Questo listone curato da Marco D’Ottavi, Gaetano Giudice, Valeria Marzano, Maria Eleonora Mollard, Tommaso Naccari, Gilles Nicoli, Silvia Niro, Giulio Pecci contiene i nostri 9 suggerimenti.
Califone, Echo Mine
Ascolto troppi nuovi dischi ogni anno da troppi anni per non essermi dato una regola per uscire vivo e senza ripensamenti da situazioni come questa in cui devo sceglierne uno solamente: il mio disco dell’anno sarà sempre e semplicemente quello che ho ascoltato di più. Nel 2020 è stato senza dubbio Echo Mine dei Califone, tra le mie band preferite di sempre una delle poche ancora in attività ma soprattutto una delle uniche due che abbia intervistato — nella persona del cantante Tim Rutili — e proprio qui su Dude Mag (l’altra sono i Peter Kernel). Chi segue un po’ riviste e siti specializzati saprà di certo che sono stati altri i nomi più chiacchierati del 2020; ma Echo Mine resta comunque una meraviglia che potrà essere scoperta un giorno da chi si andrà a ripescare la musica ascoltata dalla gente chiusa in casa durante l’anno della pandemia. L’inclusione qui faciliterà forse il recupero: una lista di fine anno può essere una lettera al futuro invece che uno specchio del recente passato. [Gilles Nicoli]
Burna Boy, Twice As Tall
Burna Boy è importantissimo.
In un 2020 in cui abbiamo ballato poco o niente, il suo Twice As Tall è arrivato a farci muovere e sorridere dentro casa — con il giusto mix fra pop, afrobeats, dancehall e tanto altro. Come sempre la sua musica si è rivelata un carico di hits confezionate in modo impeccabile, da far invidia a qualunque pop star e infatti dall’enorme influenza sul mondo del pop contemporaneo. Ma non solo. Tenendo fede a quello che lui ha sempre indicato come suo modello e mentore, il connazionale Fela Kuti, i suoi brani (infarciti di liriche pop ma anche prese di posizione inequivocabili) si sono fatti spazio nei movimenti di protesta globali, diventando una presenza fissa nel movimento Black Lives Matter americano ed inglese e soprattutto in quello End SARS nigeriano. Punta di diamante dello sfondamento nelle classifiche del pop nigeriano, quest’anno Burna Boy ha definitivamente conquistato il Regno Unito. Per il 2021, l’African Giant nigeriano guarda agli Stati Uniti. [Giulio Pecci]
Laura Agnusdei, Laurisilva Remixed
Laurisilva fu uno dei miei album preferiti del 2019. Per il bandcamp day di Dicembre, Laura Agnusdei ha fatto uscire la versione remix in cui troviamo amiche e amici fidati. Con questa nuova veste l’album diviene ancora più multiforme e weird. Leden immerge Epiphyne Blues in una tempesta tropicale, Nicolas Gaunin (mente dietro l’etichetta Artetetra) aggiunge ulteriori suoni ed atmosfere tropicali alla traccia omonima. Shaki Situation diventa musica da club grazie a Ich.bin.Bob. Anche col remix di Carlo Maria a Lungs Dance si balla, in una traccia che ora pare essere uscita dalle mani dei Comet is Coming. Tullia Benedicta trasforma in maniera radicale la placida e solare Golden Kites in una brano oscuro, ossessivo e techno-industrial. L’opera è ancora aperta e si concluderà l’anno prossimo con l’ultimo remix, quello di Jungle Shuffle. Non stupirebbe, se lo si ritrovasse tra gli ascolti preferiti di gente come Timothy Morton o Jeff VanderMeer. [Gaetano Giudice]
Perfume genius, Set my heart on fire immediately
Mike Hadreas — in arte Perfume Genius — è a mani basse uno degli artisti musicali più interessanti del momento: icona indie pop perfetta, riesce a catapultarci a suon di synth e linee di basso nel suo universo interiore oscuro e tormentato. Quest’ultimo lavoro è tutto un profluvio di hit da ballare, cantare o piangere; azzarderei persino che non ci sono pezzi minori o riempitivi. Your body changes everything una delle più belle canzoni d’amore in un anno senza amore, senza contatti, senza vicinanza dei corpi. Da ascoltare tutto d’un fiato dal primo all’ultimo brano. [Valeria Marzano]
Juice WRLD, Legends Never Die
Ok, non è davvero il disco del 2020 è più una scusa per parlare di quello che è stato il 2020 per il rap, per un certo tipo di rap. Il 2020 ha visto morire, tra gli altri, King Von, Huey e Pop Smoke. Nel dicembre del 2019 tutti questi (e molti altri, come la rapper Chynna morta d’overdose o il rapper di Atlanta Marlo morto per un proiettile vagante). Pop Smoke e Juice WRLD erano due facce di una medaglia abbastanza rosea. Il primo è stato l’esponente di spicco del sound del momento, quello che — per il mondo USA che volenti e nolenti è fulcro della musica in questione — in Drake e i suoi dubbi tatuaggi per aggraziarsi la gente di Londra, il secondo è quello che mi ha fatto apprezzare una canzone di Phil Collins. Impresa non facile. [Tommaso Naccari]
Lucio Corsi, Cosa faremo da grandi?
L’unico concerto che quest’anno mi ha fatto sperare che il freno a mano del mondo venisse tirato qualche giorno più in là, è quello di Lucio Corsi. Dopo Bestiario musicale, quell’animale strano e delicato ha creato un’altra cosa che più che a un album somiglia a un baule pieno di tavole illustrate. Solo quella testa matta e bellissima poteva pensare a un capo indiano leggendo il nome di un treno ad alta velocità e preoccuparsi della stanchezza delle valigie che, poverette, restano in piedi per tutta la durata del viaggio. Ascolto consigliato come una visita lenta e silenziosa al museo quando ci si sente soli in una grande città. [Silvia Niro]
Speranza, L’ultimo a morire
Quando lavoro ascolto quasi unicamente musica ambient, o comunque musica senza parole o musica a caso che poi non ricordo mai cosa ho ascoltato. Anzi principalmente ascolto sempre lo stesso album, ma questa è un’altra storia. Purtroppo nel 2020 non è che si è fatto molto altro che lavorare e quando ero a casa a fare altro ascoltavo podcast o il filo dei miei pensieri. L’unica cosa che ho fatto ascoltando musica è stata fare sport, poco, o andare a fare sport, quindi camminare verso i campi da calciotto o da basket. In questa attività spesso mi trovavo a ascoltare Speranza, perché comunque è musica che carica, ti fomenta. Avevo smesso di ascoltare rap finito il liceo, quando ho capito che il mondo raccontato dal Chicoria non sarebbe stato il mio. In vita mia il rap romano è l’unico che ho ascoltato, perché ci ritrovavo un carattere di verità, tipo neorealismo se mi si passa il termine o “autenticità” come viene chiamata, credo, da chi fa musica. Di Speranza mi piace il timbro, come costruisce i suoi beat, il fatto che mischi influenze francesi, tzigane, napoletane. Non tutte le tracce dell’album sono grandi tracce, ma ci sono alcuni pezzi davvero ben riusciti, altri orecchiabili. Speriamo nel 2021 di tornare a ascoltare Sufjan Stevens mentre vado a fare aperitivo al Pigneto, ma per quest’anno è andata così. [Marco D’Ottavi]
Dua Lipa, Future Nostalgia
Se tra i generi c’è un luogo deputato alla sperimentazione quello, oltre all’elettronica, è il pop. E poi che significa pop? È come chiedere a Sant’Agostino cos’è il tempo, non saprebbe spiegarvelo. Non sentivo un’orgia di campionamenti simile dai tempi di Homework (1997) dei Daft Punk, questa è la magia di Future Nostalgia. Dua Lipa e la sua schiera di produttori sembrano farsi beffe di noi, di Franco ‘Bifo’ Berardi e Mark Fisher, con soli undici pezzi fa del vero accelerazionismo musicale prendendo tutto ciò che c’è di buono dal passato per portarci, mano nella mano, in un futuro non così estraneo o distopico come pensavamo. Una prova? Le sue ultime esibizioni al Saturday Night Live, una diva al pari di Billie Hollyday ed Ella Fitzgerald. Dua, sei tu la dea dell’amore, l’icona del neo jazz-funk-dazz, sei tu la vera regina delle celebrità. [Maria Eleonora Mollard]
Moses Boyd, Dark Matter
È il secondo o terzo anno di fila che Moses Boyd finisce tra i miei ascolti preferiti nell’arco dei 365 giorni. L’aspetto paradossale è che lo ha fatto in crescendo: Dark Matter è senza dubbio il miglior disco (fin qui) della carriera del batterista e compositore inglese di origini nigeriane. Un album miracoloso, in cui la sintesi tra generi musicali diversi — il jazz, l’afrobeat, il grime, l’elettronica uk di stampo hardcore continuum — raggiunge un livello così alto da creare effettivamente un linguaggio inedito. Le tematiche di interesse poi non sono solo strettamente musicali: vi troviamo un equilibrio di riferimenti personali/local e messaggi di resistenza e lotta, in linea con il 2020 di proteste delle comunità nere di tutto il mondo. Tutto legato dall’intrigante e profondo concept della “materia oscura”. Un album necessario, realmente innovativo, che ascolteremo ancora per molti anni. [Giulio Pecci]