster e Sam Mendes, regista anche di questo ultimo capitolo. Nonostante il massiccio avvicendarsi in cabina di regia, il “ciclo Craig” ha portato ad un rinnovamento del personaggio stilistico ma soprattutto caratteriale, un’evoluzione arrivata a compimento con Spectre e con l’ideale chiusura di un cerchio iniziato anni fa.
Durante la promozione di Spectre, Daniel Craig ha avuto modo di parlare con la stampa del suo personaggio, andando oltre le solite frasi sulla coolness bondiana e affermando senza tanti giri di parole che il personaggio inventato da Ian Fleming è un “sessista, misogino e perdente”. Un colpo non da poco per un’icona del cinema da sempre associata ad uno stile di vita fatto di grandi sponsor legati al mondo maschile: dagli orologi Omega ai rasoi Gillette, fino alla birra Heineken e alla vodka Belvedere; in una gigantesca operazione di marketing che ha fruttato più di 5 miliardi di dollari nel corso degli ultimi quarant’anni. L’identità misogina di Bond è quindi sempre stata parte integrante del personaggio, sfruttata per fini commerciali e mai nascosta dai film.
«sexist, misogynist dinosaur»
Era il 1995 quando la prima M. donna della storia (Judi Dench) si rivolgeva al Bond di Pierce Brosnan definendolo un “dinosauro sessista e misogino”. Da quella battuta di Goldeneye siamo adesso arrivati a Spectre, nel quale il villan interpretato da Christoph Waltz ironizza sulle abitudini donnaiole della sua nemesi, reo di passare da una donna all’altra, fino a confonderne i volti.
Nei vent’anni che dividono i due film il personaggio ha però subito una lenta e costante evoluzione volta all’umanizzazione di quella che era un’opera letteraria scritta negli anni ’50 e per questo incastrata negli ideali di quel periodo.
Un grafico pubblicato dal The Economist ha messo in evidenza come le versioni più datate del Bond cinematografico, quelle di Connery e Moore, preferissero il flirt agli alcolici e alle armi da fuoco, mentre l’ultima incarnazione di Daniel Craig ne esce fuori come un alcolizzato con il grilletto facile. Il motivo di questo cambiamento va ricercato nell’evoluzione del personaggio, non più una spia impeccabile e, se vogliamo, poco credibile, ma un uomo fragile e vero, che piange nella famosa scena della doccia di Casino Royale e si lega sentimentalmente a donne che vengono uccise sotto i suoi occhi. Anche il ruolo delle figure femminili è cambiato insieme a Bond, passando da intrattenimento per l’agente al servizio di sua maestà a necessità per un uomo solo. La bond-girl si è progressivamente evoluta, ricevendo un colpo decisivo dal casting di Monica Bellucci, la prima donna sopra i cinquant’anni ad essere ingaggiata per un ruolo del genere in un film della saga (l’attrice ha anche dichiarato «Non sono una bond-girl, sono una bond-woman»).
Lo stesso Craig ha parlato di Bond come di un essere “fucking lonely”, vittima delle proprie insicurezze e per questo bisognoso di circondarsi di certezze, di rifugiarsi nella dimensione in cui più si sente al sicuro. Una dimensione costruita attorno ad ideali vecchi e sorpassati che, così come l’agente 007 che in Spectre rischia di essere sostituito dai droni, necessitava di una ripulita generazionale.
Non tutti la pensando allo stesso modo, e il fan-base di Bond si è sempre diviso sull’evoluzione caratteriale del personaggio. Lo scorso settembre Martin Daubney del Telegraph ha firmato un articolo dal titolo James Bond: you’re a sexist, but we love you for it nel quale descrive il sessismo e la misoginia come tratti così caratteristici di Bond da non poter essere eliminati dal personaggio. Bond è un avatar dello spettatore in grado di arrivare lì dove nessun altro può: «Amiamo Bond perché fa esattamente quello che vuole. Vogliamo che sia promiscuo perché noi non possiamo. Vogliamo che beva una bottiglia di scotch al giorno perché a noi non è concesso». A Daubney fanno eco i suoi lettori, che nel sondaggio indetto dal Telegraph “007 dovrebbe frenare i propri modi da donnaiolo?” si sono espressi con un secco 90% a sfavore della proposta, asserendo che «No, è un sessista, ma è una parte essenziale del suo carattere».
Nonostante la convinzione dei fan, sembra che qualcuno avverta la necessità di adattare il personaggio di Bond ai tempi moderni. Anthony Horowitz, lo scrittore scelto per scrivere il nuovo libro della saga, ha deciso di rispondere alla accuse di sessismo creando un personaggio femminile “atipico” per Bond, una spia che prima farà innamorare l’agente segreto, salvo poi abbandonarlo per un’altra donna. A tutto ciò si uniscono le richieste di alcuni fan per il nuovo Bond (Craig ha detto che si taglierebbe le vene piuttosto che riprendere il ruolo); richieste che vanno da un Bond donna ad uno gay, fino ad arrivare al casting di Idris Elba, attore di colore inglese invocato a gran voce da una parte del pubblico. In tutti i casi le risposte dei detrattori gravitano attorno alla fedeltà del personaggio con la sua versione cartacea, aprendo la più classica delle discussioni sulla necessità di mantenersi fedeli al materiale originale.
Nel caso di Bond i romanzi di Fleming costituiscono si una base di partenza, ma anche un media ormai superato dai film, diventati il mezzo principale per raccontare le storie dell’agente segreto. Quando Roger Moore boccia l’idea di un Bond donna perché «lontani da ciò che è stato scritto da Ian Fleming» dimentica le sue battaglia a colpi di raggi laser nello spazio, una scena non proprio fedele al materiale dello scrittore inglese. Lo stesso Anthony Horowitz, rispondendo ad una domanda su Elba come futuro Bond, ha bocciato l’attore definendolo “too street”, una definizione che secondo qualcuno ha dei leggeri echi razzisti. In realtà le origini del personaggio, quelle suggerite proprio da Fleming, ci descrivono un Bond scozzese e di estrazione medio bassa, qualcosa di molto vicino al “too street” di Horowitz e che ben si sposerebbe con la verve attoriale di Idris Elba, già visto in un ruolo simile in Luther.
Nonostante la candidatura di Elba si sia lentamente sgonfiata, rimane la voglia di vedere un personaggio diverso e meno anacronistico, in grado di costituire un punto di rottura non solo con il canone della saga (che deve smetterla di aggrapparsi alla fedeltà cartacea), ma anche con l’intrattenimento pop, reo di non essere sempre capace di veicolare messaggi corretti.