Si esibiranno al Roma Folk Fest il 23 maggio.
Presentateci il vostro progetto.
I Bastian Contrario sono «Due il contrario di uno, risultanza infinita del due che si rigenera…», come sostiene Erri De Luca, «…non è il doppio ma il contrario di uno, della sua solitudine».
Una Two-Man-Band campana composta da Fausto Tarantino e Salvatore Prezioso, nata dopo aver intrapreso un viaggio nel profondo nord europeo. Come spesso accade nei grandi viaggi, la strada che scorre fuori muove qualcosa dentro, da qui sono scaturiti sogni che poi sono diventati speranze, progetti ed infine canzoni racchiuse in un disco.
Qual è il ruolo del musicista nella società attuale?
Per noi ha lo stesso valore dell’aedo greco o del bardo medioevale: è un veicolo. Ogni epoca ha poi delle esigenze diverse per cui una volta si veicolavano storie e tradizioni che altrimenti rischiavano di essere dimenticate, mentre oggi noi preferiamo veicolare stati d’animo, emozioni che altrimenti resterebbero inespresse. Non sarà certo una canzone a salvare il mondo, ma spesso hanno salvato una storia.
Quale musica ispira la vostra musica?
La nostra ispirazione nasce non solo da altre musiche ma anche da pittori piuttosto che poeti. Durante la produzione del disco, la regia era cosparsa di libri di poesia o di pittura, di giornali come di cd e vinili. Quindi insieme ai cd dei Sigur Ros o dei Mercury Rev c’erano libri di Montale o della Merini piuttosto che libri sull’impressionismo o sulla pop-art. Siamo parte dell’umanità, un anello che si aggiunge ad una catena lunghissima. Se vogliamo realmente aggiungere un anello dobbiamo allacciarci all’anello che ci ha preceduto aggiungendo del nostro per arrivare un po’ più in là per dare la possibilità a chi verrà di andare ancora oltre.
Cosa più vi infastidisce della scena musicale attuale?
Nulla in particolare. Come in ogni altra epoca ci sono artisti che fanno ricerca e propongono nuove cose che sono di arricchimento per chi ascolta, altri artisti invece che girano solo la frittata e cercano di sfruttare una moda o un momento per avere un po’ di gloria. Bisognerebbe scindere tra chi ha qualcosa di vero da dire e chi invece scimmiotta. A volte manca un po’ di coraggio. Questo però diventa grave quando chi ha in mano la possibilità di scegliere anche per gli altri, come ad esempio radio tv o altri media, per evitare flop fa scelte “facili” consegnando il il pubblico ad una mediocrità che a volte fa tristezza.
Quale concerto nella storia della musica avreste voluto aprire?
Woodstock! Sesso vino e rock’nroll!
Raccontateci l’avvenimento più strano che vi è capitato come gruppo.
Forse la cosa più strana è successa ai nostri inizi. In quel momento non ci sembrava strana, ma a pensarci col senno di poi è davvero una cosa folle! Eravamo alla fine degli anni novanta e nonostante i manicomi civili avrebbero dovuto chiudere già da un po’, quello che si trova nella nostra città (Aversa) ospitava ancora un centinaio di pazienti. Noi avevamo l’autorizzazione ad usare un paio di stanze in quella struttura e quindi facevamo lì le prove, quasi tutti i giorni, e ad ogni prova avevamo un pubblico di una ventina di ospiti che si divertivano come matti ad assistere alle nostre prove. Nella sua follia crediamo sia stata una cosa molto bella, non sappiamo dire bene in che misura, ma lo stare insieme in quella situazione percepivamo che faceva bene sia a loro che a noi.
Trovate ispirazione letteraria per i vostri testi?
Assolutamente sì! In fase di produzione leggiamo tantissimo, definiamo i libri «compagni silenti» che sanno suggerire al momento giusto quella visione che mancava.
In quale scena di un film vorreste fare un vostro piccolo concerto abusivo?
Sarebbero tanti! Uno su tutti C’era una volta in America nel finale dopo che noodles se ne va salutando il senatore bailey e lasciandosi alle spalle definitivamente il suo passato.
Progetti futuri?
Suonare suonare suonare! Intanto stiamo girando un nuovo video che avrà una collaborazione che ci rende orgogliosi ma che non sveliamo ancora, ed inoltre stiamo pensando al nuovo disco.
Perché ti senti folk?
Nel nostro disco ci è piaciuto molto giocare con strumenti come il mandolino, la tamborra, la chitarra acustica, il timpano, tutti strumenti molto popolari, che però abbiamo messo insieme in modo un po’ diverso anche se in fondo tutti i brani sono delle semplici canzoni. Credo che questo aspetto ci leghi al folk anche se poi ne abbiamo fatto un discorso personale. Forse è per questo che le persone ci dicono che facciamo un genere assimilabile al folk.