La fiera romana Più Libri Più Liberi è arrivata quest’anno alla sua quindicesima edizione: un numero mezzo tondo che si presenta come un’ottima occasione sia per fotografare un’istantanea e registrare, con una certa soddisfazione, i risultati fin qui raggiunti, sia per guardare al futuro.
Partiamo da quest’ultimo: quelli tra il 7 e l’11 dicembre potrebbero essere stati gli ultimi giorni passati tra i solidi marmi del Palazzo dei Congressi dell’EUR; dal 2017 la tentazione, ancora tutta da verificare sia per l’organizzazione degli spazi che per la sostenibilità economica, è infatti quella di trasferirsi nella nuovissima e vicina Nuvola di Fuksas. Allo stesso tempo, sono anche stati i primi giorni della fiera come parte di Aldus, network delle fiere librarie europee cofinanziato dall’Unione Europea e coordinato dall’Associazione Italiana Editori; è una rete che unisce eventi molto diversi tra loro, come la Frankfurt Buchmesse, la fiera più importante in Europa, orientata al business, e la Feira Do Livro di Lisbona, estiva e all’aperto, lunghissima, e sempre molto partecipata: con 500.000 visitatori all’anno, coinvolge il 5% della popolazione portoghese.
PLPL ha numeri più modesti ma di tutto rispetto (50.000 visitatori), che la rendono per distacco il più importante evento culturale in una Roma sempre meno attraente e vivace, e soprattutto ha una peculiarità tutta sua: è l’unica fiera al mondo dedicata esclusivamente ad un certo tipo di editoria, che non si sa mai bene come definire; alla fine si preferisce chiamarla media e piccola, usando un criterio quantitativo, piuttosto che indipendente, aggettivo che risulta immediatamente offensivo nei confronti di tutte le altre case editrici.
Ma di cosa parliamo quando parliamo di piccola editoria? Un piccolo editore fattura meno di 16 milioni, fa parte del settore che al momento, stando agli ultimi dati Nielsen, gode di maggiore salute all’interno dell’editoria italiana, e pubblica in genere 15-20 libri all’anno, facendo ricorso a tutte le proprie migliori capacità divinatorie per indovinare tra questi almeno un titolo di successo che aiuti a tenere i conti in ordine.
Si citano spesso i casi di cash cows come Elena Ferrante per Edizioni E/O, o Andrea Camilleri per Sellerio, ma ci sono tante altre scommesse vinte che è interessante raccontare: Nessuno Scompare Davvero, l’esordio di una giovane scrittrice americana, Catherine Lacey, classe ‘85, è diventato il bestseller di tutti i primi cinque anni di vita di SUR; anche i volumi della Trilogia della Pianura di Kent Haruf, autore tradotto e pubblicato in Italia da Rizzoli anni fa e presto caduto nel dimenticatoio, ristampati da NN Editore ne sono divenuti, una ristampa dopo l’altra, i titoli più venduti. Per questi editori è inoltre spesso difficile dare visibilità al proprio catalogo al di fuori delle poche librerie che non hanno ancora chiuso in Italia, e una fiera come PLPL offre un’occasione preziosa: per loro così come per i visitatori, che si trovano di fronte ad una vastità di scelta impressionante, e anche alla possibilità di farsi consigliare un libro direttamente da chi l’ha pubblicato, come pure, magari, di approfittare di uno sconto sul prezzo di copertina.
Questa edizione ha visto presenti 359 espositori: 106 dal nord, 190 dal centro, 56 da sud e isole, 7 dall’estero. Se i vari banchetti delle case editrici sono sempre la principale ragione per visitare una fiera libraria, in giro per il Palazzo dei Congressi si possono trovare tante persone che sono lì animate dai più disparati intenti: offrirsi come traduttori, ad esempio; o portare i figli agli incontri organizzati nello spazio ragazzi, come quello con Olimpia Zagnoli, che invitava i bambini a ricreare, ritagliando pezzi di carta, quello che vedono fuori dalla loro finestra, proprio come ha fatto lei per la mostra La Grande Estate; o incontrare uno degli autori a una presentazione o a un dibattito e, se c’è l’opportunità, farsi autografare un volume (lunghissima come al solito la fila per Zerocalcare, il sospetto è che le copie senza firma o dedica saranno presto una rarità). Il programma è davvero ricco di eventi di ogni genere.
Si copre l’attualità, con Marco Travaglio, oppure Enrico Mentana e Marco Damilano, a parlare dell’Italia dopo il referendum costituzionale; c’è l’antropologo francese Marc Augé, ospite de L’Espresso, a parlare di religioni di guerra; c’è tutto il team di Gazebo a fare quella che ogni anno è in sostanza una puntata del programma che però non va in onda.
C’è spazio per le ultime uscite, con la prima presentazione di Americana, saggio di critica letteraria pubblicato da Minimum Fax, in cui l’autore Luca Briasco, americanista, di recente anche traduttore del bellissimo Il Simpatizzante, uscito per i tipi di Neri Pozza, porta il lettore a spasso lungo un percorso composto da 40 capisaldi della letteratura americana, per altrettanti autori: si parla di Cormac McCarthy, Stephen King, John Cheever, Raymond Carver, Richard Yates, David Foster Wallace, Don DeLillo, Philip Roth, Jonathan Franzen, e dei loro temi, dei loro personaggi, delle tipologie umane, andando anche a fare chiarezza sulle etichette che sono state spesso affibbiate ad alcune delle loro opere: postmoderno o avanguardia, realismo o minimalismo. Luca Briasco lo ritroviamo poi in compagnia di Tommaso Pincio a fare anche una lunga chiacchierata sul western Warlock di Oakley Hall, adorato proprio da Thomas Pynchon, e già portato sullo schermo da John Ford nel 1959.
Non ci si dimentica dei classici: Quodlibet ha recentemente dato alle stampe Lettere agli editori di Louis-Ferdinand Céline, una raccolta che si sarebbe potuta anche intitolare “Insulti agli editori” (bersaglio preferito: Gaston Gallimard), in cui si scopre un autore che, consapevole di aver scritto uno dei romanzi fondamentali del Novecento, parliamo di Viaggio al termine della notte, si presenta da subito come tale, apparendo quindi inizialmente, ai destinatari delle sue missive, come l’ennesimo mitomane; un Céline che reclama dunque una certa cura editoriale, non vuole copertine di cattivo gusto, non sopporta che gli venga cambiata e “normalizzata” la punteggiatura; che smania per essere incluso nella prestigiosa collana La Pléiade, insieme ai classici, e si vede già collocato, alfabeticamente, tra Bergson e Cervantes. In un incontro a cui hanno partecipato anche Nicola Lagioia (BELLAGENTE 2016, tra le altre cose: qui la nostra lunga intervista n.d.r.) ed Edoardo Camurri, voci amiche di chiunque segua Pagina3 su Radio3, la curatrice Martina Cardelli racconta anche di un Céline che rischia molto, nella Francia occupata dai nazisti, ospite ad una cena con ambasciatori tedeschi, quando inizia a dire che la Germania perderà la guerra, e che Hitler probabilmente è già morto ed è stato sostituito da un sosia, anzi, è forse proprio lui Hitler, e si disegna quindi dei baffetti sotto al naso, ed improvvisa passi di danza tra i tavoli, prima di essere precipitosamente portato via dai suoi amici.
Appuntamenti da non perdere anche per chi ama il cinema: Nanni Moretti fa un reading di Caro Michele di Natalia Ginzburg e cambia completamente la mia idea sugli audiolibri (Emons Edizioni); forse, come per tante cose nella vita, è una questione di modi, di momenti, di incontri precisi e molto ben determinati, come quello tra un testo e una voce, in questo caso. Bella poi la chiacchierata tra Giuseppe Sansonna, autore di Hollywood sul Tevere – storie scellerate, dove il sottotitolo è senz’altro un riferimento al film di Sergio Citti, pubblicato da Minimum Fax (un estratto qui), e Goffredo Fofi, con quest’ultimo a ruota libera su Ciprì e Maresco, Ugo Tognazzi, Gian Maria Volonté. Si parla male di Gualtiero Jacopetti. Si parla bene di Carmelo Bene e si ricorda la sua lettura di Dante dalla Torre degli Asinelli di Bologna, in occasione del primo anniversario della strage della stazione. Si suggerisce di ripercorrere una intera epoca del cinema italiano a partire dalla figura di Tomas Milian, passato dai ruoli impegnati interpretati per Bolognini, Lattuada, Zurlini e Visconti, alle pellicole western, alla parodia del western all’italiana, al poliziottesco dai toni più scuri e violenti, alla parodia del poliziottesco con il Monnezza. Si rievocano protagonisti rimasti nell’ombra, come Alighiero Noschese, imitatore che si è ritrovato a prestare le sue doti alla P2, per la quale rispondeva al telefono facendosi passare per Giulio Andreotti o Aldo Moro; o Tina Aumont, bellissima e con seri problemi di droga, che nel Casanova di Fellini recitava con le braccia coperte per non mostrare i buchi. Si finisce col parlare quasi più delle tante storie che ci sarebbero ancora da raccontare sugli anni d’oro del cinema italiano che di quelle di cui Sansonna si è effettivamente occupato nel suo libro. Ma è questo lo spirito di PLPL, una fiera in cui ci si comincia ad orientare solo dopo aver accettato il disorientamento, tra i tanti temi che affronta, tra gli spunti che suggerisce, tra i moltissimi eventi che propone negli stessi orari nei vari spazi, vivendo per forza di cose un’esperienza in qualche modo diversa da quella di qualsiasi altro visitatore. Alla fine, lo sintetizza bene il claim di questa edizione, sono tutte storie.
In copertina: immagini da instagram.com/piulibri2016