Il beat è scandito dai tratti del suo pennello, dal sole di LA e dal collage di gesti che si trasformano in suono. I suoi dipinti sono esplosioni di colori che colano sui vinili, ritratti fotografici d’altri tempi, memorie grigie e sfocate sommerse da cornici floreali. La musica di Teebs è come il ricordo di un tramonto d’oltre oceano. Il suo suono è lontano anni luce da quelle atmosfere patinate e chill out dei vari budda bar anni 2000. Un tessuto hip hop maturo, vissuto, dai ritratti cittadini che scorrono veloci visti da sopra una tavola. Echi urbani in via di trasformazione in un’epoca in cui fiori migliori sembrano proprio crescere dall’asfalto.
Quindi, iniziamo con la prima domanda. La tua arte è un vero e proprio collage di atmosfere molto rarefatte e da un’attitudine marcatamente hip hop. Come nasce questa miscela? Sono nato a NY ma il 90% della mia vita è ruotata attorno a Los Angeles. Ho iniziato facendo skateboarding e il mondo dello skate è uno sport che ha un rapporto molto vivo con le nuove tendenze musicali, soprattutto con l’hip hop. Il mio gusto era comunque più orientato verso le parti più strumentali ed astratte. Ero davvero estasiato all’ascolto di quelle basi con questi mosaici di di samples pazzeschi.

Tu sei anche un pittore, realizzi personalmente le illustrazioni dei tuoi album. Mi chiedevo se possono esistere delle connessioni tra i due modi di esprimersi. Vengono tutte dallo stesso posto. Ammetto che quando sto componendo musica o dipingendo mi sento realmente come se stessi in parte facendo la stessa cosa. Più che delle connessioni potrei parlarvi delle differenze! (ride) È solo un altro modo di comunicare per me. Non riesco a dire tutto quello che voglio rappresentare musicalmente e quindi utilizzo anche la pittura per supportare il mio modo di esprimermi, se non facessi entrambe le cose probabilmente impazzirei.
Ti senti più pittore o musicista? Non saprei dire sotto quale delle due arti mi identifichi meglio, probabilmente lo scoprirò quando avrò 80 anni; guarderò indietro e dirò: ho davvero fatto dell’ottima musica e della schifosissima arte, o viceversa. Mi sento come se non sapessi cosa sono al momento. La pittura è un po’ più facile per me perché è il modo di esprimermi con cui ho iniziato, la musica è arrivata dopo.
So che hai iniziato proprio dipingendo sui dischi? Iniziai disegnando, era il ’04 o ’05 e la pittura è stata ciò che mi ha colpito, decisi che era quello che avrei voluto fare nella mia vita, ho preso qualche lezione di storia dell’arte, ero estasiato, era un mondo immenso che volevo assolutamente approfondire. Andavo spesso in negozi di roba usata, roba da un dollaro. Lì trovavo dischi che nessuno voleva più e ci dipingevo sopra, dischi divertenti come canzoni di natale o ballate popolari, ne ho veramente pile e pile di questi dischi dipinti a casa. Non mi sarei mai aspettato di diventare un musicista. C’è da dire che mi sono reso conto che con la musica il tutto prende vita molto più velocemente, riesci ad arrivare a molte più persone ed in modo molto più immediato.

E poi? Come hai raggiunto il successo da musicista? Tutto è partito una volta passata la selezione per la Red Bull Music Academy. Prima di quel momento ero semplicemente un produttore da camera da letto, non pensavo nemmeno minimamente che avrei potuto trasformare la passione per la musica in una vera carriera lavorativa. Dopo l’Academy iniziai a frequentare dj/artisti musicali che diventarono miei amici in poco tempo. Presi spunto da loro e di lì a poco mi ritrovai a fare il dj nei pressi di dove vivo, Los Angeles. La svolta vera e propria comunque arrivò quando conobbi Flying Lotus, è lui che mi prese sotto la sua ala facendo uscire una release per la sua casa discografica. In quel momento realizzai che quello che stavo facendo sarebbe potuto diventare qualcosa di serio.
So che per un periodo hai persino abitato nella palazzina di Steven (Flying Loutus n.d.r). È stato un periodo fantastico. Mi sono trasferito in un appartamento nel palazzo in cui viveva Lotus, a nord di Los Angeles. All’epoca non ci conoscevamo ancora molto bene. A quei tempi ero al verde e lui mi spesava perché io purtroppo non potevo permettermi granché. Quindi mi portava fuori con lui quando usciva e mi faceva conoscere gente. Quando sono arrivato li avevo già buona parte del lavoro completo ma non ero cosciente di avere un album in mano, stavo solo facendo quello che mi piaceva fare. Fu proprio lui a spronarmi definitivamente perché portassi a termine il disco: mi diceva di continuo: «devi farlo cazzo!» (Ride). Alla fine siamo diventati grandi amici.
Che strumenti usi per fare musica? Ad esempio all’inizio che tipo di Synth usavi? Molto è un misto di suoni che registro personalmente, uso un SP della Roland come registratore. La maggior parte dei samples che uso arrivano dalla pittura, anche dal campionamento dei movimenti del pennello sulla tela. Altri invece da campioni registrati con il mio sp44 e dei free loops che scaricavo dalla rete. Per quanto riguarda i synth inizialmente ne prendevo continuamente in prestito. Lotus mi cedeva spesso delle cose, ad esempio aveva un MS 2000 che non usava, perennemente tutto ricoperto di polvere. Diciamo che all’inizio usavo prevalentemente roba non mia e ci smanettavo un po’.
E quando dipingi invece? Da che tipo di suoni o musica vieni ispirato? Cambia sempre perché oggigiorno vengono rilasciate talmente tante nuove cose grazie ad internet che è difficile rimanere su un genere specifico. Negli ultimi periodi però sto ascoltando più che altro pezzi di amici, colleghi della casa discografica. Mi mandano cose dicendo «sto lavorando su questo, o quello» quindi metto su una traccia e se mi colpisce va in loop tutto il giorno.
Come puoi definire la tua musica? Non sono molto bravo a farlo, voglio dire, è molto personale, emozionale, strumentale, a tratti da un sapore… è difficile da tradurre a parole. Spesso è il racconto delle storie, delle immagini astratte che creo nella mia testa, delle cose che vedo per strada. Credo che sia un po’ come la proiezione di quello a cui sono appassionato nel momento in cui compongo quindi è difficile da definire.
Esiste un’artista a cui ti senti specialmente vicino? Dei grandi artisti che mi hanno fatto letteralmente impazzire sono stati i Broadcast, un vero punto di riferimento per me. Li ascoltavo mentre lavoravo in un magazzino quando ero più giovane e mi hanno cambiato la vita. Un tizio aveva il suo piccolo stereo e metteva su delle playlist random, ogni volta che la playlist inciampava in una canzone dei Broadcast mi incamminavo dalla mia postazione di lavoro fino da lui chiedendogli cosa fosse perché ero veramente trascinato da quei suoni. Poi mentre facevo ritorno alla mia postazione mi dicevo quanto amassi quella band, quindi nella mia testa sono sempre legato a quello che loro hanno fatto per me e che vorrei riuscire a fare una cosa del genere alle persone che mi ascoltano.
Ascoltando le tue produzioni invece? C’è un pezzo della tua arte di cui sei totalmente soddisfatto? Qualcosa di cui sei fiero guardandoti indietro? Sì, ogni tanto, non ascolto quasi mai a posteriori le cose che produco, cerco piuttosto di guardare al futuro. A volte mi capita di ascoltare qualcosa o qualcuno che mette un mio pezzo e io sono li che mi sorprendo chiedendomi: cos’è questo? Ah cavolo aspetta sono io (ride) e lo ascolto rendendomi conto che la cosa funziona. Mi reputo soddisfatto al pensiero che mi rappresenti, che mi ci riconosca. È raro, ma succede, anche se non mi piace ascoltare i miei pezzi spesso. Oppure quando viene suonato attraverso un buon impianto stereo, perché quando lo ascolti a casa non lo ascolti mai così alto il volume, e invece con un buon impianto sei entusiasta e non immaginavi nemmeno che potevi fare quell’effetto li. È pazzesco.
Cosa ti aspetti dal futuro? Per la tua carriera da musicista e pittore? Mi aspetto di essere più onesto ne confronti di ciò che sto facendo adesso, perché sono cambiato molto dall’ultimo disco. Sento che mentre il tempo passa voglio continuare a spingere il suono e l’arte fino a dove non sono riuscito ancora ad arrivare, mettendo alla prova il più possibile i miei limiti.