Forse non era colpa del derby. Arrivederci Gianni, ciao
Sul finire dei suoi primi dieci anni, qui compiamo una piccola rivoluzione, abbandonando il nostro formato classico – quello del magazine culturale a cadenza vagamente quotidiana – per presentare ogni mese un solo saggio e un solo racconto. Da queste pagine 24 autori ogni anno proporranno il loro filtro sul reale, manipolando inevitabilmente la personalità di Dude mag: ed è una cosa che ci rende enormemente curiosi.
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Forse non era colpa del derby. Arrivederci Gianni, ciao

Essere il sindaco di Roma dopo Gianni Alemanno è fin troppo semplice.

Essere il sindaco di Roma dopo Gianni Alemanno è fin troppo semplice. È un po’ come se prima di me ci fosse stato un tronista di Maria De Filippi a tenere una rubrica politica su Dude. Una pacchia. Tuttavia, sebbene sia ineluttabile che l’amministrazione Alemanno sia stata tra le peggiori di sempre, ecco, non sarei così sereno. Sarà che sono un inguaribile esistenzialista, pessimista, sociopatico e sfiduciato, ma non ho letto da nessuna parte sulle schede elettorali che si stesse votando per cambiare alcuni modi di fare dei miei concittadini che rendono questa città peggiore.

È vero che quelle schede elettorali più o meno utilizzavano la stessa quantità di carta di una normale versione economica di Alla ricerca del tempo perduto, ma io ho cercato ovunque e non c’era scritto proprio da nessuna parte «Barra qui per far raccogliere ai padroni la merda dei propri cani» o per abolire l’uso compulsivo dell’accoppiata clacson più bestemmia nel traffico o della folkloristica macchina parcheggiata in doppia fila, solo per fare i primi esempi banali che mi vengono in mente e che potrei continuare a snocciolare fino alla prossima campagna elettorale. Il romano medio non svanisce di certo grazie a un nuovo sindaco. Dico solo che l’elezione di un nuovo sindaco, il classico meno peggio, non credo sia motivo di grandi esultanze. Roma fa cagare per certi aspetti ed è fantastica per altri e così resteranno le cose. Oh.

Ma parliamo di cose serie, quelle che finiscono sui manuali: questa è stata la prima volta nella storia di Roma in cui le elezioni si sono giocate anche su Twitter. Non scherziamo. Così se noi poveri liceali 1.0 eravamo costretti sui banchi di scuola a studiare e gli annales e le congiure e “de rerum” di qua e “de rerum” di là, i liceali del futuro studieranno cose come «Il PD in grande imbarazzo per le uscite di @ignaziomarino e ora millanta un’alleanza improbabile tra me e @Alfio_Marchini #annamobene!». Questa è storia cazzo, anzi #storia. Mettetevelo bene in testa.

Ecco, forse sarà colpa dell’insostenibile peso della storia, tant’è che un’affluenza così bassa non si era mai vista, suggerirei dunque di rivedere come minimo gli hashtag. O le intrusioni pubblicitarie su YouTube, già abbastanza fastidiose per conto loro, figuriamoci con l’irrompente vaneggiare di un vecchio disgraziato latitante come Berlusconi. Dottore, ho incubi ricorrenti da settimane: io di fronte al computer con le mani legate, impossibilitato a skippare l’annuncio e poi c’era Nicole Minetti che ripeteva «Lo amo, lo amo, lo amo…». Aaaaaargh! Il risultato di queste elezioni amministrative aggrava tremendamente, se mai ce ne fosse stato bisogno, la catastrofe avvenuta alle elezioni politiche di febbraio, in cui il pollice verde Bersani ha accuratamente potato di giorno in giorno un vantaggio enorme, in un Paese attualmente orientato verso una maggioranza di sinistra, persino dopo il teatrino del Quirinale o i pesci in faccia presi in streaming.

Ma l’ultima tornata elettorale evidenzia anche la pressoché totale assenza di un centrodestra valido e sano, che sussiste solo per insalubre inerzia, e che aveva camuffato in modo goffo e patetico una sonora bocciatura parlando persino di vittoria o ridicole cazzate simili. Oh ecco, poi c’è Beppe Grillo, quel simpatico episodio della politica nostrana, anch’esso smascherato e palesemente ridimensionato in mero voto di protesta. In poche parole nessuno vorrebbe un grillino come vicino di casa: “Sì ok dai vai a rompere i coglioni in Parlamento con l’apriscatole, tanto dopo Scillipoti lì possono entrarci tutti, ma al Comune forse, beh… sei simpatico, ma forse è meglio se restiamo solo amici”. Anche i capisaldi vanno allo sfacelo: siamo a giugno e il naso turato di montanelliana memoria resiste solo perché siamo tutti raffreddati, fa freddo, l’estate non arriva, non si può neanche dare ascolto a quell’altro immenso statista di un Bettino Craxi che suggeriva di andare al mare; porca puttana ha piovuto tutta la santa domenica!

Ad ogni modo, basta piangere sul latte versato. Per ora limitiamoci a salutare Gianni, uno come lui non capita tutti i giorni, di seguito un episodio geniale, forse il picco più alto in assoluto di questa straordinaria avventura. Addio Gianni, molto sale molto onore.

twitter @edoardovitale_

Edoardo Vitale
Scrive di musica, cinema e attualità su vari magazine.
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