Apro il vocabolario Treccani alla voce Reality Show. Poi lo richiudo perché non mi sembra il caso di ricorrere a metodi analogici per la stesura di questo articolo. Apro il sito web del vocabolario Treccani alla voce Reality Show.
[riä?liti šóu] Spettacolo televisivo in cui una serie di persone previamente selezionate (conosciute o anche sconosciute al grande pubblico) sono riprese dalle telecamere, lungo l’intero arco della loro giornata, nelle varie situazioni quotidiane che sono costrette ad affrontare, le une accanto alle altre e per un periodo di tempo stabilito, in appositi luoghi di isolamento (abitazioni cittadine, residenze di campagna, isole sperdute in mezzo all’oceano, ecc.).
Sebbene la mia Trilogia dello Sprawl stia prendendo polvere da quando sono uscito dall’età adolescenziale, proverò ugualmente ad abbozzare un’introduzione al concetto di Cyberpunk, il quale è, checché se ne dica: un movimento letterario nato nel decennio postmoderno per eccellenza, gli anni ’80. Il filo comune di questi romanzi (Neuromante, La matrice spezzata, Mirrorshades) è l’ambientazione fantascientifica di un futuro mondo distopico, dominato dalla tecnologia e abitato da esseri umani spesso coadiuvati da supporti robotico-informatici installati nel proprio corpo – e qui è fin troppo semplice citare i celeberrimi microchip del deputato grillino, Bernini. Ma non è tutto: il Movimento degli occhiali a specchio – come volevano essere chiamati gli scrittori in questione – affronta tematiche fin troppo attuali come La Matrice, una realtà virtuale equiparabile al nostro internet, in cui i protagonisti, quasi sempre degli hacker perseguitati o messi ai margini della società, si rifugiano e danno voce alle proprie denunce e critiche verso il mondo ultra-tecnologico e corrotto in cui vivono.
Non sappiamo se Casaleggio abbia letto e preso troppo sul serio William Gibson, ma finora i dati non giocano di certo contro questa tesi. Proviamo dunque a entrare nella metafora. Il Movimento 5 Stelle è una forza politica del nostro paese nata dalla mente di un misterioso guru dell’informatica (quoziente Cyberpunk al massimo livello) e dalla visibilità e l’ottima presenza scenica di Beppe Grillo, leader carismatico che potrebbe essere considerato il presentatore del nostro reality show. Questa coppia detta le regole, le idee e ha l’ultima parola sulle decisioni da prendere in merito a qualunque questione o anomalia venuta fuori a gioco in corso.
I concorrenti che hanno deciso di partecipare, come nei format di maggior successo, sono dei perfetti sconosciuti scelti in base alle proprie caratteristiche o capacità, devono obbedire e rispettare ferreamente le direttive e non minare l’equilibrio del sistema, pena l’espulsione. Effettivamente non avrebbe senso accettare di fare una partita a Risiko e poi mettersi a discutere del fatto che è assurdo che la mappa indichi che in Africa ci siano solo sei stati o lamentarsi perché la distribuzione dei colori dei carrarmati è stata imposta dal proprietario di casa. Sono le regole o queste o niente. Questi concorrenti sono appunto i deputati, osservati da telecamere che diffondono in streaming le loro azioni quotidiane, caratteristica imprescindibile per qualunque format. Così come è imprescindibile un luogo ben definito e chiuso in cui segregare i partecipanti, chiamati a espletare doveri e compiere missioni, sfide e azioni di gruppo che rendano avvincente e produttiva la convivenza delle cavie coinvolte nell’esperimento sociale: questo luogo è il Parlamento italiano.
Questa democrazia virtuale potrebbe fare da contenitore per utenti che non nutrono alcun interesse verso la democrazia diretta, che partecipano a tempo perso, per diletto o per sentirsi protagonisti di qualcosa di cui sanno poco.
Non esiste reality show senza coinvolgere un pubblico che interagisca e influenzi gli esiti della realtà simulata. Questo avviene attraverso una piattaforma cibernetica: rigorosamente esoterica, in quanto solo gli iscritti al sito web possono godere di diritti attivi. Ecco che abbiamo il televoto, che stabilisce quali concorrenti debbano abbandonare il gioco, permette di esprimere le proprie preferenze sulle azioni di gruppo da compiere, influenza la linea di pensiero dei singoli concorrenti. Sebbene non ci sia espressione più sbagliata, il cardine dell’intera iniziativa è il concetto di democrazia diretta che fornisce la possibilità ai comuni cittadini/telespettatori di intervenire nelle questioni politiche in modo tangibile attraverso un clic. In verità si tratta di una democrazia virtuale, niente di più distante dall’ordine di uno Stato sovrano o dall’utopistica concezione di un equilibrio sociale a forma piatta in cui uno vale uno.
Nel nostro reality abbiamo una gerarchia piramidale. Al vertice i creatori, paragonabili a delle vere e proprie figure divine onniscienti, essendo al di sopra e soprattutto al di fuori dei luoghi in cui avviene l’imitazione della vita quotidiana. Questo pone dei limiti evidenti al concetto di democrazia diretta, poiché dal vertice viene stabilito a priori e calato verso il basso solo un numero finito di alternative da votare con il proprio mouse. A questo punto si presentano molteplici problemi: è normale ipotizzare la presenza di disturbatori nascosti, volti ad alterare l’ordine del sistema e a parteggiare per le scelte meno adatte su una determinata questione e soprattutto a creare confusione all’interno del sistema (vedi i commenti sotto ogni post del sito del M5S). Non solo, questa democrazia virtuale potrebbe fare da contenitore per utenti che non nutrono alcun interesse verso la democrazia diretta, che partecipano a tempo perso, per diletto o per sentirsi protagonisti di qualcosa di cui sanno poco. Infine la questione principale: la trasparenza, poiché l’accesso ai dati non è permesso ed è a senso unico. È impossibile perciò non dubitare della presenza di manipolazioni di varia natura. Ma ci fidiamo, diciamo che supponiamo esistano anche degli sbirri virtuali.
Imposte le alternative guida dall’alto e filtrate attraverso il voto del pubblico assieme a tutte le sue anomalie, quel che rimane della democrazia diretta viene esercitata sui concorrenti del reality, i deputati. Presentati come dei cittadini liberi infiltrati nel sistema marcio della cosa pubblica, a ben vedere, non possiedono la minima traccia di libertà, dovendo sottostare alle scelte di un popolo virtuale a sua volta guidato da una figura al di sopra delle proprie teste. Le recenti espulsioni dei dissidenti, così come quelle già verificatesi in passato, ne sono la prova tangibile. È simpatico assistere allo sfogo degli epurati una volta abbandonata la barca di cui fino al giorno prima facevano parte: come se solo dopo essersi scollegati da Matrix si rendessero conto delle difformità del gioco, limitiamoci a chiamarle così.
Nei romanzi cyberpunk le trame sono spesso complicate e se vogliamo anche inconcludenti, i personaggi si intrecciano fino ad aggrovigliarsi in nodi inestricabili, ci si perde in una baraonda di citazioni, di tematiche religiose e occulte, messaggi criptati, dietrologie, critiche alla società e visioni chimeriche. Il più delle volte non si giunge a una soluzione. Sorvoliamo sull’utilità o meno di ipotizzare di migliorare un sistema politico considerato sbagliato, semplicemente bloccandolo passivamente, rifiutando ogni collaborazione con figure estranee alla propria cerchia, nell’illusione di portarlo all’implosione senza proporre delle alternative valide, o addirittura auspicare di conquistarne la maggioranza assoluta per imporre esclusivamente la propria voce. Questo in linea di massima l’obiettivo finale del Reality 5 Stelle.
La domanda è: chi vincerà?
L’illustrazione Eso Terico è di Amalia Caratozzolo Edoardo Vitale è anche su Twitter @edoardovitale_