Sabato 22 aprile alle ore 19:00 presso la Libreria Assaggi, presenteremo Il nostro amore distruggerà il mondo con l’autore Roberto Canella, Natalia La Terza e Edoardo Vitale.
«Il nostro amore distruggerà il mondo (Sartoria Utopia) è una raccolta di poesie che Roberto Canella ha scritto in vent’anni (1995-2015), un canzoniere fatto di spazi e corpi che tornano a ogni pagina: case e cortili, letti e cuscini; piedi e mani, braccia e ginocchia, dove l’amore è “masticare ortiche” e “un tuffo di schiena”. L’autore cita Angelo Maria Ripellino e Guido Gozzano, Antonio Delfini e Cristina Campo, e crea una galleria di ritratti femminili semplici e precisi, dolci, a tratti dolcissimi, mai sentimentali. Un mondo abitato da ragazze che mandano “mail visionarie” e si nutrono di “crostatine mezze mangiate”, e di ragazzi che le osservano da vicino e da lontano, qualche volta amici, un’altra amanti, un’altra ancora sconosciuti: un posto dove si vuole rimanere.» (Natalia La Terza su Minima & Moralia)
Nel frattempo vi regaliamo alcune poesie tratte dalla raccolta.
Lesson #1
ti ho lasciato aperta la porta. faccio così
ogni volta: anche quando esco spero
sempre di tornare e di trovarti seduta
sul tavolo in cucina, il neon come
un’aureola sopra la tua testa di formica.
abitami, come una lumaca un dubbio
strisciami addosso, usa il tuo unico
occhio per vedermi tornare, salire le scale
aprire tutti gli armadi sbattere tutte
le pentole e bruciare tutti i libri, finalmente.
ma se siamo lunghi come una stagione
anche la più bella l’autunno, a che serve far
ricominciare al sole il suo giro? sembrerà poi
di non aver imparato niente: uscendo chiuderai
a chiave la porta, forse avrai anche tirato le tende.
questa preghiera è dura come le tue ossa
come il muro della mia stanza da cui Cobain
mi guardava vero, come un dio strafottente.
mi chiedeva: hai imparato la lezione? ma
neanche oggi. tu, io. bravi solo a dirci addio.
1995
per molto tempo sono stato
settantadue km di nervi,
volevo dirti e non ti ho detto.
come quando stavo sul letto
e senza vederti sapevo che
passavi scalza sulla strada
di fronte alla mia stanza.
a stento mi riconoscevo
mi riconosco nelle foto
fetenti di patenti che sbucavano
sbucano dai cassetti, eppure.
a casa dopo un appello mancato
mia madre mi chiamava per cena
poi mettevo su uno o duecento
dischi. il calendario diceva:
millenovecentonovantacinque.
se mi chiedessi adesso cos’era
per me ventenne il mondo, ti direi:
non avevo niente da fare e
volevo farlo fino in fondo.
(alle mie spalle ho tutto
il futuro davanti)
Dita: sei
annoto: “ieri notte preso a pugni il materasso
fino a farmi sanguinare le nocche: una scena
pietosa, a ben pensarci”. subito mi chiedo:
ma sarebbe stato tanto meglio scendere
tre piani di scale, correre in mezzo al traffico
o fare finta di niente, che questo: che
l’estate non fosse mai?
quindi dico: ok, forse avrei dovuto
pensarci prima, capire tutto quanto
per tempo… ma spiegami a che serve
capire mentre aspettiamo insieme
un treno che poi porta via solo te, che
se mi specchio nei binari posso ancora vederci.
penso: stupido questo sangue, le strisce scure sul
lenzuolo il mattino dopo, avvolgermi poi intorno
a quella sindone ridicola… – allora ricordo: così
diversa era la mano che planava sulle tue gambe, che
afferravi nel sonno senza neanche rendertene conto.
infine scrivo: “nemmeno so (o forse troppo bene)
se c’entra qualcosa con la vita questa penna
che trasforma la mano in una cosa con sei dita.”
Mezza notte
un colpo al cerchio e uno alla
notte, tu non torni, io nemmeno.
ancora il tuo profilo mentre sei
sul balcone a fumare l’ennesima
cicca. le tasche già vuote a metà
del mese, di che cianciano i tiggì
tutti uguali? so solo che fa male,
oggi è mercoledì, mio padre ha
il sorriso buono di chi si è rassegnato.
se me lo chiedessi ti direi nessuna
novità. una delle due persiane è
ancora rotta, vivo in una perenne
penombra, qui è sempre mezza
notte. come andare, come restare,
ci penso, non sai quante volte.
Via XX settembre
quelle volte che, ti giuro,
torno e non incontro nessuno.
questa notte la città è mia
mi dico, butto le chiavi e me
ne vado via.
senza di te, senza
nessuno di questi ridicoli
ricordi. ridicoli come il tuo
inesistente reggiseno, le tue
forcine, le mie camicie mai
abbinate, le tue paranoie, le
crostatine mezze mangiate…
non passa neanche una macchina,
le gru smontano le case che di
giorno hanno costruito e non posso
suonare nessun campanello:
via xx settembre se la sono
mangiata le banche e le
assicurazioni.
sì, ora che ci
penso, c’è solo più settembre
in giro; io e te allora, settembre,
come nei duelli western o come
vecchi amici anzi, ti direi: ci
conosciamo da così tanto, ti
prego prendi qualcun altro.
I miei nuovi giorni
per essere al sicuro dalle tue
labbra ho chiuso la strada dietro di
me. quando ti verrà voglia di
venirmi a cercare troverai un centro
commerciale e di fianco un
benzinaio. avrò un altro nome
zigomi nuovi, una storia sempre
diversa su come sono andate le
cose. solo le mani saranno le
stesse, i tendini tesi. i miei nuovi
giorni, all’inizio, saranno come le file
di tir addormentati nei parcheggi
degli autogrill. avrò freddo e il sonno
breve dei camionisti ma poi, poi
passa.