Chick lit oggi: quando essere zitelle è condizione necessaria e sufficiente 
Sul finire dei suoi primi dieci anni, qui compiamo una piccola rivoluzione, abbandonando il nostro formato classico – quello del magazine culturale a cadenza vagamente quotidiana – per presentare ogni mese un solo saggio e un solo racconto. Da queste pagine 24 autori ogni anno proporranno il loro filtro sul reale, manipolando inevitabilmente la personalità di Dude mag: ed è una cosa che ci rende enormemente curiosi.
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Chick lit oggi: quando essere zitelle è condizione necessaria e sufficiente 

Passeggiando tra gli scaffali delle librerie, tra Classici e Non fiction, Gialli e Saggistica, ancora oggi si torna a inciampare nell’etichetta dal sapore un po’ sessista, un po’ ironico universalmente nota come chick lit.

Passeggiando tra gli scaffali delle librerie, tra Classici e Non fiction, Gialli e Saggistica, ancora oggi si torna a inciampare nell’etichetta dal sapore un po’ sessista, un po’ ironico universalmente nota come chick lit. Probabilmente alle nostre orecchie così tanto romanze non dice niente, eppure questo genere lo conosciamo tutti, o meglio, tutte. Nato dalla splendida combinazione tra la parola chick, pollastrella (o gallina, ochetta, tutti quei nomi di pennuti che vengono associati alle giovani donne ruspanti) e lit, abbreviativo del più serioso literature, questo genere letterario, spesso tramutato in cinema/serie tv, ha accompagnato molti dei nostri sabati sera passati sul divano, col pigiama e il secchiello di gelato.

Facendo un passo indietro, potremmo definire il genere chick lit una sottospecie di letteratura femminile, non abbastanza romantica da essere definita rosa, non abbastanza spinta da essere associata a Cinquanta Sfumature di Grigio o all’italianissimo Cento Colpi di Spazzola Prima di Andare a Dormire e neppure abbastanza impegnata da ricondurla alla letteratura delle grandi autrici, con ovvie ragione direi. Per capire meglio di cosa stiamo parlando, possiamo definire i due grandi pilastri del genere chick lit i seguenti popolarissimi romanzi: Il Diario di Bridget Jones di Helen Fielding e Sex and the City di Candace Bushnell, entrambi resi particolarmente noti al grande pubblico grazie agli adattamenti cinematografici/televisivi. In sostanza, il nucleo centrale di questo genere è la vita sentimentale della protagonista, la quale nella maggior parte dei casi è una zitella o una donna single, per essere più delicati. Sì, l’elemento fondamentale della chick lit è, sostanzialmente, lo stato di nubilato della protagonista.

 

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La copertina statunitense di Sex and the City (1997)


Nell’immaginario collettivo c’è sempre stata questa fastidiosa differenza tra zitella e scapolo. Prendiamo James Bond: il suo stato di libertà sentimentale costante lo ha reso un idolo delle folle, un ganzo senza precedenti, e come lui molti altri (Dylan Dog, Sherlock Holmes, Batman), forti della propria indipendenza emotiva, salvo sporadiche parentesi romantiche in cui il protagonista si concede un po’ di tenerezza con una figura femminile che presto sparirà per cause di forza maggiore.

 

James Bond e i momenti di tenerezza con le sue “pollastrelle”


Non mi pare proprio che si possa fare lo stesso discorso per le signore, anzi, una donna di una certa età non più nel fiore degli anni senza un compagno diventa una ridicola caricatura di se stessa fino a precipitare inesorabilmente nel regno delle zitelle gattare acide e frustrate. Diciamo che la chick lit fa pressione proprio su questa ansia tipicamente femminile di rimanere sola senza nessun principe a porgere il braccio. Ovviamente, l’esempio più lampante è proprio quello di Bridget Jones, regina indiscussa del genere. Non si può negare che l’autrice, Helen Fielding, abbia fatto un gran lavoro dal punto di vista della comicità di questo personaggio: Bridget (e la versione cinematografica, Renée Zellweger con i rotolini sulla pancia) è decisamente divertente nella sua goffaggine, tanto da rappresentare una sorta di modello, o ancora peggio, un’eroina dei giorni nostri. Se da un lato la rivincita delle ragazze sbadate, campionesse di gaffe, superstiti di enormi delusioni amorose con madri imbarazzanti e invadenti ci spinge a sognare un mondo migliore dove tutte le sofferenze che il nostro genere di appartenenza ci impone sono solo un punto di forza, dall’altro questa raffigurazione di un personaggio femminile così schiacciato dalla pressione di trovare un uomo che la ami “così com’è” – il celebre just as you are di Colin Firth aka Mark Darcy – non lascia spazio ad un’opzione di vita che stando a questo genere letterario è del tutto visionaria: una vita senza un marito/compagno, una vita alla James Bond.

È davvero così difficile disfarsi di questo peso che gravita sul genere femminile? Negli anni della “quarta ondata di femminismo”, come lo definisce Kira Cochrane , dovrebbe ormai essere sfatato il luogo comune della zitella che scandaglia i luoghi pubblici in cerca di un partner. La zitella 2.0, quella del 2000, se la gode tutta la sua dimensione di solitudine, senza bisogno di risultare ridicola perché priva di compagno. Motivo per cui il genere chick lit lo potremmo ormai catalogare come appartenente al passato, non troppo lontano, in cui si sceglie appunto un’espressione velatamente offensiva per definire una tipologia di narrativa che, semplicemente, descrive la normalità dei fatti, senza per forza doverla ricollegare unicamente all’universo femminile. Certo, non penso che un uomo legga Sex and the City tutto d’un fiato, e neppure comprenda a fondo il dramma della cellulite, questo no. Non è però da escludere che si possa trovare un punto d’incontro tra James Bond e Bridget Jones.

Raccontare con leggerezza e comicità la vita di una donna non è sbagliato, come non è vergognoso leggerlo. Bridget Jones e le sue mutande contenitive sono divertenti. Ciò che invece è meno divertente è l’automaticità con cui le differenze di genere, naturali e sacrosante, debbano per forza prendere una piega di malsana svalutazione. Perché appunto, il motore della letteratura per pollastrelle è proprio questo stato di perpetuo anelare a una condizione di sistemazione sociale, per quanto emancipate possano essere le protagoniste. Il concetto secondo cui alla donna si associa una sorta di data di scadenza, mentre allo scapolone rimane comunque tutta una vita davanti per continuare a volare di fiore in fiore, è decisamente da rivedere.

Alice Oliveri
Nata a Catania nel 1992, studentessa a Roma dal 2011. Scrivere, leggere, suonare tanti strumenti e guardare molti film sono le sue passioni.
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