Tommaso Di Giulio, intervista
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Tommaso Di Giulio, intervista

«Talmente tante cose che secondo me sono successe grazie all’irruzione di una linea temporale compressa, diversa dalla nostra»

Oddio, non so scrivere le recensioni. Proprio no. Non sono un esperto di musica. Non so distinguere la batteria dalla voce, proprio visivamente intendo. Ma questo disco è una storia biografica surreale. Pieno di colori più che di suoni. Ma io non sono un esperto, magari colori e suoni è normale si sovrappongano. La batteria fa un gran giallo, tipo luce. Il basso è blu, ma non fatemi essere banale. La chitarra strisce di rosso tipo macchine nella notte viste da dietro. Poi c’è il piano plin plin verde acqua, come l’acqua. La voce dice un’infinità di cose che finito il disco sono stato costretto a rimetterlo per riascoltare, e sorpresa sorpresa, erano diverse. Allora l’ho rimesso ancora e parlava di me, di quando una volta ero triste e poi il giorno dopo ero più tranquillo. Allora l’ho rimesso per grandissima curiosità provocatami ed era un disco strumentale antico bello. Allora l’ho rimesso ed era un disco pop che parlava di metal. Allora l’ho rimesso ed era un film, che lo vedevo proprio, un film muto. Allora lo continuo a rimettere sempre. Provateci, è super.

Ti abbiamo già intervistato per Bands Apart 1 anno fa, cosa è cambiato nel frattempo?

Veramente un sacco di cose. Talmente tante che secondo me sono successe grazie all’irruzione di una linea temporale compressa, diversa dalla nostra, perché secondo me così tante cose non possono succedere rispettando le normali leggi della fisica. Ma dovendo riassumere: ho fatto un sacco di concerti, trovato un’etichetta (la Leave Music) che mi ha fatto registrare un nuovo album grazie a cui faccio un po’ il punto su tutto quello che è successo in cinque anni da quando ho malauguratamente deciso di mettermi a scrivere canzoni in italiano. Ecco, forse ascoltandolo si capisce cosa è successo nel mio “frattempo”.

Una canzone che segretamente sogni di eseguire ad un tuo concerto ma che non hai mai avuto il coraggio di fare?

Phantom of the Opera degli Iron Maiden, magari in versione swing.

In quale scena di un film vorresti fare un tuo piccolo concerto abusivo?

In una delle più belle scene di Cuore Selvaggio di David Lynch c’è un gruppo heavy metal, i Powermad, che suona in un localaccio prima che Nicholas Cage prenda il microfono e canti Love Me di Elvis a Laura Dern… Mi sarebbe proprio piaciuto fare da backing band a Sailor e Lula… O magari suonare fino alla fine sul Titanic che affonda al posto del quartetto d’archi.

Dimmi a quale tuo concerto futuro dovremo assolutamente venire e perchè.

Il 19 marzo al Palladium di Roma perché presenteremo il nuovo disco e per l’occasione abbiamo preparato un sacco di gustose sorprese.

Il 19 Marzo uscirà il tuo nuovo album, dove vorresti ti portasse?

Dove? Ti rispondo citando due autori che amo molto: «lontano, lontano, nel tempo» e «seguimmo certe rotte in diagonale dentro la Via Lattea».

Spiegaci in quattro punti come nasce una tua canzone.

Una canzone non nasce quasi mai nello stesso modo, ma facendo una media… A fine giornata, spesso a notte fonda, mi ritrovo misteriosamente con la chitarra in braccio mentre magari ero convinto di star lavando i piatti. Poi inizio a girare a caso sulla tastiera cercando il giusto vestito per quella melodia che dalla mattina bussa insistentemente sulle tempie. Faccio da agenzia matrimoniale tra umori, impressioni, parole e note fino a che, dopo una difficile prova di convivenza, testo e musica si sposano.

Dimmi la frase del nuovo disco per te più importante.

«Stanco del rumore che fa il mondo, del cinismo a tutti i costi, di schivare i fusi orari dallo schermo di un computer, per raggiungere gli amici sparpagliati ai poli opposti del pianeta». È l’inizio di Per Fortuna Dormo Poco, la title track del disco, perché riassume molti dei temi che si rincorrono nel disco: il viaggio, il rapporto di amore/odio nei confronti dell’Italia, la tecnologia, il lasciarsi andare ai sentimenti forti, la lotta contro il cinismo sempre più pervasivo.

Dimmi la canzone più brutta della storia della musica.

Che domanda crudele… Guarda non lo so, di brutte ce ne sono una marea. Però posso raccontare un aneddoto che si ricollega ad una canzone che ultimamente ho detestato parecchio. Mesi fa ho tentato di riconciliarmi con la palestra («che inseguivo per inerzia» come dice Battiato) senza molto successo. Ad ogni modo, mentre tentavo di darmi forza bombardandomi le orecchie con Rammstein e Sepultura (gli unici che ti danno una mano mentre stai sulla cyclette) dagli stereo onnipresenti in stile 1984 venivo annichilito da «No signora no» di Biagio Antonacci sparata a tutto volume dai gestori della palestra vanificando ogni mio sforzo…Quello è un brano che farebbe avvizzire i muscoli anche a Schwarzenegger.

Se un asteroide si stesse per schiantare sulla terra, quale tua canzone suoneresti per fermarlo?

Forse Voglio Un Monitor. Se suonata al massimo del volume attraverso un buon muro di amplificatori ci sono buone speranze di disintegrare il meteorite prima dell’impatto. In alternativa proverei con Farò Colpo per far leva sul suo lato sensibile.

Per chiudere ti mandiamo un abbraccio e ti chiediamo dove ti vedrai tra vent’anni.

Un abbraccio anche a voi! Mi vedo sulla luna, intento a registrare delle parti di pianoforte per il disco che sarà, cercando di imbrigliare nuovi riverberi.

Foto di Giulia Palumbo.

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